Elenco di punti

Ci sono 8 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Speranza → misericordia di Dio.

La parabola del servo debitore di diecimila talenti (cfr Mt 18, 24) riflette bene la nostra situazione nei confronti di Dio: neppure noi abbiamo di che pagare l'immenso debito che abbiamo contratto per le tante manifestazioni della bontà divina, e che abbiamo accresciuto con i nostri peccati personali. Per quanto coraggiosamente possiamo lottare, non riusciremo a restituire con equità il molto che il Signore ci ha perdonato. Ma la misericordia divina supplisce abbondantemente all'impotenza della giustizia umana. Lui sì, può considerarsi soddisfatto, e rimetterci il debito, semplicemente perché è buono, perché eterna è la sua misericordia (Sal 105, 1).

La parabola — come certo ricordate — ha anche una seconda parte che fa da contrappunto alla precedente. Il servo, al quale era appena stata condonata una somma enorme, non ha pietà di un compagno che gli doveva solo cento denari. Qui viene a galla la sua meschinità di cuore. Strettamente parlando, nessuno gli può negare il diritto di esigere ciò che è suo; eppure sentiamo in noi che qualcosa si ribella e ci dice che l'intolleranza di quel servo si allontana dalla vera giustizia: non è giusto che chi, un momento prima, ha ricevuto un misericordioso trattamento di favore e di comprensione, non reagisca con un minimo di pazienza nei confronti del suo debitore. Guardate che la giustizia non si esprime esclusivamente nel rispetto esatto dei diritti e dei doveri; non è un problema aritmetico che si risolve con somme e sottrazioni.

La virtù cristiana è più ambiziosa: ci spinge a mostrarci riconoscenti, affabili, generosi; a comportarci da amici leali e onesti, sia nei periodi favorevoli che nelle avversità; a rispettare le leggi e le legittime autorità; a rettificare con gioia quando ci accorgiamo di aver sbagliato nel modo di affrontare una questione. Soprattutto, se veramente siamo giusti, faremo fronte ai nostri impegni professionali, famigliari, sociali…, senza smancerie e senza sfoggio, lavorando sodo ed esercitando i nostri diritti, che sono anche doveri. Non credo alla giustizia dei fannulloni, perché con il loro 'dolce far niente' — come dicono nella mia cara Italia —, contravvengono — e talvolta gravemente — al primo e fondamentale principio di equità: quello del lavoro. Non dobbiamo dimenticare che Dio ha creato l'uomo ut operaretur (Gn 2, 15), perché lavorasse, e il bene del prossimo — la nostra famiglia, la nostra patria, tutta l'umanità — dipende anche dalla validità del nostro lavoro. Figli miei, che misera idea di giustizia hanno coloro che la riducono a una mera distribuzione di beni materiali!

Qui, alla presenza di Dio che ci presiede dal Tabernacolo — come fortifica la vicinanza reale di Gesù! —, mediteremo su questo dono soave di Dio, la speranza, che colma le nostre anime di allegria: spe gaudentes (Rm 12, 12), gioiosi, perché — se siamo fedeli — ci aspetta l'Amore infinito.

Non dimentichiamo mai che per tutti — quindi per ciascuno di noi — ci sono solo due modi di stare sulla terra: o si vive vita divina, lottando per piacere a Dio; o si vive vita animale, più o meno umanamente illuminata, quando si prescinde da Lui. Non ho mai dato molto credito ai 'santoni' che si vantano di non essere credenti: li amo davvero, come amo tutti gli uomini, miei fratelli; ammiro la loro buona volontà, che in certe circostanze può essere eroica, ma li compiango, perché hanno l'enorme disgrazia di mancare della luce e del calore di Dio, e dell'ineffabile gioia della speranza teologale.

Un cristiano sincero, coerente con la sua fede, agisce faccia a faccia con Dio, con visione soprannaturale; lavora in questo mondo che ama appassionatamente, impegnandosi nelle vicende della terra, con lo sguardo al Cielo. Ce lo dice san Paolo: Quae sursum sunt quaerite; cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti — a quanto è mondano, per mezzo del Battesimo — e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 1-3).

Il Signore si è avvicinato tanto alle creature, che tutti conserviamo in cuore aneliti di altezza, ansia di salire in alto, di fare il bene. Se ora ridesto in te tali aspirazioni, è perché voglio che ti convinca della sicurezza che Egli ha posto nella tua anima: se lo lasci operare, servirai — dal tuo posto — come strumento utile, dall'efficacia insospettata. E affinché tu non ti allontani, per viltà, dalla fiducia che Dio ripone in te, evita la presunzione di disprezzare ingenuamente le difficoltà che appariranno sul tuo cammino di cristiano.

Non dobbiamo stupircene. Trasciniamo in noi stessi — conseguenza della natura caduta — un principio di opposizione, di resistenza alla grazia: sono le ferite del peccato originale, esacerbate dai nostri peccati personali. Pertanto, dobbiamo intraprendere quelle ascensioni, quei compiti divini e umani di ogni giorno — che sempre sfociano nell'Amore di Dio —, con umiltà, con cuore contrito, fiduciosi nell'assistenza divina, e tuttavia dedicando ad essi le nostre migliori energie, come se tutto dipendesse da noi.

Mentre lotti — una lotta che durerà fino alla morte —, non escludere la possibilità che insorgano, violenti, i nemici di dentro e di fuori. E, come se questo peso non bastasse, a volte faranno ressa nella tua mente gli errori commessi, forse abbondanti. Te lo dico in nome di Dio: non disperare. Se ciò avviene — non deve succedere necessariamente, né sarà cosa abituale —, trasforma la prova in un'occasione per unirti maggiormente al Signore, perché Lui, che ti ha scelto come figlio, non ti abbandonerà. Permette la prova, per spingerti ad amare di più e farti scoprire con maggiore chiarezza la sua continua protezione, il suo Amore.

Ti ripeto, fatti coraggio, perché Cristo, che ci ha perdonato sulla Croce, continua a offrire il suo perdono nel sacramento della Penitenza, e sempre, per giungere alla vittoria, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo (1 Gv 2, 1-2).

Avanti, qualunque cosa succeda! Ben protetto dal braccio del Signore, considera che Dio non perde battaglie. Se ti allontani da Lui, quale ne sia il motivo, reagisci con l'umiltà di chi vuole cominciare e ricominciare; di chi vuol fare da figlio prodigo tutti i giorni e anche molte volte nel corso delle ventiquattro ore; di chi vuole risanare il suo cuore contrito nella Confessione, vero miracolo dell'Amor di Dio. In questo sacramento meraviglioso, il Signore pulisce la tua anima e ti inonda di gioia e di forza per non venir meno nella lotta, e per ritornare instancabilmente a Dio anche quando tutto ti sembra oscuro. Inoltre, la Madre di Dio, che è anche Madre nostra, ti protegge con la sua materna sollecitudine, e ti guida nel tuo avanzare.

Dice la Sacra Scrittura che perfino il giusto cade sette volte (Pro 24, 16). Tutte le volte che ho letto queste parole, la mia anima è stata scossa da un forte sussulto di amore e di dolore. Ancora una volta il Signore ci viene incontro, con il suo avvertimento divino, per parlarci della sua misericordia, della sua tenerezza, della sua clemenza, che mai si esauriscono. Siatene sicuri: Dio non ama le nostre miserie, ma non le rifiuta, e conta proprio su di esse per farci santi.

Un sussulto d'amore, vi dicevo. Guardo la mia vita e, sinceramente, vedo che non sono nulla, non valgo nulla. non ho nulla, non posso nulla; di più, che io sono il nulla! Ma Lui è tutto e, allo stesso tempo, è mio, e io sono suo, perché non mi respinge, perché si è donato per me. Avete mai contemplato un amore più grande?

E un sussulto di dolore: perché esamino la mia condotta, e mi sgomento di fronte al cumulo delle mie negligenze. Mi basta ripercorrere le poche ore che ho trascorso in piedi in questo giorno, per scoprire tante mancanze d'amore, di corrispondenza fedele. Mi addolora davvero il mio comportamento, ma non mi toglie la pace. Mi prostro davanti a Dio, e gli espongo con chiarezza la mia situazione. Subito ricevo l'assicurazione della sua assistenza, e sento in fondo al cuore che Lui mi ripete lentamente: «Meus es tu, tu mi appartieni (Is 43, 1); sapevo — e so — come sei; avanti!».

Non può essere diversamente. Se ci sforziamo di metterci di continuo alla presenza del Signore, aumenterà la nostra fiducia, costatando che il suo Amore e il suo invito rimangono attuali: Dio non si stanca di amarci. La speranza ci dimostra che, senza di Lui, non possiamo realizzare neanche il più piccolo dovere; invece con Lui, con la sua grazia, si cicatrizzeranno le nostre ferite; ci rivestiremo della sua fortezza per resistere agli attacchi del nemico, e miglioreremo. In breve: la coscienza di essere come vasi d'argilla ci deve servire, anzitutto, per consolidare la nostra speranza in Gesù Cristo.

La virtù della speranza — che consiste nella sicurezza che Dio ci governa con la sua previdente onnipotenza e che ci dà i mezzi di cui abbiamo bisogno — ci dice la continua bontà del Signore verso gli uomini — verso di me, verso di te —, sempre disposto ad ascoltarci, perché Lui mai si stanca di ascoltare. Gli interessano le tue gioie, i tuoi successi, il tuo amore, e anche le tue angustie, il tuo dolore, i tuoi insuccessi. Perciò, non sperare in Lui solo quando ti imbatti nella tua debolezza; rivolgiti al tuo Padre del Cielo nelle circostanze favorevoli e nelle avverse, ricorrendo alla sua misericordiosa protezione. La certezza della nostra nullità personale — non si richiede una grande umiltà per riconoscere tale realtà: non siamo altro che un mucchio di zeri — si cambierà in fortezza irresistibile, perché alla sinistra di tanti zeri ci sarà Cristo, e ne risulterà una cifra immensa: Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? (Sal 26, 1).

Abìtuati a vedere Dio dietro ogni cosa, a sapere che Egli ci aspetta sempre, che ci contempla, e ci chiede, esigendocelo giustamente, di seguirlo con lealtà, senza abbandonare il luogo che in questo mondo ci è toccato. Dobbiamo camminare con affettuosa vigilanza, con la sincera preoccupazione di lottare per non perdere la divina compagnia.

Cresciamo nella speranza, perché così ci rafforzeremo nella fede, vero fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono (Eb 11, 1). Cresciamo in tale virtù, che è supplica al Signore perché accresca in noi la sua carità, poiché si confida davvero solo in ciò che si ama con tutte le forze: e vale la pena amare il Signore. Voi avete sperimentato, come me, che la persona innamorata si dona piena di sicurezza, con una sintonia meravigliosa, che porta i cuori a battere all'unisono. E che mai sarà l'Amore di Dio? Non sapete che Cristo è morto per ciascuno di noi? Sì, per il nostro povero, piccolo cuore, Gesù ha consumato il sacrificio redentore.

Spesso il Signore ci parla del premio che ci ha guadagnato con la sua Morte e la sua Risurrezione. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io (Gv 14, 2-3). Il Cielo è la meta del nostro cammino terreno. Gesù ci ha preceduti e là, in compagnia della Vergine e di san Giuseppe — che io tanto venero —, degli Angeli e dei Santi, è in attesa del nostro arrivo.

Non sono mai mancati gli eretici — anche nell'epoca apostolica — che hanno tentato di strappare la speranza ai cristiani. Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede (1 Cor 15, 12-14). La divinità del nostro cammino — Gesù: cammino, verità e vita (cfr Gv 14, 6) — è garanzia sicura che si concluderà nella felicità eterna, a condizione di non allontanarci da Lui.

Mi piace raccogliere queste parole, che lo Spirito Santo ci ha comunicato per mezzo del profeta Isaia: Discite benefacere (Is 1, 17), imparate a fare il bene. Applico questa esortazione ai diversi aspetti della nostra lotta interiore, perché la vita cristiana non può mai essere data per conclusa, dal momento che la crescita nelle virtù è conseguenza di un impegno effettivo e quotidiano.

In qualunque attività civile, come si fa a imparare? Innanzitutto valutiamo il fine da raggiungere e i mezzi da impiegare. Poi, applichiamo con costanza tali mezzi, provando e riprovando fino a creare una disposizione radicata e solida. E mentre impariamo una cosa, ne scopriamo molte altre di cui non sospettavamo l'esistenza, e che ci stimolano a continuare il lavoro senza mai dire 'basta'.

La carità verso il prossimo è una manifestazione dell'amore verso Dio. Pertanto, nello sforzo per migliorare in questa virtù, non possiamo fissarci alcun limite. Con il Signore, l'unica misura è amare senza misura. Da una parte, perché non riusciremo mai a contraccambiare ciò che Egli ha fatto per noi; dall'altra, perché anche l'amore di Dio per le creature si manifesta così: sovrabbondante, senza calcoli, senza confini.

A tutti coloro che sono disposti ad aprirgli l'ascolto dell'anima — e noi siamo di quelli — Gesù insegna nel discorso della montagna il comandamento divino della carità. E, a mo' di riassunto, conclude: Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché Egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro (Lc 6, 35-36).

La misericordia non si limita a un mero atteggiamento di compassione: la misericordia è sovrabbondanza di carità che, simultaneamente, comporta sovrabbondanza di giustizia. Misericordia vuol dire mantenere il cuore in carne viva, umanamente e soprannaturalmente pervaso da un amore forte, abnegato, generoso. San Paolo, nel suo inno alla carità, ne parla così: La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1 Cor 13, 4-7).

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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