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Ci sono 12 punti in «Colloqui con monsignor Escrivá» il cui argomento è Opus Dei  → apostolati corporativi .

Qualcuno, osservando la presenza di membri dell'Opus Dei in posti di rilievo della vita pubblica spagnola, parla dell'influenza dell'Opus Dei in Spagna. Ci potrebbe spiegare qual è questa influenza?

Mi infastidisce tutto ciò che può avere la parvenza di autoincensazione. Ma mi pare che non sarebbe vera umiltà, bensì cecità e ingratitudine verso Dio, che con tanta generosità benedice il nostro lavoro, non riconoscere che l'Opus Dei influisce effettivamente nella società spagnola. Nell'ambiente dei Paesi in cui l'Opera lavora già da diversi anni, è naturale che il suo influsso abbia ormai una notevole ripercussione sociale, in proporzione al progressivo sviluppo delle attività; in Spagna, in particolare, l'Opus Dei opera da trentanove anni, perché è qui che il Signore volle che la nostra istituzione nascesse nel seno della Chiesa.

Qual è la natura di questa influenza? È evidente che, dal momento che l'Opus Dei ha fini spirituali, d'apostolato, la natura del suo influsso — sia in Spagna che nelle altre nazioni dei cinque continenti in cui lavoriamo — non può che essere di quel genere: un'influenza spirituale, apostolica. Come quello della Chiesa intera, anima del mondo, l'influsso dell'Opus Dei sulla società civile non è di carattere temporale — e cioè sociale, politico, economico, e così via —, benché indubbiamente incida sugli aspetti etici di tutte le attività umane; esso è sempre un influsso di ordine diverso e superiore, che si esprime con un verbo ben preciso: “santificare”.

E con questo arriviamo al discorso sulle persone dell'Opus Dei che lei definisce influenti. Per un'associazione il cui scopo sia una determinata azione politica, saranno “influenti” quei soci che hanno un seggio al parlamento o al governo. Se si tratta di una associazione culturale, si considerano “influenti” quei soci che siano dei filosofi di chiara fama, che abbiano avuto un premio letterario di rilievo, ecc. Se invece lo scopo che si propone l'istituzione è — come nel caso dell'Opus Dei — la santificazione del lavoro quotidiano degli uomini, tanto quello manuale come quello intellettuale, è evidente che dovranno considerarsi influenti tutti i suoi soci: perché tutti lavorano (il dovere di lavorare, comune a tutti, ha nell'Opus Dei speciali conseguenze di ordine normativo e ascetico), e perché tutti cercano di compiere il loro lavoro, qualunque esso sia, in modo santo, in modo cristiano, con impegno di perfezione. Per questo motivo, io considero tanto “influente” — tanto importante e necessaria — la testimonianza di un mio figliolo minatore in mezzo ai suoi compagni di lavoro, quanto quella di un rettore di università in mezzo ai professori del senato accademico.

Da dove viene, quindi, l'influenza dell'Opus Dei? La risposta sta nella semplice considerazione di questa realtà sociologica: all'Opera appartengono persone di tutte le condizioni sociali, di tutte le professioni, di tutte le età e di tutti gli stati di vita; uomini e donne, sacerdoti e laici, vecchi e giovani, celibi e coniugati, studenti e operai, contadini e impiegati, liberi professionisti e funzionari di enti pubblici… Ha mai pensato al potere di irradiazione cristiana rappresentato da una gamma di persone così vasta e varia, tanto più che sono decine di migliaia e tutte animate dal medesimo spirito apostolico, dal medesimo anelito di santificare la propria professione o il proprio mestiere — qualunque sia l'ambiente sociale in cui operano —, di santificarsi nel lavoro, e con il lavoro santificare gli altri?

A queste attività apostoliche personali bisogna aggiungere lo sviluppo delle nostre opere proprie di apostolato: collegi universitari, case per ritiri spirituali, l'Università di Navarra, centri di qualificazione per operai e contadini, istituti tecnici, scuole secondarie, istituti professionali femminili, ecc. Queste attività sono state e sono indubbiamente centri di irradiazione di spirito cristiano. Promosse da laici, gestite come lavoro professionale da cittadini laici, del tutto uguali ai colleghi che svolgono la stessa attività o mestiere, e aperte a persone di ogni ceto e condizione, queste attività hanno sensibilizzato vasti strati della società sulla necessità di dare una risposta cristiana ai problemi posti a ciascuno dall'esercizio della propria professione o del proprio impiego.

Tutto questo è ciò che dà rilievo e importanza sociale all'Opus Dei. Non la circostanza che qualcuno dei suoi soci occupi dei posti di “influenza umana” — la qual cosa non ci interessa per nulla, ed è lasciata alla libera decisione e responsabilità di ognuno — bensì il fatto che tutti (e la bontà di Dio fa che siano molti) svolgano un lavoro — anche il mestiere più umile — divinamente influente.

E questo è logico: chi potrebbe pensare che l'“influenza” della Chiesa negli Stati Uniti sia cominciata il giorno in cui fu eletto presidente il cattolico John Kennedy?

In qualche occasione, parlando della realtà dell'Opus Dei, lei ha affermato che si tratta di una “disorganizzazione organizzata”. Potrebbe spiegare ai nostri lettori il significato di questa espressione?

Intendo dire che noi attribuiamo un'importanza primaria e fondamentale alla “spontaneità apostolica della persona”, alla sua libera e responsabile iniziativa, sotto la guida dello Spirito; e non alle strutture organizzative, agli ordini, alle tattiche, e ai programmi imposti dall'alto, in sede di governo.

Un minimo di organizzazione esiste, logicamente: c'è un organo direttivo centrale, che funziona sempre collegialmente e ha la sede a Roma, e ci sono degli organi regionali, anch'essi collegiali, presieduti da un Consigliere2 (vedi nota in calce al paragrafo). Ma tutto il lavoro di questi organismi tende essenzialmente a una sola meta: fornire ai soci l'assistenza spirituale necessaria per la loro vita di pietà, e una adeguata preparazione spirituale, dottrinale e umana. Poi, ciascuno impari a nuotare! Agisca cioè come vero cristiano per santificare le vie degli uomini, perché tutte hanno il profumo del passaggio di Dio.

Arrivato dunque a questo limite, l'Opus Dei come tale ha esaurito il suo compito — quello stesso per cui i soci si sono associati —, e non ha più nessun'altra indicazione da dare: non può e non deve farlo. Da quel momento comincia la libera e responsabile azione personale di ciascuno dei soci. Ognuno — con spontaneità apostolica, agendo con piena libertà e formandosi con autonomia la propria coscienza di fronte alle decisioni concrete che deve prendere — ognuno, dico, si sforza di tendere alla perfezione cristiana e di dare una testimonianza cristiana nel proprio ambiente, santificando il proprio lavoro manuale o intellettuale. Naturalmente dal momento che ciascuno prende con autonomia queste decisioni nella sua vita secolare, nelle realtà temporali in cui agisce, si osservano spesso opzioni, criteri e modi di agire diversi: in altri termini, si produce questa benedetta “disorganizzazione”, questo giusto e necessario pluralismo che è una caratteristica essenziale del buono spirito dell'Opus Dei, e che a me è sembrato sempre l'unico modo retto e giusto di concepire l'apostolato dei laici.

Le dirò di più: questa “disorganizzazione organizzata” appare anche nelle stesse opere d'apostolato che l'Opus Dei promuove come tale, nell'intento di contribuire — anche sul piano associativo — a risolvere cristianamente i problemi che si pongono alle comunità umane dei diversi Paesi. Queste attività e iniziative dell'Opera hanno, sempre, un carattere direttamente apostolico: sono cioè opere educative, assistenziali o di beneficenza. Ma dato che è proprio del nostro spirito stimolare lo scaturire di iniziative “dalla base”, e dato anche che le circostanze, i bisogni e le possibilità di ogni nazione o gruppo sociale sono peculiari e generalmente assai diversi da un caso all'altro, la direzione centrale dell'Opus Dei lascia alle direzioni regionali (che godono di un'autonomia pressoché totale) la responsabilità di determinare, promuovere e organizzare le attività apostoliche che ritengono più opportune: può trattarsi di un centro d'istruzione superiore o di un collegio universitario, come pure di un ambulatorio medico o di una scuola agraria. Come logico risultato, disponiamo di un molteplice e variopinto mosaico di attività: un mosaico “organizzatamente disorganizzato”.

Potrebbe descrivere le differenze che ci sono tra il modo in cui l'Opus Dei, in quanto tale, compie la propria missione, e il modo in cui i soci dell'Opus Dei, in quanto individui, realizzano i propri impegni? Per esempio, quali criteri influiscono nel considerare più opportuno che un progetto — un collegio universitario o una casa di ritiri — sia realizzato dall'Opera, e un altro — un'impresa editoriale o commerciale — da persone singole?

L'attività principale dell'Opus Dei consiste nel dare ai suoi soci, e a tutte le persone che lo desiderano, i mezzi spirituali necessari per vivere da buoni cristiani in mezzo al mondo. Pertanto l'Opera fa loro conoscere la dottrina di Cristo e gli insegnamenti della Chiesa; infonde in loro uno spirito che li spinge a lavorare bene, per amore di Dio e al servizio di tutti gli uomini. In poche parole, li aiuta a comportarsi da cristiani: a convivere con tutti, a rispettare la legittima libertà di tutti e a fare che questo nostro mondo sia più giusto.

Ogni socio si guadagna da vivere e serve la società con la stessa professione che aveva prima di aderire all'Opus Dei o che eserciterebbe anche se non appartenesse all'Opera. E così alcuni sono minatori, altri insegnanti in scuole o università, altri sono commercianti, casalinghe, segretarie, contadini. Non c'è nessuna attività umana onesta che un socio dell'Opus Dei non possa esercitare. Per fare un caso concreto, uno che prima di appartenere alla nostra Opera lavorava in un'attività editoriale o commerciale, continua a farlo in seguito. E se a motivo di questo lavoro o di altro, cerca un nuovo impiego, o decide, con i propri colleghi di professione, di fondare una qualsiasi impresa, sarà lui a decidere liberamente, accettando personalmente i risultati della sua attività e rispondendone anche di persona.

Tutta l'azione dei dirigenti dell'Opus Dei si fonda sul più delicato rispetto della libertà professionale dei soci: questo è un punto di capitale importanza, dal quale dipende l'esistenza stessa dell'Opera, e che pertanto viene osservato con fedeltà assoluta. Ogni socio può lavorare professionalmente negli stessi settori che avrebbe scelto se non appartenesse all'Opus Dei; in tal modo, né l'Opus Dei in quanto tale, né gli altri soci hanno nulla a che vedere con il lavoro professionale di un determinato socio. Ciò a cui i soci si impegnano, vincolandosi all'Opera, è di promuovere la ricerca della santità cristiana, valendosi del proprio lavoro come occasione e mezzo di santificazione, e maturando una chiara coscienza del carattere di servizio all'umanità che deve avere ogni vita cristiana.

La missione principale dell'Opera — come ho già accennato — è quindi di formare cristianamente i suoi soci e le altre persone che desiderano ricevere formazione. Il desiderio di contribuire a risolvere i problemi che riguardano la società e ai quali tanto può apportare l'ideale cristiano, induce inoltre l'Opera in quanto tale, come istituzione, a svolgere alcune attività e a promuovere iniziative. Il criterio in questo campo è che l'Opus Dei, che ha fini esclusivamente spirituali, possa realizzare solo attività che costituiscono in modo chiaro e immediato un servizio cristiano, un apostolato. Sarebbe assurdo pensare che l'Opus Dei in quanto tale si possa dedicare a estrarre carbone dalle miniere o a promuovere una qualsiasi impresa di tipo economico. Le sue opere proprie sono tutte attività direttamente apostoliche: scuole per la formazione dei contadini, ambulatori medici in zone di sottosviluppo, centri per la promozione sociale della donna, ecc. Vale a dire, opere assistenziali, educative o di beneficenza, come quelle che sogliono realizzare in tutto il mondo istituzioni di qualunque confessione religiosa.

Per portare avanti queste iniziative ci si basa in primo luogo sul lavoro personale dei soci, che a volte si dedicano ad esse a tempo pieno. E si conta anche sull'aiuto generoso di tante persone, cristiane o no. Alcuni si sentono spinti a collaborare per ragioni spirituali; altri, pur non condividendo i fini apostolici, perché vedono che si tratta di iniziative a beneficio della società, aperte a tutti, senza discriminazioni di razza, di religione, o di ideologia2.

Come spiega l'enorme successo dell'Opus Dei e con quali criteri lei misura questo successo?

Quando un'impresa è soprannaturale, importano poco il successo o l'insuccesso, così come solitamente vengono intesi. Già san Paolo diceva ai cristiani di Corinto che nella vita spirituale quello che interessa non è il giudizio degli altri, né il proprio, ma quello di Dio.

Certamente l'Opera oggi è estesa in tutto il mondo: vi appartengono uomini e donne di una settantina di nazionalità. Pensando a questo fatto, io stesso mi sorprendo. Non vi trovo alcuna spiegazione umana; vi trovo soltanto la volontà di Dio, poiché “lo Spirito soffia dove vuole”, e si serve di chi vuole per realizzare la santificazione degli uomini. Tutto questo è per me motivo di ringraziamento, di umiltà e di supplica a Dio perché mi aiuti sempre a servirlo.

Mi domanda anche qual è il criterio con cui misuro e giudico le cose. La risposta è molto semplice: santità, frutti di santità.

L'apostolato più importante dell'Opus Dei è quello che ogni socio realizza con la testimonianza della propria vita e con la sua parola, nei rapporti abituali con amici e colleghi di professione. Chi può misurare l'efficacia soprannaturale di questo apostolato silenzioso e umile? Non si può misurare il valore dell'esempio di un amico leale e sincero, o l'influenza di una buona madre in seno alla famiglia.

Ma forse la sua domanda si riferisce agli apostolati che l'Opus Dei realizza in quanto tale, supponendo che in questo caso si possano misurare i risultati da un punto di vista umano, tecnico; vedendo cioè se una scuola di addestramento professionale riesce a promuovere socialmente le persone che la frequentano, o se un'università dà ai suoi studenti una formazione professionale e culturale adeguata. Ammesso che la sua domanda abbia questo senso, le dirò che il risultato si può spiegare almeno in parte col fatto che si tratta di lavori realizzati da persone che vi si dedicano come specifica occupazione professionale e quindi con la dovuta preparazione, come fanno tutti coloro che vogliono lavorare seriamente. Ciò vuol dire, fra l'altro, che queste iniziative non sono impostate secondo schemi preconcetti, ma che si studiano caso per caso le necessità peculiari della società in cui devono essere realizzate, per adattarle alle sue esigenze reali.

Ma le ripeto che all'Opus Dei non interessa in primo luogo l'efficacia umana. Il successo o l'insuccesso reale di queste attività dipende dal fatto che, oltre a essere umanamente ben fatte, servano o no a far sì che coloro che le realizzano e coloro che ne beneficiano amino Dio, si sentano fratelli di tutti gli uomini e manifestino questi sentimenti in un servizio disinteressato all'umanità.

Sarebbe d'accordo con l'affermazione, che qualche volta è stata fatta, secondo cui l'ambiente peculiare della Spagna degli ultimi trent'anni abbia facilitato la crescita dell'Opera in questo Paese?

In pochi Paesi abbiamo trovato meno agevolazioni che in Spagna. Mi dispiace dirlo, perché amo profondamente la mia patria, ma si tratta del Paese in cui è costato più lavoro e più sacrificio far attecchire l'Opera. Appena nata, essa già trovò l'opposizione dei nemici della libertà individuale e di persone così attaccate alle idee tradizionali da non poter capire che la vita dei soci dell'Opera è quella di cittadini comuni che si sforzano di vivere pienamente la loro vocazione cristiana senza lasciare il mondo.

Neppure le opere collettive di apostolato hanno incontrato particolari facilitazioni in Spagna. Governi di Paesi in cui la maggioranza dei cittadini non è cattolica hanno aiutato le attività educative e benefiche promosse dai soci dell'Opera con molta più generosità di quanto non abbia fatto lo Stato spagnolo. Beninteso, gli aiuti che quei governi concedono o possono concedere alle opere dell'Opus Dei (così come vengono sovvenzionate normalmente altre opere simili) non comportano un privilegio, ma semplicemente il riconoscimento della loro funzione sociale, tanto più che consentono delle economie al bilancio dello Stato.

Nella sua espansione internazionale, lo spirito dell'Opus Dei ha trovato immediata eco e cordiale accoglienza in tutti i Paesi. Se vi sono state delle difficoltà, ciò è avvenuto a motivo di falsità che venivano proprio dalla Spagna e inventate dagli spagnoli, voglio dire da alcuni settori della società spagnola. In primo luogo, dall'organizzazione internazionale di cui le parlavo; ma sembra ormai certo che sia cosa passata, e io non porto rancore a nessuno. Poi da parte di alcune persone che non comprendono il pluralismo, che adottano atteggiamenti di gruppo, quando non cadono in una visione ristretta o totalitaria, e che si servono della qualifica di cattolici per fare politica. Alcuni di loro, non mi spiego perché — forse per false ragioni umane —, sembrano trovare un gusto speciale ad attaccare l'Opus Dei, e poiché dispongono di grandi mezzi economici — il denaro dei contribuenti spagnoli — i loro attacchi possono essere raccolti da certa stampa.

Mi rendo perfettamente conto che lei sta aspettando nomi precisi di persone e di istituzioni. Non glieli darò, e spero che ne capisca la ragione. Né la mia missione, né quella dell'Opera sono politiche: il mio compito è pregare. E non voglio dir nulla che possa in qualche modo venire interpretato come un'ingerenza nella politica. Più ancora, mi spiace molto parlare di queste cose. Ho taciuto per quasi quarant'anni, e se adesso dico qualcosa è perché ho l'obbligo di denunciare come assolutamente false le interpretazioni distorte che alcuni cercano di dare di un lavoro esclusivamente spirituale. Pertanto, sebbene finora abbia taciuto, d'ora innanzi dovrò parlare e, se necessario, con sempre maggiore chiarezza.

Ma tornando al tema centrale della sua domanda, se molte persone di tutti i ceti sociali, in Spagna e dovunque, hanno cercato di seguire Cristo con l'aiuto dell'Opera e secondo il suo spirito, la spiegazione non si può trovare nell'ambiente o in altri motivi estrinseci. Prova di ciò è che quanti affermano il contrario con tanta leggerezza, vedono decrescere i loro gruppi; e le cause esterne sono le stesse per tutti. Forse sarà anche, umanamente parlando, perché essi formano gruppo, mentre noi non togliamo la libertà personale a nessuno.

Se l'Opus Dei è ben sviluppato in Spagna — come in molte altre nazioni — lo si deve anche al fatto che il nostro lavoro spirituale nacque lì, quarant'anni fa, e — come le spiegavo prima — la guerra civile spagnola e poi la guerra mondiale resero necessario rimandare l'inizio in altri Paesi. Voglio far osservare, tuttavia, che ormai da anni gli spagnoli sono soltanto una minoranza in seno all'Opera.

Non pensi, ripeto, che io non ami il mio Paese, o che non mi dia gioia profonda il lavoro che l'Opera vi realizza; ma è triste che vi sia chi propaga equivoci sull'Opus Dei e sulla Spagna.

Qual è la situazione attuale dello sviluppo dell'Opera in Francia?

Come le dicevo, in ogni Paese l'Opera ha un regime di governo autonomo. Pertanto potrà avere informazioni più particolareggiate dell'Opus Dei in Francia rivolgendosi ai dirigenti dell'Opera in questo Paese. Tra le attività che l'Opus Dei svolge come organizzazione, assumendosene pertanto piena responsabilità, vi sono residenze per studenti universitari (come la Résidence Internationale de Rouvray a Parigi, o la Résidence Universitaire de l'Ile Verte a Grenoble), centri per riunioni e convegni (come il Centre de Rencontres de Couvrelles, nel dipartimento dell'Aisne) e così via.

Ma le dico subito che le iniziative collegiali non sono le cose più importanti: l'attività principale dell'Opus Dei consiste nella testimonianza personale, diretta, offerta dai singoli soci nell'ambito del proprio lavoro professionale di ogni giorno. E in questo campo non ci sono enumerazioni che valgono. Non pensi al fantasma del segreto; si tratta di ben altro. Non sono un segreto gli uccelli che solcano il cielo, eppure nessuno ha mai pensato di contarli.

Attualmente, qual è la situazione dell'Opera nel resto del mondo, e soprattutto nei Paesi anglosassoni?

L'Opus Dei si trova perfettamente a suo agio sia in Inghilterra che in Kenia, sia in Nigeria che in Giappone, sia negli Stati Uniti che in Australia, sia in Irlanda che in Messico o in Argentina… Dovunque l'Opus Dei è sempre un fenomeno teologico e pastorale che si radica nelle anime della gente dei singoli Paesi; essa non ha legami con nessuna cultura determinata, con nessuna epoca storica. Nel mondo anglosassone l'Opus Dei promuove — grazie all'aiuto di Dio e alla cooperazione di molte persone — delle opere di apostolato di diverso tipo: Netherhall House a Londra, che assiste specialmente gli studenti universitari afroasiatici; Hudson Center a Montreal, per la formazione umana e professionale delle ragazze; Nairana Cultural Center, per gli studenti di Sydney… Negli Stati Uniti l'Opus Dei ha iniziato il suo lavoro nel 1949, e lì sono sorti, fra l'altro, Midtown, per gli operai dei quartieri più popolari di Chicago; Stonecrest Community Center, a Washington, per la qualificazione professionale della donna; Trimount House, residenza universitaria a Boston, ecc. Ma non dimentichi: l'influenza dell'Opus Dei — nella misura in cui essa ci sia, a seconda dei casi — è sempre un'influenza spirituale, di ordine religioso, e mai di carattere temporale.

Si crede generalmente che, come organizzazione, l'Opus Dei disponga di una considerevole forza economica. Visto che l'Opus Dei realizza attività di tipo educativo, benefico, ecc., potrebbe spiegarci come l'Opus Dei amministra queste attività, cioè come ottiene i mezzi economici, come li coordina e li distribuisce?

Effettivamente, in tutti i Paesi in cui lavora, l'Opus Dei realizza attività sociali, educative e benefiche. Non è questa, tuttavia, l'attività principale dell'Opera; quello che l'Opus Dei si propone è che ci siano molte persone, uomini e donne, che cerchino di essere buoni cristiani e cioè testimoni di Cristo in mezzo alle comuni occupazioni quotidiane. I centri cui lei si riferisce sono diretti appunto a questo fine. Pertanto l'efficacia di ogni nostra attività si fonda sulla grazia di Dio e su una vita di preghiera, di lavoro e di sacrificio. Ma non vi è dubbio che qualsiasi attività educativa, benefica o sociale deve servirsi di mezzi economici.

Ciascun centro si finanzia come ogni altra iniziativa dello stesso genere. I collegi universitari, per esempio, fanno assegnamento sulle rette dei residenti; le scuole secondarie sulle tasse pagate dagli alunni; le scuole agrarie sulla vendita dei prodotti, ecc. È chiaro, tuttavia, che questi introiti non sono quasi mai sufficienti a coprire tutte le spese di un centro, tanto più se si considera che tutte le attività dell'Opus Dei sono impostate con un criterio apostolico, e che la maggior parte di esse sono rivolte a persone di scarse risorse economiche, che spesso pagano, per la formazione che ricevono, una quota quasi simbolica.

Per rendere possibili queste attività ci si avvale anche dei contributi dei soci dell'Opera, che destinano ad essa parte dei loro guadagni professionali. Ma ci si avvale soprattutto dell'aiuto di molte persone che, senza appartenere all'Opus Dei, vogliono collaborare in queste attività in vista della loro importanza sociale ed educativa. Coloro che lavorano nei vari centri cercano di fomentare tra i singoli lo zelo apostolico, la preoccupazione per i problemi sociali e il senso comunitario che li stimola a collaborare attivamente alla realizzazione di queste imprese. E dato che si tratta di attività svolte con serietà professionale e rispondenti a effettivi bisogni della società, nella maggioranza dei casi la risposta è stata generosa. Lei sa, per esempio, che l'università di Navarra è sostenuta da un'associazione di amici di circa 12.000 iscritti.

Il finanziamento dei centri è autonomo. Sono indipendenti l'uno dall'altro e promuovono la ricerca dei fondi necessari fra le persone interessate alla loro specifica attività.

Come si sviluppa l'Opus Dei in altri Paesi, oltre la Spagna? Qual è la sua influenza negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Italia, ecc.?

Appartengono attualmente all'Opus Dei persone di sessantotto nazionalità, che lavorano in tutti i Paesi dell'America e dell'Europa occidentale e in alcuni dell'Africa, dell'Asia e dell'Oceania.

L'influenza dell'Opus Dei è, ovunque, un'influenza spirituale. Consiste essenzialmente nell'aiutare le persone che si avvicinano alle nostre attività a vivere più pienamente lo spirito evangelico nella vita ordinaria. Queste persone lavorano nei luoghi più diversi; possono essere contadini che coltivano la terra in villaggi isolati delle Ande, o banchieri di Wall Street. A tutti l'Opus Dei insegna che il lavoro ordinario — umanamente umile o brillante, non importa — ha un grande valore e può essere un mezzo efficacissimo per amare e servire Dio e gli uomini. Insegna ad amare tutti, a rispettare la libertà di tutti, a impegnarsi con piena autonomia, nel modo che riterranno migliore per cancellare incomprensioni e intolleranza e far sì che la società sia più giusta. Questa è l'unica influenza dell'Opus Dei, in qualunque luogo lavori.

Riferendomi alle iniziative sociali ed educative che l'Opera, in quanto tale, suole promuovere, le dirò che rispondono in ogni luogo alle condizioni concrete e ai bisogni reali della società. Non possiedo dati particolareggiati su tutte queste attività, perché, come le dicevo, la nostra organizzazione è molto decentrata. Potrei ricordare, a titolo di esempio, Midtown Sports and Cultural Center, nel Near West Side di Chicago, che realizza programmi educativi e sportivi per gli abitanti del quartiere. Parte importante di questo lavoro consiste nel promuovere la convivenza e l'integrazione tra i diversi gruppi etnici. Un'altra attività interessante, sempre negli Stati Uniti, è quella di The Heights, a Washington, dove si svolgono corsi di orientamento professionale, programmi speciali per studenti particolarmente dotati, ecc.

In Inghilterra si potrebbe indicare il lavoro dei collegi universitari che offrono agli studenti non solo un alloggio, ma vari programmi per completare la loro formazione culturale, umana e spirituale. Netherhall House a Londra è forse particolarmente interessante per il suo carattere internazionale. Hanno soggiornato in questa residenza universitari di oltre 50 Paesi. Molti di loro non sono cristiani, perché le case dell'Opus Dei sono aperte a tutti, senza discriminazioni, né di razza né di religione.

Per non dilungarmi. accennerò solo a un'altra iniziativa, il Centro Internazionale della Gioventù Lavoratrice, a Roma. È un centro per la formazione professionale di giovani operai che Papa Giovanni XXIII affidò all'Opus Dei, e che Paolo VI ha inaugurato meno di un anno fa.

Vorremmo che lei, nella sua qualifica di Gran Cancelliere dell'Università di Navarra, ci parlasse dei criteri cui si è ispirato nel fondarla e ce ne illustrasse il significato nell'attuale quadro dell'università spagnola.

L'Università di Navarra nacque nel 1952 — preceduta da anni di preghiera, lo dico con vera gioia — con il proposito di avviare un'istituzione universitaria in cui venissero a realizzarsi gli ideali culturali e apostolici di un gruppo di docenti che sentivano profondamente la missione dell'insegnamento. Oggi come allora, aspira a contribuire, in stretta collaborazione con le altre università, a risolvere un grave problema educativo: quello della Spagna e di tanti altri Paesi che hanno bisogno di uomini ben preparati per l'edificazione di una società più giusta.

Quando fu fondata, gli iniziatori non erano persone estranee all'università spagnola: erano docenti che si erano formati, come alunni e come maestri, a Madrid, a Barcellona, Siviglia, Santiago, Granada e in tante altre università. Questa stretta collaborazione — certo più stretta di quella esistente fra università anche geograficamente vicine — non è venuta mai a mancare: sono frequenti gli scambi, le visite, i congressi internazionali in cui si lavora assieme, e via dicendo. Lo stesso contatto è stato stabilito e viene mantenuto con le migliori università degli altri Paesi: può confermarlo il recente conferimento delle lauree honoris causa a docenti della Sorbona, di Harvard, di Coimbra, di Monaco e di Lovanio.

L'Università di Navarra è servita anche a inalveare la collaborazione di tante persone che scorgono negli studi universitari un elemento basilare nel progresso del Paese, quando questi studi sono aperti a tutti coloro che meritano di studiare, indipendentemente dalle loro condizioni economiche. È una realtà viva l'associazione degli Amici dell'Università di Navarra, che con il suo contributo generoso è riuscita già ad assegnare un notevole numero di sussidi e di borse di studio. Questo numero aumenterà sempre più, come è destinato ad aumentare l'afflusso di studenti afro—asiatici e latino—americani.

Alcuni hanno scritto che l'Università di Navarra è un'università per i ricchi, e che ciò nonostante riceve forti sovvenzioni dallo Stato. Quanto al primo aspetto, sappiamo che non è vero, perché siamo studenti pure noi e conosciamo i nostri colleghi; ma rispetto alle sovvenzioni statali, che c'è di vero?

Ci sono dati precisi, a portata di tutti, perché sono stati diffusi dalla stampa, che dimostrano che, pur essendo il costo di gestione dell'Università di Navarra all'incirca lo stesso di quello delle altre università, il numero di universitari che usufruiscono di agevolazioni economiche per i loro studi è superiore a quello di qualsiasi altra università della Spagna. Posso dirvi che questo numero aumenterà ancora, fino a superare o almeno a raggiungere il livello delle università non spagnole più impegnate sul terreno della promozione sociale.

Io capisco che possa destare meraviglia vedere l'Università di Navarra come un organismo vivo, che funziona ottimamente, e che ciò possa far pensare che si disponga di ingenti mezzi economici. Ma ragionando a questo modo si dimentica che non bastano i mezzi materiali perché le cose funzionino a dovere. La vita di questo centro universitario dipende principalmente dall'impegno, dalla dedizione e dal lavoro seriamente compiuto dai docenti, dagli studenti, dagli impiegati, dagli uscieri, dalle benemerite donne delle pulizie. Se non fosse per questo, l'Università non si sosterrebbe.

Sotto il profilo economico, l'Università riceve delle sovvenzioni. Vi è in primo luogo quella dell'amministrazione provinciale di Navarra, per spese di gestione. Bisogna poi ricordare il comune di Pamplona, che ha ceduto i terreni per costruirvi gli edifici, secondo una prassi abituale delle amministrazioni municipali di tanti Paesi. Sapete, per esperienza, quali vantaggi morali ed economici comporta per una regione come la Navarra, e in particolare per la città di Pamplona, l'esistenza di un'università moderna, che apre a tutti la possibilità di ricevere una buona istruzione superiore.

Mi domandate se ci sono sovvenzioni statali. Lo Stato spagnolo non contribuisce a sostenere le spese di gestione dell'Università di Navarra. Ha concesso qualche sovvenzione per nuovi posti di studio, alleggerendo il grave onere economico richiesto dalla creazione delle nuove installazioni.

Un'altra fonte di entrate, espressamente per la Scuola Tecnica Superiore di Ingegneria Industriale, che ha sede a San Sebastián, è data dai contributi della locale Cassa di Risparmio.

Particolare importanza ha avuto, fin dagli inizi dell'Università, l'aiuto fornito da fondazioni spagnole o straniere, statali e private: posso citare un cospicuo donativo ufficiale degli Stati Uniti per le installazioni scientifiche della Scuola di Ingegneria Industriale; il contributo offerto dall'ente assistenziale tedesco Misereor per la costruzione dei nuovi edifici; quello della fondazione Huarte per le ricerche sul cancro; quello della fondazione Gulbekian, ecc.

Poi bisogna parlare dell'aiuto che, in un certo senso, è il più gradito: mi riferisco alle migliaia di persone di ogni classe sociale, spesso di condizioni disagiate, che in Spagna e altrove contribuiscono, nella misura delle loro possibilità, al sostenimento dell'Università.

Bisogna infine ricordare quelle aziende che si interessano alle attività di ricerca dell'Università, o che comunque le appoggiano. Magari penserete che con tutti questi contributi ci siano fin troppi soldi. E invece no: l'Università di Navarra continua a essere in passivo. Vorrei che ci aiutassero ancora più persone e altre fondazioni, per poter dare ulteriore estensione a quest'opera di servizio e di promozione sociale.

Nella sua qualità di fondatore dell'Opus Dei e di animatore di una vasta serie di istituzioni universitarie in tutto il mondo, potrebbe dirci per quali motivi l'Opus Dei ha dato vita a tali istituzioni e qual è, nelle linee essenziali, l'apporto dell'Opus Dei a questo grado di istruzione?

Lo scopo dell'Opus Dei è di far sì che molte persone, in tutto il mondo, sappiano, in teoria e in pratica, che è possibile santificare le loro attività ordinarie, il loro lavoro di ogni giorno; che è possibile tendere alla santità cristiana nel bel mezzo dalla strada, e cioè senza dover abbandonare gli impegni ai quali il Signore ci ha voluto chiamare. Pertanto, l'apostolato più importante dell'Opus Dei è quello che ciascuno dei soci svolge individualmente, per mezzo del lavoro professionale realizzato con la massima perfezione umana — nonostante che né io né gli altri siamo esenti da errori personali —, in tutti gli ambienti e in tutti i Paesi: perché appartengono all'Opus Dei persone di circa settanta nazioni, di ogni razza e condizione sociale.

Oltre a questo, l'Opus Dei, come istituzione, in collaborazione con tantissime persone che non appartengono all'Opera — e che spesso non sono cristiane —, promuove delle attività d'apostolato sue proprie, con le quali cerca di contribuire alla soluzione di tanti problemi che affliggono il mondo attuale. Si tratta di istituzioni educative o assistenziali, centri di promozione sociale e di qualificazione professionale, e così via. Fra tutte queste attività ci sono anche le istituzioni universitarie di cui mi parlate. Le caratteristiche che esse presentano potrebbero ridursi a queste: in primo luogo, l'educazione alla libertà personale e alla responsabilità anch'essa personale. Con libertà e responsabilità è un piacere lavorare, i risultati non mancano e non c'è bisogno di controlli o di vigilanza: perché tutti si sentono a casa propria, e un semplice orario è più che sufficiente. In secondo luogo, lo spirito di convivenza, senza discriminazioni di nessun genere. È la convivenza che forma la personalità; nella convivenza ciascuno impara che, per poter esigere il rispetto della propria libertà, deve saper rispettare la libertà altrui. E infine, lo spirito di fraternità umana: i talenti personali debbono essere messi al servizio degli altri, altrimenti servono a ben poco. Le opere apostoliche che l'Opus Dei ha creato in tutto il mondo sono sempre al servizio di tutti: perché sono un servizio cristiano.

Note
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Ricordiamo ancora quanto si è detto nella Nota Editoriale di questo libro circa alcune risposte concernenti aspetti giuridici e organizzativi, precise e corrette in momenti in cui l'Opus Dei non aveva ancora ricevuto la definitiva configurazione giuridica desiderata dal fondatore, e che oggi occorre integrare con la sintetica spiegazione che si dà nella stessa Nota Editoriale. L'unica variazione che andrebbe del resto introdotta in questa risposta è di mero ordine terminologico: anziché Consigliere, Vicario regionale. Resta pienamente in vigore tutto quanto mons. Escrivá afferma sullo spirito con cui nell'Opus Dei viene esercitata la direzione.

Note
2

Queste iniziative dell'Opus Dei, nelle quali è del tutto preponderante la finalità apostolica, vengono promosse — come si legge nella risposta di mons. Escrivá — dai membri dell'Opus Dei insieme ad altre persone. La Prelatura dell'Opus Dei assume esclusivamente la responsabilità dell'orientamento dottrinale e spirituale, e non appartengono dunque a essa né le imprese proprietarie delle iniziative, né i corrispondenti beni immobili e mobili. I fedeli dell'Opus Dei che lavorano in tali iniziative lo fanno con libertà e responsabilità personali, in piena conformità alle leggi nazionali, e avendo ottenuto dalle autorità ogni riconoscimento necessario per consimili attività civili.

Riferimenti alla Sacra Scrittura