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Ci sono 7 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Speranza → speranza in Gesù.

Già molti anni fa, con una convinzione che cresceva di giorno in giorno, ho scritto: «Spera tutto da Gesù: tu non hai nulla, tu non vali nulla, tu non puoi nulla. Sarà Lui ad agire se ti abbandoni in Lui» (SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Considerazioni spirituali, Cuenca 1934, p. 67). È passato il tempo, e quella mia convinzione si è fatta ancora più robusta, più profonda. Ho visto in molte persone che la speranza in Dio accende meravigliosi falò d'amore, il cui fuoco conserva il cuore palpitante, senza sconforti, senza mancamenti, anche se lungo il cammino si soffre, e a volte duramente.

Mi sono commosso leggendo il testo dell'Epistola della Messa e penso che a voi sia successo lo stesso. Capivo che Dio ci aiutava, con le parole dell'Apostolo, a contemplare la trama divina delle tre virtù teologali, che formano il canovaccio sul quale si tesse l'autentica esistenza dell'uomo cristiano, della donna cristiana.

Ascoltate di nuovo san Paolo: Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 1-5).

Se non lotti, non dirmi che cerchi di identificarti sempre più con Cristo, di conoscerlo, di amarlo. Quando intraprendiamo il 'cammino regale' di seguire Cristo, di comportarci come figli di Dio, non ci rimane occulto ciò che ci attende: la Santa Croce, che dobbiamo contemplare come il punto centrale sul quale poggia la nostra speranza di unirci al Signore.

Ti dico subito che questo programma non è un'impresa comoda; che vivere nel modo indicato dal Signore richiede sforzo. Vi leggo le parole dell'Apostolo, quando enumera le sue peripezie e le sue sofferenze per compiere la volontà di Gesù: Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nelle città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese (2 Cor 11, 24-28).

Mi piace, in questi colloqui con il Signore, rimanere aderente alla realtà nella quale ci troviamo, senza inventare teorie, né sognare grandi rinunce o eroismi che abitualmente non hanno luogo. L'importante è fare buon uso del tempo, che ci sfugge dalle mani e che, per chi ha criterio cristiano, vale più dell'oro, perché rappresenta un anticipo della gloria che Dio ci concederà.

Certamente, nel corso della nostra giornata, non ci imbatteremo in tante e tali contrarietà come quelle della vita di Saulo. Vi scopriremo, invece, la bassezza del nostro egoismo, le unghiate della sensualità, gli schiaffi di un orgoglio inutile e ridicolo, e molte altre mancanze: tante, tante debolezze. Scoraggiarsi? No. Con san Paolo ripetiamo al Signore: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte (2 Cor 12, 10).

A volte, quando ci capita il contrario di quello che desideriamo, ci viene spontaneo alle labbra: «Signore, tutto crolla, tutto, tutto…!». È questo il momento di rettificare: «Con te, avanzerò sicuro, perché Tu sei la forza stessa quia tu es, Deus, fortitudo mea, tu sei il Dio della mia difesa» (Sal 42, 2).

In mezzo alle tue occupazioni, ti ho chiesto di alzare gli occhi al cielo con perseveranza, perché la speranza ci spinge a stringere la mano forte che Dio ci tende senza posa, affinché non perdiamo il punto di mira soprannaturale; ti ho chiesto di alzarli anche quando le passioni si ribellano e ci assalgono, chiudendoci nel cantuccio meschino del nostro io, o quando — con vanità puerile — ci sentiamo il centro dell'universo. Io vivo con la persuasione che, se non guardo in alto, se non cerco Gesù, mai otterrò qualcosa; e so che la mia fortezza, per vincermi e per vincere, nasce dal ripetere quel grido che contiene la promessa sicura che Dio non abbandona i suoi figli, se i suoi figli non lo abbandonano: Tutto posso in colui che mi dà la forza (Fil 4, 13).

Dice la Sacra Scrittura che perfino il giusto cade sette volte (Pro 24, 16). Tutte le volte che ho letto queste parole, la mia anima è stata scossa da un forte sussulto di amore e di dolore. Ancora una volta il Signore ci viene incontro, con il suo avvertimento divino, per parlarci della sua misericordia, della sua tenerezza, della sua clemenza, che mai si esauriscono. Siatene sicuri: Dio non ama le nostre miserie, ma non le rifiuta, e conta proprio su di esse per farci santi.

Un sussulto d'amore, vi dicevo. Guardo la mia vita e, sinceramente, vedo che non sono nulla, non valgo nulla. non ho nulla, non posso nulla; di più, che io sono il nulla! Ma Lui è tutto e, allo stesso tempo, è mio, e io sono suo, perché non mi respinge, perché si è donato per me. Avete mai contemplato un amore più grande?

E un sussulto di dolore: perché esamino la mia condotta, e mi sgomento di fronte al cumulo delle mie negligenze. Mi basta ripercorrere le poche ore che ho trascorso in piedi in questo giorno, per scoprire tante mancanze d'amore, di corrispondenza fedele. Mi addolora davvero il mio comportamento, ma non mi toglie la pace. Mi prostro davanti a Dio, e gli espongo con chiarezza la mia situazione. Subito ricevo l'assicurazione della sua assistenza, e sento in fondo al cuore che Lui mi ripete lentamente: «Meus es tu, tu mi appartieni (Is 43, 1); sapevo — e so — come sei; avanti!».

Non può essere diversamente. Se ci sforziamo di metterci di continuo alla presenza del Signore, aumenterà la nostra fiducia, costatando che il suo Amore e il suo invito rimangono attuali: Dio non si stanca di amarci. La speranza ci dimostra che, senza di Lui, non possiamo realizzare neanche il più piccolo dovere; invece con Lui, con la sua grazia, si cicatrizzeranno le nostre ferite; ci rivestiremo della sua fortezza per resistere agli attacchi del nemico, e miglioreremo. In breve: la coscienza di essere come vasi d'argilla ci deve servire, anzitutto, per consolidare la nostra speranza in Gesù Cristo.

Mettetevi con frequenza tra i personaggi del Nuovo Testamento. Assaporate le scene commoventi in cui il Maestro opera con gesti divini e umani, o riferisce con espressioni divine e umane la storia sublime del perdono, il suo Amore ininterrotto per i suoi figli. Questa replica del Cielo si rinnova anche ora, nella perenne attualità del Vangelo: si avverte, si nota, si tocca con le mani la protezione divina. Ed è una difesa che cresce di vigore quando andiamo avanti nonostante gli inciampi, quando cominciamo e ricominciamo, perché tale è la vita interiore, quando la si vive con la speranza in Dio.

Se manca lo slancio di superare gli ostacoli interni ed esterni, non otterremo il premio. Non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole (2 Tm 2, 5), e non sarebbe autentico il combattimento se mancasse l'avversario con cui lottare. Pertanto, se non c'è avversario non c'è corona, perché non ci può esser vincitore là dove non c'è vinto (SAN GREGORIO NISSENO, De perfecta christiani forma [PG 46, 286]).

Lungi dallo scoraggiarci, le contrarietà devono essere uno stimolo per crescere come cristiani: in questa lotta ci santifichiamo, e il nostro lavoro apostolico acquista maggiore efficacia. Meditando quei momenti in cui Gesù — nell'Orto degli ulivi e, più tardi, nell'abbandono e nell'ignominia della Croce — accetta e ama la Volontà del Padre, mentre patisce il peso immane della Passione, dobbiamo persuaderci che per imitare Cristo, per essere buoni discepoli suoi, occorre abbracciare il suo consiglio: Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt 16, 24). Perciò mi piace chiedere a Gesù, per me: «Signore, non un giorno senza croce!». Così, con la grazia divina, si rafforzerà il nostro carattere, e serviremo di appoggio al nostro Dio, al di sopra delle nostre miserie personali.

Cercate di capire: se piantando un chiodo nella parete non incontraste resistenza, che cosa potreste appendervi? Se non ci irrobustiamo, con l'aiuto divino, per mezzo del sacrificio, non potremo divenire strumenti del Signore. Se invece, per amor di Dio, ci decidiamo a trarre profitto con allegria dalle contrarietà, non ci costerà fatica, nelle situazioni difficili e sgradevoli, nelle occasioni dure e disagevoli, esclamare, come gli Apostoli Giacomo e Giovanni: Possiamo! (Mc 10, 38).

Cresciamo nella speranza, perché così ci rafforzeremo nella fede, vero fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono (Eb 11, 1). Cresciamo in tale virtù, che è supplica al Signore perché accresca in noi la sua carità, poiché si confida davvero solo in ciò che si ama con tutte le forze: e vale la pena amare il Signore. Voi avete sperimentato, come me, che la persona innamorata si dona piena di sicurezza, con una sintonia meravigliosa, che porta i cuori a battere all'unisono. E che mai sarà l'Amore di Dio? Non sapete che Cristo è morto per ciascuno di noi? Sì, per il nostro povero, piccolo cuore, Gesù ha consumato il sacrificio redentore.

Spesso il Signore ci parla del premio che ci ha guadagnato con la sua Morte e la sua Risurrezione. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io (Gv 14, 2-3). Il Cielo è la meta del nostro cammino terreno. Gesù ci ha preceduti e là, in compagnia della Vergine e di san Giuseppe — che io tanto venero —, degli Angeli e dei Santi, è in attesa del nostro arrivo.

Non sono mai mancati gli eretici — anche nell'epoca apostolica — che hanno tentato di strappare la speranza ai cristiani. Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede (1 Cor 15, 12-14). La divinità del nostro cammino — Gesù: cammino, verità e vita (cfr Gv 14, 6) — è garanzia sicura che si concluderà nella felicità eterna, a condizione di non allontanarci da Lui.

Che cosa cambia allora? Cambia l'orizzonte dell'anima — perché in essa è entrato Cristo, così come è salito sulla barca di Pietro —; il panorama diviene vasto e il cuore si riempie di ambizione di servire e di incoercibile desiderio di annunciare a tutte le creature i magnalia Dei (At 2, 11), le cose meravigliose che il Signore opera, quando non glielo impediamo. E non voglio lasciar cadere l'occasione per ricordare che il lavoro — per così dire — professionale dei sacerdoti è un ministero divino e pubblico, che permea prepotentemente tutta la loro attività al punto che, in generale, se un sacerdote ha del tempo per dedicarsi a un altro lavoro che non sia propriamente sacerdotale, può essere sicuro che non compie i doveri del suo ministero.

Si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli altri dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva (Gv 21, 2-4).

Passa accanto agli apostoli, accanto ad anime che si sono date a Lui: ed essi non se ne rendono conto. Quante volte c'è Cristo, e non accanto a noi, ma in noi; eppure viviamo una vita tanto umana! Cristo è vicino, ma i suoi figli non gli rivolgono uno sguardo d'affetto, né una parola d'amore, né gli dedicano un'opera di zelo.