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Ci sono 11 punti in «Colloqui con monsignor Escrivá» il cui argomento è Opus Dei  → carattere universale .

Qualcuno, osservando la presenza di membri dell'Opus Dei in posti di rilievo della vita pubblica spagnola, parla dell'influenza dell'Opus Dei in Spagna. Ci potrebbe spiegare qual è questa influenza?

Mi infastidisce tutto ciò che può avere la parvenza di autoincensazione. Ma mi pare che non sarebbe vera umiltà, bensì cecità e ingratitudine verso Dio, che con tanta generosità benedice il nostro lavoro, non riconoscere che l'Opus Dei influisce effettivamente nella società spagnola. Nell'ambiente dei Paesi in cui l'Opera lavora già da diversi anni, è naturale che il suo influsso abbia ormai una notevole ripercussione sociale, in proporzione al progressivo sviluppo delle attività; in Spagna, in particolare, l'Opus Dei opera da trentanove anni, perché è qui che il Signore volle che la nostra istituzione nascesse nel seno della Chiesa.

Qual è la natura di questa influenza? È evidente che, dal momento che l'Opus Dei ha fini spirituali, d'apostolato, la natura del suo influsso — sia in Spagna che nelle altre nazioni dei cinque continenti in cui lavoriamo — non può che essere di quel genere: un'influenza spirituale, apostolica. Come quello della Chiesa intera, anima del mondo, l'influsso dell'Opus Dei sulla società civile non è di carattere temporale — e cioè sociale, politico, economico, e così via —, benché indubbiamente incida sugli aspetti etici di tutte le attività umane; esso è sempre un influsso di ordine diverso e superiore, che si esprime con un verbo ben preciso: “santificare”.

E con questo arriviamo al discorso sulle persone dell'Opus Dei che lei definisce influenti. Per un'associazione il cui scopo sia una determinata azione politica, saranno “influenti” quei soci che hanno un seggio al parlamento o al governo. Se si tratta di una associazione culturale, si considerano “influenti” quei soci che siano dei filosofi di chiara fama, che abbiano avuto un premio letterario di rilievo, ecc. Se invece lo scopo che si propone l'istituzione è — come nel caso dell'Opus Dei — la santificazione del lavoro quotidiano degli uomini, tanto quello manuale come quello intellettuale, è evidente che dovranno considerarsi influenti tutti i suoi soci: perché tutti lavorano (il dovere di lavorare, comune a tutti, ha nell'Opus Dei speciali conseguenze di ordine normativo e ascetico), e perché tutti cercano di compiere il loro lavoro, qualunque esso sia, in modo santo, in modo cristiano, con impegno di perfezione. Per questo motivo, io considero tanto “influente” — tanto importante e necessaria — la testimonianza di un mio figliolo minatore in mezzo ai suoi compagni di lavoro, quanto quella di un rettore di università in mezzo ai professori del senato accademico.

Da dove viene, quindi, l'influenza dell'Opus Dei? La risposta sta nella semplice considerazione di questa realtà sociologica: all'Opera appartengono persone di tutte le condizioni sociali, di tutte le professioni, di tutte le età e di tutti gli stati di vita; uomini e donne, sacerdoti e laici, vecchi e giovani, celibi e coniugati, studenti e operai, contadini e impiegati, liberi professionisti e funzionari di enti pubblici… Ha mai pensato al potere di irradiazione cristiana rappresentato da una gamma di persone così vasta e varia, tanto più che sono decine di migliaia e tutte animate dal medesimo spirito apostolico, dal medesimo anelito di santificare la propria professione o il proprio mestiere — qualunque sia l'ambiente sociale in cui operano —, di santificarsi nel lavoro, e con il lavoro santificare gli altri?

A queste attività apostoliche personali bisogna aggiungere lo sviluppo delle nostre opere proprie di apostolato: collegi universitari, case per ritiri spirituali, l'Università di Navarra, centri di qualificazione per operai e contadini, istituti tecnici, scuole secondarie, istituti professionali femminili, ecc. Queste attività sono state e sono indubbiamente centri di irradiazione di spirito cristiano. Promosse da laici, gestite come lavoro professionale da cittadini laici, del tutto uguali ai colleghi che svolgono la stessa attività o mestiere, e aperte a persone di ogni ceto e condizione, queste attività hanno sensibilizzato vasti strati della società sulla necessità di dare una risposta cristiana ai problemi posti a ciascuno dall'esercizio della propria professione o del proprio impiego.

Tutto questo è ciò che dà rilievo e importanza sociale all'Opus Dei. Non la circostanza che qualcuno dei suoi soci occupi dei posti di “influenza umana” — la qual cosa non ci interessa per nulla, ed è lasciata alla libera decisione e responsabilità di ognuno — bensì il fatto che tutti (e la bontà di Dio fa che siano molti) svolgano un lavoro — anche il mestiere più umile — divinamente influente.

E questo è logico: chi potrebbe pensare che l'“influenza” della Chiesa negli Stati Uniti sia cominciata il giorno in cui fu eletto presidente il cattolico John Kennedy?

Vorrebbe spiegare la missione centrale e gli obiettivi dell'Opus Dei? Si è ispirato a qualche precedente nell'ideare l'Opera, oppure essa è qualcosa di totalmente nuovo nella Chiesa e nella cristianità? La si può paragonare agli ordini religiosi e agli istituti secolari, o ad associazioni cattoliche del tipo della Holy Name Society, per esempio, dei Cavalieri di Colombo, del Christopher Movement, ecc.?

L'Opus Dei si propone di promuovere fra le persone di tutti i ceti della società la ricerca della santità cristiana in mezzo al mondo. Vale a dire, l'Opus Dei intende aiutare ogni persona che vive nel mondo — l'uomo comune, l'uomo della strada — a condurre una vita pienamente cristiana, senza dover cambiare il suo modo di vita quotidiana, né il suo lavoro abituale, né i propri ideali o aspirazioni.

Pertanto, con una frase che scrissi molti anni fa, si può dire che l'Opus Dei è vecchia come il Vangelo e nuova come il Vangelo. Si tratta di ricordare ai cristiani quel concetto meraviglioso che si legge nella Genesi e cioè che Dio creò l'uomo “perché lavorasse”. Ci siamo ispirati all'esempio di Cristo, che trascorse quasi tutta la sua vita terrena lavorando come artigiano in un villaggio. Il lavoro non è soltanto uno dei valori umani più alti e un mezzo con cui gli uomini debbono contribuire al progresso della società: è anche cammino di santificazione

A quali altre organizzazioni — mi domanda — potremmo paragonare l'Opus Dei? Non è facile rispondere, perché quando si cerca di far confronti tra organizzazioni a fini spirituali, si corre il rischio di fermarsi ai tratti esterni o alle denominazioni giuridiche, dimenticando ciò che è più importante: lo spirito che è la vita e la ragion d'essere di tutta l'attività.

Mi limiterò a dirle, riferendomi alle istituzioni che ha menzionato, che l'Opus Dei è molto lontana dagli Ordini religiosi e dagli Istituti secolari, e più vicino a istituzioni come la Holy Name Society.

L'Opus Dei è un'organizzazione internazionale di laici alla quale appartengono anche sacerdoti secolari (un'esigua minoranza rispetto al totale dei soci). I soci dell'Opera sono persone che vivono nel mondo, dove esercitano la loro professione o il loro mestiere. Aderendo all'Opus Dei, non lo fanno per abbandonare il lavoro, ma, al contrario, per cercare un aiuto spirituale per santificare il proprio lavoro ordinario, trasformandolo anche in mezzo per santificarsi e aiutare gli altri a santificarsi. Essi non cambiano di stato — continuano a essere celibi, sposati, vedovi o sacerdoti —, ma cercano di servire Dio e gli altri uomini nel proprio stato. All'Opus Dei non interessano né voti né promesse; ciò che chiede ai suoi soci è che, pur con le deficienze e gli errori propri di ogni vita umana, si sforzino di praticare le virtù umane e cristiane, sapendosi figli di Dio.

Se si vuole fare un paragone, il modo più facile per capire l'Opera è di pensare alla vita dei primi cristiani. Essi vivevano a fondo la loro vocazione cristiana; cercavano seriamente la perfezione alla quale erano chiamati per il fatto, semplice e sublime, di aver ricevuto il Battesimo. Non si distinguevano esteriormente dagli altri cittadini. I soci dell'Opus Dei sono persone comuni; svolgono un lavoro qualsiasi; vivono in mezzo al mondo come realmente sono: cittadini cristiani che vogliono corrispondere in pieno alle esigenze della loro fede.

Vorrebbe descrivere come si è sviluppata e come si è evoluta l'Opus Dei dopo la fondazione, sia riguardo alle sue caratteristiche che ai suoi obiettivi, in un periodo che è stato testimone di un enorme cambiamento all'interno di tutta la Chiesa?

Fin dal primo momento l'unico obiettivo dell'Opus Dei è stato quello che ho già descritto: contribuire a far sì che vi siano in mezzo al mondo uomini e donne di ogni razza e condizione sociale, che cerchino di amare e di servire Dio e gli uomini nel loro lavoro ordinario e per mezzo di esso. Dall'inizio dell'Opera, nel 1928, la mia predicazione è stata questa: la santità non è un privilegio di pochi, perché possono essere divini tutti i cammini della terra, tutte le condizioni di vita, tutte le professioni, tutte le occupazioni oneste. Le implicazioni di questo messaggio sono molte e l'esperienza della vita dell'Opera mi ha aiutato a conoscerle con sempre maggior profondità e ricchezza di sfumature. L'Opera è nata piccola ed è cresciuta normalmente, in modo graduale e progressivo, come cresce un organismo vivo, come tutto ciò che si sviluppa nella storia.

Ma il suo obiettivo e la sua ragion d'essere non sono cambiati e non cambieranno per quanto possa cambiare la società, perché il messaggio dell'Opus Dei è che si può santificare ogni lavoro onesto, quali che siano le circostanze in cui si svolge.

Oggi fanno parte dell'Opera persone di tutte le professioni: non solo medici, avvocati, ingegneri e artisti, ma anche muratori, minatori, contadini. Tutte le professioni, dunque: dai registi cinematografici e dai piloti di reattori alle parrucchiere di alta moda. Per i soci dell'Opus Dei essere aggiornati, comprendere il mondo moderno è qualcosa di naturale e di istintivo, perché sono essi — con gli altri cittadini e uguali a loro — che fanno nascere questo mondo e gli conferiscono modernità.

Essendo questo lo spirito della nostra Opera, comprenderà che è stata una grande gioia per noi vedere che il Concilio ha dichiarato solennemente che la Chiesa non respinge il mondo in cui vive, né il suo progresso e sviluppo, ma lo comprende e lo ama. Del resto, è una caratteristica centrale della spiritualità che i soci dell'Opera si sforzano di vivere — da ormai quarant'anni —, la consapevolezza di essere allo stesso tempo parte della Chiesa e dello Stato: ciascuno si assume quindi completamente, con libertà piena, la propria responsabilità individuale di cristiano e di cittadino.

Come spiega l'enorme successo dell'Opus Dei e con quali criteri lei misura questo successo?

Quando un'impresa è soprannaturale, importano poco il successo o l'insuccesso, così come solitamente vengono intesi. Già san Paolo diceva ai cristiani di Corinto che nella vita spirituale quello che interessa non è il giudizio degli altri, né il proprio, ma quello di Dio.

Certamente l'Opera oggi è estesa in tutto il mondo: vi appartengono uomini e donne di una settantina di nazionalità. Pensando a questo fatto, io stesso mi sorprendo. Non vi trovo alcuna spiegazione umana; vi trovo soltanto la volontà di Dio, poiché “lo Spirito soffia dove vuole”, e si serve di chi vuole per realizzare la santificazione degli uomini. Tutto questo è per me motivo di ringraziamento, di umiltà e di supplica a Dio perché mi aiuti sempre a servirlo.

Mi domanda anche qual è il criterio con cui misuro e giudico le cose. La risposta è molto semplice: santità, frutti di santità.

L'apostolato più importante dell'Opus Dei è quello che ogni socio realizza con la testimonianza della propria vita e con la sua parola, nei rapporti abituali con amici e colleghi di professione. Chi può misurare l'efficacia soprannaturale di questo apostolato silenzioso e umile? Non si può misurare il valore dell'esempio di un amico leale e sincero, o l'influenza di una buona madre in seno alla famiglia.

Ma forse la sua domanda si riferisce agli apostolati che l'Opus Dei realizza in quanto tale, supponendo che in questo caso si possano misurare i risultati da un punto di vista umano, tecnico; vedendo cioè se una scuola di addestramento professionale riesce a promuovere socialmente le persone che la frequentano, o se un'università dà ai suoi studenti una formazione professionale e culturale adeguata. Ammesso che la sua domanda abbia questo senso, le dirò che il risultato si può spiegare almeno in parte col fatto che si tratta di lavori realizzati da persone che vi si dedicano come specifica occupazione professionale e quindi con la dovuta preparazione, come fanno tutti coloro che vogliono lavorare seriamente. Ciò vuol dire, fra l'altro, che queste iniziative non sono impostate secondo schemi preconcetti, ma che si studiano caso per caso le necessità peculiari della società in cui devono essere realizzate, per adattarle alle sue esigenze reali.

Ma le ripeto che all'Opus Dei non interessa in primo luogo l'efficacia umana. Il successo o l'insuccesso reale di queste attività dipende dal fatto che, oltre a essere umanamente ben fatte, servano o no a far sì che coloro che le realizzano e coloro che ne beneficiano amino Dio, si sentano fratelli di tutti gli uomini e manifestino questi sentimenti in un servizio disinteressato all'umanità.

Vorrebbe descrivere come e perché fondò l'Opus Dei, e gli avvenimenti che considera pietre miliari del suo sviluppo?

Perché ho fondato l'Opera? Le opere che nascono dalla volontà di Dio non hanno altra spiegazione che il desiderio divino di utilizzarle come espressione della sua volontà salvifica universale. Già dal primo momento l'Opera era universale, cattolica. Non nasceva per risolvere determinati problemi dell'Europa degli anni venti, ma per dire agli uomini e alle donne di tutti i Paesi, di qualsiasi condizione, razza, lingua, o ambiente — e di qualsiasi stato: celibi, sposati, vedovi, sacerdoti —, che potevano amare e servire Dio, senza smettere di vivere nel loro lavoro ordinario, con la propria famiglia, nelle più svariate e comuni relazioni sociali.

Come fu fondata? Senza alcun mezzo umano. Io avevo solo 26 anni, grazia di Dio e buon umore. L'Opera nacque piccola: non era altro che l'aspirazione di un giovane sacerdote che si sforzava di fare ciò che Dio gli chiedeva.

Lei mi domanda quali sono state le pietre miliari dello sviluppo dell'Opera. Per me, è una tappa fondamentale qualsiasi momento, qualsiasi istante in cui un'anima per mezzo dell'Opus Dei si avvicina a Dio, facendosi più fratello degli uomini suoi fratelli.

Forse vorrebbe che parlassi dei momenti cruciali in ordine cronologico. Le dirò a memoria alcune date approssimative, anche se non vi annetto una particolare importanza. Già nei primi mesi del 1935 era tutto pronto per iniziare il lavoro in Francia, concretamente a Parigi. Ma vennero prima la guerra civile spagnola e poi la seconda guerra mondiale, e si dovette rimandare l'espansione dell'Opera. Poiché questo sviluppo era necessario, il ritardo fu minimo. Già nel 1940 si cominciò l'attività in Portogallo. Quasi in coincidenza con la fine delle ostilità, anche se c'erano stati alcuni viaggi negli anni precedenti, si cominciò in Inghilterra, in Francia, in Italia, negli Stati Uniti, in Messico. In seguito, l'espansione ha assunto un'accelerazione progressiva: dal 1949—1950 in Germania, Olanda, Svizzera, Argentina, Canada, Venezuela e negli altri Paesi europei e americani. Allo stesso tempo il lavoro si è esteso ad altri continenti: Nord Africa, Giappone, Kenia e altri Paesi del l'East Africa, Australia, Filippine, Nigeria, ecc.

Mi fa anche piacere ricordare, come date capitali, le molteplici occasioni in cui si è mostrato in modo tangibile l'affetto dei Sommi Pontefici per la nostra Opera. Risiedo stabilmente a Roma dal 1946, e ho avuto quindi occasione di conoscere e di frequentare Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. In tutti ho sempre trovato l'affetto di un padre.

Sarebbe d'accordo con l'affermazione, che qualche volta è stata fatta, secondo cui l'ambiente peculiare della Spagna degli ultimi trent'anni abbia facilitato la crescita dell'Opera in questo Paese?

In pochi Paesi abbiamo trovato meno agevolazioni che in Spagna. Mi dispiace dirlo, perché amo profondamente la mia patria, ma si tratta del Paese in cui è costato più lavoro e più sacrificio far attecchire l'Opera. Appena nata, essa già trovò l'opposizione dei nemici della libertà individuale e di persone così attaccate alle idee tradizionali da non poter capire che la vita dei soci dell'Opera è quella di cittadini comuni che si sforzano di vivere pienamente la loro vocazione cristiana senza lasciare il mondo.

Neppure le opere collettive di apostolato hanno incontrato particolari facilitazioni in Spagna. Governi di Paesi in cui la maggioranza dei cittadini non è cattolica hanno aiutato le attività educative e benefiche promosse dai soci dell'Opera con molta più generosità di quanto non abbia fatto lo Stato spagnolo. Beninteso, gli aiuti che quei governi concedono o possono concedere alle opere dell'Opus Dei (così come vengono sovvenzionate normalmente altre opere simili) non comportano un privilegio, ma semplicemente il riconoscimento della loro funzione sociale, tanto più che consentono delle economie al bilancio dello Stato.

Nella sua espansione internazionale, lo spirito dell'Opus Dei ha trovato immediata eco e cordiale accoglienza in tutti i Paesi. Se vi sono state delle difficoltà, ciò è avvenuto a motivo di falsità che venivano proprio dalla Spagna e inventate dagli spagnoli, voglio dire da alcuni settori della società spagnola. In primo luogo, dall'organizzazione internazionale di cui le parlavo; ma sembra ormai certo che sia cosa passata, e io non porto rancore a nessuno. Poi da parte di alcune persone che non comprendono il pluralismo, che adottano atteggiamenti di gruppo, quando non cadono in una visione ristretta o totalitaria, e che si servono della qualifica di cattolici per fare politica. Alcuni di loro, non mi spiego perché — forse per false ragioni umane —, sembrano trovare un gusto speciale ad attaccare l'Opus Dei, e poiché dispongono di grandi mezzi economici — il denaro dei contribuenti spagnoli — i loro attacchi possono essere raccolti da certa stampa.

Mi rendo perfettamente conto che lei sta aspettando nomi precisi di persone e di istituzioni. Non glieli darò, e spero che ne capisca la ragione. Né la mia missione, né quella dell'Opera sono politiche: il mio compito è pregare. E non voglio dir nulla che possa in qualche modo venire interpretato come un'ingerenza nella politica. Più ancora, mi spiace molto parlare di queste cose. Ho taciuto per quasi quarant'anni, e se adesso dico qualcosa è perché ho l'obbligo di denunciare come assolutamente false le interpretazioni distorte che alcuni cercano di dare di un lavoro esclusivamente spirituale. Pertanto, sebbene finora abbia taciuto, d'ora innanzi dovrò parlare e, se necessario, con sempre maggiore chiarezza.

Ma tornando al tema centrale della sua domanda, se molte persone di tutti i ceti sociali, in Spagna e dovunque, hanno cercato di seguire Cristo con l'aiuto dell'Opera e secondo il suo spirito, la spiegazione non si può trovare nell'ambiente o in altri motivi estrinseci. Prova di ciò è che quanti affermano il contrario con tanta leggerezza, vedono decrescere i loro gruppi; e le cause esterne sono le stesse per tutti. Forse sarà anche, umanamente parlando, perché essi formano gruppo, mentre noi non togliamo la libertà personale a nessuno.

Se l'Opus Dei è ben sviluppato in Spagna — come in molte altre nazioni — lo si deve anche al fatto che il nostro lavoro spirituale nacque lì, quarant'anni fa, e — come le spiegavo prima — la guerra civile spagnola e poi la guerra mondiale resero necessario rimandare l'inizio in altri Paesi. Voglio far osservare, tuttavia, che ormai da anni gli spagnoli sono soltanto una minoranza in seno all'Opera.

Non pensi, ripeto, che io non ami il mio Paese, o che non mi dia gioia profonda il lavoro che l'Opera vi realizza; ma è triste che vi sia chi propaga equivoci sull'Opus Dei e sulla Spagna.

Nell'Opera la Spagna ha un posto preminente? Voglio dire: essa è un punto di partenza per un programma più ambizioso, oppure è semplicemente uno dei tanti settori di attività?

La Spagna non è che uno dei 65 Paesi in cui ci sono persone dell'Opus Dei; e gli spagnoli, in seno all'Opera, costituiscono una minoranza. L'Opus Dei ha avuto la sua origine geografica in Spagna, ma fin dall'inizio il suo fine era universale. Del resto, io abito a Roma da più di vent'anni.

In Spagna l'Opus Dei si vanta di essere in contatto con tutti gli strati sociali. Questa affermazione vale anche per gli altri Paesi, oppure lì l'Opus Dei riunisce soprattutto persone di ambienti qualificati, come dirigenti d'industria, funzionari dell'amministrazione pubblica, uomini politici, liberi professionisti?

Sia in Spagna che nel resto del mondo appartengono di fatto all'Opus Dei persone di tutte le condizioni sociali: uomini e donne, vecchi e giovani, operai, industriali, impiegati, contadini, liberi professionisti… La vocazione è cosa che dà Dio, e Dio non fa distinzione di persone. Comunque, l'Opus Dei non si vanta di nulla: le opere d'apostolato non crescono con le forze umane, ma con il soffio dello Spirito Santo. É logico che un'organizzazione con finalità temporali si dedichi a pubblicare statistiche brillanti sul numero, la condizione e i pregi dei suoi aderenti: e così fanno, effettivamente, tutti i gruppi che cercano il prestigio mondano. Ma questo modo di agire, quando il fine che si cerca è la santificazione delle anime, non farebbe che favorire l'orgoglio di gruppo: Cristo vuole invece l'umiltà dei cristiani, tutti e singoli.

Attualmente, qual è la situazione dell'Opera nel resto del mondo, e soprattutto nei Paesi anglosassoni?

L'Opus Dei si trova perfettamente a suo agio sia in Inghilterra che in Kenia, sia in Nigeria che in Giappone, sia negli Stati Uniti che in Australia, sia in Irlanda che in Messico o in Argentina… Dovunque l'Opus Dei è sempre un fenomeno teologico e pastorale che si radica nelle anime della gente dei singoli Paesi; essa non ha legami con nessuna cultura determinata, con nessuna epoca storica. Nel mondo anglosassone l'Opus Dei promuove — grazie all'aiuto di Dio e alla cooperazione di molte persone — delle opere di apostolato di diverso tipo: Netherhall House a Londra, che assiste specialmente gli studenti universitari afroasiatici; Hudson Center a Montreal, per la formazione umana e professionale delle ragazze; Nairana Cultural Center, per gli studenti di Sydney… Negli Stati Uniti l'Opus Dei ha iniziato il suo lavoro nel 1949, e lì sono sorti, fra l'altro, Midtown, per gli operai dei quartieri più popolari di Chicago; Stonecrest Community Center, a Washington, per la qualificazione professionale della donna; Trimount House, residenza universitaria a Boston, ecc. Ma non dimentichi: l'influenza dell'Opus Dei — nella misura in cui essa ci sia, a seconda dei casi — è sempre un'influenza spirituale, di ordine religioso, e mai di carattere temporale.

Come si sviluppa l'Opus Dei in altri Paesi, oltre la Spagna? Qual è la sua influenza negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Italia, ecc.?

Appartengono attualmente all'Opus Dei persone di sessantotto nazionalità, che lavorano in tutti i Paesi dell'America e dell'Europa occidentale e in alcuni dell'Africa, dell'Asia e dell'Oceania.

L'influenza dell'Opus Dei è, ovunque, un'influenza spirituale. Consiste essenzialmente nell'aiutare le persone che si avvicinano alle nostre attività a vivere più pienamente lo spirito evangelico nella vita ordinaria. Queste persone lavorano nei luoghi più diversi; possono essere contadini che coltivano la terra in villaggi isolati delle Ande, o banchieri di Wall Street. A tutti l'Opus Dei insegna che il lavoro ordinario — umanamente umile o brillante, non importa — ha un grande valore e può essere un mezzo efficacissimo per amare e servire Dio e gli uomini. Insegna ad amare tutti, a rispettare la libertà di tutti, a impegnarsi con piena autonomia, nel modo che riterranno migliore per cancellare incomprensioni e intolleranza e far sì che la società sia più giusta. Questa è l'unica influenza dell'Opus Dei, in qualunque luogo lavori.

Riferendomi alle iniziative sociali ed educative che l'Opera, in quanto tale, suole promuovere, le dirò che rispondono in ogni luogo alle condizioni concrete e ai bisogni reali della società. Non possiedo dati particolareggiati su tutte queste attività, perché, come le dicevo, la nostra organizzazione è molto decentrata. Potrei ricordare, a titolo di esempio, Midtown Sports and Cultural Center, nel Near West Side di Chicago, che realizza programmi educativi e sportivi per gli abitanti del quartiere. Parte importante di questo lavoro consiste nel promuovere la convivenza e l'integrazione tra i diversi gruppi etnici. Un'altra attività interessante, sempre negli Stati Uniti, è quella di The Heights, a Washington, dove si svolgono corsi di orientamento professionale, programmi speciali per studenti particolarmente dotati, ecc.

In Inghilterra si potrebbe indicare il lavoro dei collegi universitari che offrono agli studenti non solo un alloggio, ma vari programmi per completare la loro formazione culturale, umana e spirituale. Netherhall House a Londra è forse particolarmente interessante per il suo carattere internazionale. Hanno soggiornato in questa residenza universitari di oltre 50 Paesi. Molti di loro non sono cristiani, perché le case dell'Opus Dei sono aperte a tutti, senza discriminazioni, né di razza né di religione.

Per non dilungarmi. accennerò solo a un'altra iniziativa, il Centro Internazionale della Gioventù Lavoratrice, a Roma. È un centro per la formazione professionale di giovani operai che Papa Giovanni XXIII affidò all'Opus Dei, e che Paolo VI ha inaugurato meno di un anno fa.

Potrebbe fare qualche accenno all'espansione dell'Opera in questi quarant'anni di vita? Quali sono le opere di apostolato di maggior rilievo?

Devo dire anzitutto che ringrazio di cuore Dio nostro Signore di avermi consentito di vedere l'Opera, dopo solo quarant'anni dalla fondazione, estesa ormai in tutto il mondo. Quando nacque, nel 1928, in Spagna, nacque già romana, che per me vuol dire cattolica, universale. Quindi il suo primo, irresistibile anelito fu l'espansione in tutte le nazioni.

Pensando agli anni che sono trascorsi, si riaffaccia alla mia mente il ricordo di tanti avvenimenti che mi colmano di gioia, perché assieme a difficoltà e dispiaceri (che sono in certo modo il sale della vita) mi fanno ricordare l'efficacia della grazia di Dio e la dedizione generosa e piena di gioia di tanti uomini e di tante donne che hanno saputo essere fedeli. Infatti, l'apostolato essenziale dell'Opus Dei — e mi preme che questo aspetto sia ben compreso — è quello che svolge individualmente ogni socio al proprio posto di lavoro, nel seno della sua famiglia, in mezzo ai suoi amici. È una attività che non viene notata e che non è facile tradurre in statistiche, ma produce frutti di santità in migliaia di anime, che vanno seguendo Cristo, silenziosamente e con efficacia, nell'impegno professionale di tutti i giorni.

Su questo tema non è possibile aggiungere molte altre cose. Potrei raccontarle la vita esemplare di tante persone, ma così toglierei intimità a queste cose, né farei capire la loro bellezza umana e divina. Peggio ancora sarebbe ridurre a numeri o a statistiche, perché farebbe pensare a un inutile tentativo di catalogare i frutti della grazia nelle anime.

Farò invece qualche cenno alle iniziative apostoliche che i soci dell'Opera promuovono nei diversi Paesi del mondo. Si tratta di attività che hanno sempre e solo scopi spirituali, apostolici; in esse si lavora con serietà, avendo di mira la perfezione anche sotto il profilo umano, e vi collaborano molte altre persone che non sono dell'Opus Dei, ma capiscono il valore spirituale di questo lavoro, o comunque ne apprezzano il valore umano (come nel caso di tanti non cristiani che ci aiutano efficacemente). Sono sempre realizzazioni secolari e laicali, promosse da comuni cittadini nell'esercizio dei loro normali diritti civili, nel pieno rispetto delle leggi di ogni Paese, e con criteri professionali. Sono, in altri termini, iniziative che non aspirano a nessun privilegio o trattamento di favore.

Conoscerà certamente le attività di questo tipo che si svolgono a Roma, come per esempio il Centro Elis, che si dedica alla qualificazione professionale e alla formazione integrale degli operai, con scuole, attività sportive e culturali, biblioteche, ecc. È una realizzazione che risponde alle necessità di Roma e in particolare alle circostanze umane dell'ambiente in cui è sorta, il quartiere Tiburtino. Opere analoghe vi sono a Chicago, a Madrid, nel Messico e in tante altre parti.

Un altro esempio può essere lo Strathmore College of Arts and Science, di Nairobi. È un college preuniversitario, dal quale sono usciti centinaia di universitari del Kenia, dell'Uganda e della Tanzania. I dirigenti di questo Centro (alcuni kenioti dell'Opus Dei, assieme ad altri concittadini) hanno realizzato una profonda opera culturale e sociale. È stato infatti il primo istituto dell'Africa Orientale di lingua inglese a realizzare una completa integrazione razziale, e l'impostazione degli studi ha dato un notevole contributo all'africanizzazione della cultura. Lo stesso si potrebbe dire riguardo al Kianda College, pure a Nairobi, che sta svolgendo un lavoro di prima linea nel campo della promozione della nuova donna africana.

Accennerò ancora a un'altra realizzazione, l'Università di Navarra. Dal tempo in cui è stata istituita, nel 1952, si è sviluppata incessantemente, e ora è articolata in diciotto facoltà, scuole e istituti, con oltre seimila studenti. Contrariamente a quanto hanno scritto di recente alcuni giornali, essa non è mai stata sostenuta da sovvenzioni statali; lo Stato spagnolo non allevia in alcun modo gli oneri di gestione dell'Università di Navarra, e ha solo contribuito, in misura assai poco rilevante, alle spese per la creazione di nuovi posti di studio: l'Università di Navarra si sostiene grazie ai contributi privati o di enti autonomi. Il sistema di insegnamento e di vita universitaria, improntato a criteri di responsabilità personale e di solidarietà fra tutte le categorie impegnate, si è rivelato efficace, rappresentando un'esperienza molto positiva nel quadro dell'attuale situazione dell'università in tutto il mondo.

Potrei parlare di attività di altro tipo negli Stati Uniti in Giappone, in Argentina, in Australia, nelle Filippine, in Inghilterra o in Francia… Ma non ce n'è bisogno. Ricorderò soltanto che l'Opus Dei è attualmente presente nei cinque continenti, e che vi aderiscono persone di oltre settanta nazionalità, delle più diverse razze e condizioni.