Elenco di punti

Ci sono 2 punti in «Colloqui con monsignor Escrivá» il cui argomento è Apostolato → apostolato e libertà.

Una caratteristica di qualsiasi vita cristiana — prescindendo dalle circostanze in cui si realizza — è la “dignità e libertà dei figli di Dio”. A che cosa si riferisce lei quando difende, come ha fatto con tanta insistenza nel corso dei suoi insegnamenti, la libertà dei laici?

Mi riferisco appunto alla libertà personale che hanno i laici per prendere, alla luce dei princìpi enunciati dal Magistero della Chiesa, le decisioni concrete, teoriche o pratiche, che ciascuno reputi in coscienza più opportune e più confacenti alle proprie convinzioni e inclinazioni: per esempio, per quanto riguarda le diverse opinioni filosofiche, di scienza economica o di politica; oppure per quanto riguarda le correnti artistiche e culturali o i problemi concreti della loro vita professionale e sociale, ecc.

Questo necessario àmbito di autonomia, di cui il laico cattolico ha bisogno per non soffrire una diminutio capitis nei confronti degli altri laici e per poter svolgere con efficacia la sua specifica attività apostolica in mezzo alle realtà temporali, va sempre accuratamente rispettato da tutti coloro che nella Chiesa esercitano il ministero sacerdotale. Se ciò non avvenisse, se cioè si volesse “strumentalizzare” il laico per fini che oltrepassano quelli propri del ministero gerarchico, allora si cadrebbe in un “clericalismo” sorpassato e deplorevole. Si verrebbe a limitare enormemente il campo di attività apostolica del laicato e lo si condannerebbe a una perpetua immaturità; ma soprattutto si metterebbe in pericolo (oggi come non mai) il concetto stesso di autorità e di unità nella Chiesa. Non dobbiamo dimenticare che l'esistenza di un autentico pluralismo di criteri e di opinioni, anche fra i cattolici, nell'ambito di ciò che il Signore ha lasciato alla libera discussione degli uomini, non solo non è di ostacolo all'ordinamento gerarchico e alla necessaria unità del Popolo di Dio, ma anzi rafforza questi valori e li protegge da eventuali inquinamenti.

In qualche occasione, parlando della realtà dell'Opus Dei, lei ha affermato che si tratta di una “disorganizzazione organizzata”. Potrebbe spiegare ai nostri lettori il significato di questa espressione?

Intendo dire che noi attribuiamo un'importanza primaria e fondamentale alla “spontaneità apostolica della persona”, alla sua libera e responsabile iniziativa, sotto la guida dello Spirito; e non alle strutture organizzative, agli ordini, alle tattiche, e ai programmi imposti dall'alto, in sede di governo.

Un minimo di organizzazione esiste, logicamente: c'è un organo direttivo centrale, che funziona sempre collegialmente e ha la sede a Roma, e ci sono degli organi regionali, anch'essi collegiali, presieduti da un Consigliere2 (vedi nota in calce al paragrafo). Ma tutto il lavoro di questi organismi tende essenzialmente a una sola meta: fornire ai soci l'assistenza spirituale necessaria per la loro vita di pietà, e una adeguata preparazione spirituale, dottrinale e umana. Poi, ciascuno impari a nuotare! Agisca cioè come vero cristiano per santificare le vie degli uomini, perché tutte hanno il profumo del passaggio di Dio.

Arrivato dunque a questo limite, l'Opus Dei come tale ha esaurito il suo compito — quello stesso per cui i soci si sono associati —, e non ha più nessun'altra indicazione da dare: non può e non deve farlo. Da quel momento comincia la libera e responsabile azione personale di ciascuno dei soci. Ognuno — con spontaneità apostolica, agendo con piena libertà e formandosi con autonomia la propria coscienza di fronte alle decisioni concrete che deve prendere — ognuno, dico, si sforza di tendere alla perfezione cristiana e di dare una testimonianza cristiana nel proprio ambiente, santificando il proprio lavoro manuale o intellettuale. Naturalmente dal momento che ciascuno prende con autonomia queste decisioni nella sua vita secolare, nelle realtà temporali in cui agisce, si osservano spesso opzioni, criteri e modi di agire diversi: in altri termini, si produce questa benedetta “disorganizzazione”, questo giusto e necessario pluralismo che è una caratteristica essenziale del buono spirito dell'Opus Dei, e che a me è sembrato sempre l'unico modo retto e giusto di concepire l'apostolato dei laici.

Le dirò di più: questa “disorganizzazione organizzata” appare anche nelle stesse opere d'apostolato che l'Opus Dei promuove come tale, nell'intento di contribuire — anche sul piano associativo — a risolvere cristianamente i problemi che si pongono alle comunità umane dei diversi Paesi. Queste attività e iniziative dell'Opera hanno, sempre, un carattere direttamente apostolico: sono cioè opere educative, assistenziali o di beneficenza. Ma dato che è proprio del nostro spirito stimolare lo scaturire di iniziative “dalla base”, e dato anche che le circostanze, i bisogni e le possibilità di ogni nazione o gruppo sociale sono peculiari e generalmente assai diversi da un caso all'altro, la direzione centrale dell'Opus Dei lascia alle direzioni regionali (che godono di un'autonomia pressoché totale) la responsabilità di determinare, promuovere e organizzare le attività apostoliche che ritengono più opportune: può trattarsi di un centro d'istruzione superiore o di un collegio universitario, come pure di un ambulatorio medico o di una scuola agraria. Come logico risultato, disponiamo di un molteplice e variopinto mosaico di attività: un mosaico “organizzatamente disorganizzato”.

Note
2

Ricordiamo ancora quanto si è detto nella Nota Editoriale di questo libro circa alcune risposte concernenti aspetti giuridici e organizzativi, precise e corrette in momenti in cui l'Opus Dei non aveva ancora ricevuto la definitiva configurazione giuridica desiderata dal fondatore, e che oggi occorre integrare con la sintetica spiegazione che si dà nella stessa Nota Editoriale. L'unica variazione che andrebbe del resto introdotta in questa risposta è di mero ordine terminologico: anziché Consigliere, Vicario regionale. Resta pienamente in vigore tutto quanto mons. Escrivá afferma sullo spirito con cui nell'Opus Dei viene esercitata la direzione.