Elenco di punti

Ci sono 4 punti in «Colloqui con monsignor Escrivá» il cui argomento è Lavoro → vocazione professionale .

In questo quadro, qual è il compito che ha svolto e che intende svolgere l'Opus Dei? Quali rapporti di collaborazione mantengono i soci con altre organizzazioni che operano in questo campo?

Non spetta a me il giudizio storico su quello che l'Opus Dei ha realizzato, con la grazia di Dio. Posso solo affermare che la finalità cui tende l'Opus Dei è di favorire la ricerca della santità e l'esercizio dell'apostolato da parte dei cristiani che vivono in mezzo al mondo, qualunque sia il loro stato e la loro condizione.

L'Opera è nata per contribuire a far sì che questi cristiani inseriti nel tessuto connettivo della società civile — con la loro famiglia, gli amici, il lavoro professionale e le loro nobili aspirazioni — comprendano che la loro vita, così come è, può essere l'occasione di un incontro con Cristo, ed è pertanto una strada di santità e di apostolato. Cristo è presente in qualsiasi onesto impegno umano: la vita di un comune cristiano — che ad alcuni forse sembra una vita scialba e meschina — può e deve essere una vita santa e santificante.

In altri termini: per seguire Cristo, per servire la Chiesa, per aiutare gli altri a riconoscere il loro destino eterno, non è indispensabile abbandonare il mondo o allontanarsi da esso, e nemmeno c'è bisogno di dedicarsi a un'attività ecclesiastica; la condizione necessaria e sufficiente è di compiere la missione che Dio ha assegnato a ciascuno, nel luogo e nell'ambiente voluti dalla Sua Provvidenza.

E siccome la maggior parte dei cristiani riceve da Dio la missione di santificare il mondo dal di dentro, rimanendo in mezzo alle strutture temporali, l'Opus Dei si dedica a far loro scoprire questa missione divina, mostrando che la vocazione umana — vale a dire, la vocazione professionale, famigliare, sociale — non si oppone alla vocazione soprannaturale, ma anzi è parte integrante di essa.

L'Opus Dei ha come unica ed esclusiva missione la diffusione di questo messaggio — che è un messaggio evangelico — in mezzo a tutte le persone che vivono e lavorano nel mondo, in qualsiasi ambiente e professione. E a coloro che comprendono questo ideale di santità, l'Opera fornisce i mezzi spirituali e la formazione dottrinale, ascetica e apostolica necessaria per realizzarlo nella propria vita.

I soci dell'Opus Dei non agiscono in gruppo ma individualmente, con libertà e responsabilità personali. L'Opus Dei non è quindi un'organizzazione chiusa o che comunque raggruppi i suoi soci per isolarli dagli altri uomini. Le attività apostoliche collettive proprie dell'Opus Dei — che sono le uniche che l'Opera dirige e delle quali si rende responsabile1 — sono aperte a ogni tipo di persona, senza discriminazioni di alcun genere, né sociali, né culturali, né religiose. E i soci, proprio perché devono santificarsi nel mondo, collaborano sempre con tutte le persone con cui sono in contatto attraverso il lavoro e la partecipazione alla vita civica.

Parte essenziale dello spirito cristiano è vivere non solo in unione con la Gerarchia ordinaria — Romano Pontefice ed Episcopato —, ma anche sentendo l'unità con gli altri fratelli nella fede. Da molto tempo ho visto che una delle maggiori iatture della Chiesa ai nostri giorni è l'ignoranza che hanno molti cattolici della vita e delle opinioni dei cattolici negli altri Paesi e negli altri ambienti della società. Bisogna far rivivere quella fraternità che i primi cristiani sentivano così profondamente. In tal modo ci sentiremo uniti, amando al tempo stesso la varietà delle vocazioni personali. E si eviteranno molti apprezzamenti ingiusti e offensivi che determinati gruppetti diffondono nell'opinione pubblica — in nome del cattolicesimo! — contro i loro fratelli nella fede che in realtà agiscono con rettitudine di intenzione e spirito di sacrificio, tenendo conto delle circostanze concrete del loro Paese.

È molto importante che ognuno si sforzi di essere fedele alla chiamata divina, perché solo cosi potrà contribuire al bene della Chiesa con il suo apporto specifico, in virtù del carisma ricevuto da Dio. Il compito proprio dei soci dell'Opus Dei — che sono dei comuni cristiani — è di santificare il mondo dal di dentro, partecipando alle più diverse attività umane. Dato che la loro appartenenza all'Opera non modifica in modo alcuno la loro situazione nel mondo, essi prendono parte, nel modo suggerito dalle diverse circostanze, alle celebrazioni religiose collettive, alla vita parrocchiale e così via. Anche sotto questo profilo essi sono dei comuni cittadini che vogliono essere dei buoni cattolici.

Ma in genere i soci dell'Opera non si dedicano ad attività confessionali; soltanto in casi eccezionali, dietro espressa richiesta della Gerarchia, qualcuno presta la propria collaborazione. E non bisogna credere che questo atteggiamento nasca dal desiderio di fare gli originali, e meno ancora dalla mancanza di considerazione per le attività confessionali; è semplicemente la conseguenza della necessità di occuparsi di ciò che è proprio della vocazione all'Opus Dei. Ci sono già molti religiosi e molti chierici, come anche molti zelanti laici, che si occupano di queste altre attività, dedicandovi i loro migliori sforzi.

Il lavoro proprio dei soci dell'Opera — il compito a cui si sanno chiamati da Dio — è diverso. Nell'ambito della vocazione universale alla santità, i membri dell'Opus Dei ricevono inoltre una vocazione speciale, che li induce a dedicarsi liberamente e responsabilmente alla ricerca della santità e all'esercizio dell'apostolato in mezzo al mondo, impegnandosi a incarnare uno spirito specifico e a ricevere, per tutta la vita, una formazione peculiare. Se trascurassero il proprio lavoro nel mondo per occuparsi delle attività ecclesiastiche, renderebbero sterili i doni divini che hanno ricevuto; con l'illusione di un'efficacia pastorale immediata, arrecherebbero un danno effettivo alla Chiesa: perché non ci sarebbero tanti cristiani che si dedicano a santificarsi in tutte le professioni e i mestieri della società civile, nel campo sconfinato del lavoro secolare.

Oltretutto, la pressante necessità di una ininterrotta formazione professionale e di una seria formazione religiosa, contando anche il tempo che ognuno personalmente dedica alle pratiche di pietà, alla preghiera e al compimento sacrificato dei doveri di stato, occupa tutta la vita: non ci sono ore libere.

Talvolta alcuni hanno parlato dell'Opus Dei come di un'organizzazione di aristocrazia intellettuale, che mira a penetrare negli ambienti politici, economici e culturali più elevati, per controllarli dal di dentro, sia pure a fin di bene. È vero?

Quasi tutte le istituzioni che hanno portato un messaggio nuovo o che si sono impegnate per servire seriamente l'umanità vivendo pienamente il cristianesimo, hanno sofferto l'incomprensione, soprattutto agli inizi. Ecco come si spiega che, al principio, alcuni non comprendessero la dottrina sull'apostolato dei laici che l'Opus Dei viveva e proclamava.

Devo aggiungere — anche se non mi piace affatto parlare di queste cose — che nel nostro caso c'è stata oltretutto una campagna di diffamazione organizzata e pertinace: ci furono alcuni che dissero che agivamo in segreto — magari erano proprio loro che facevano così —, che volevamo occupare posti di rilievo, ecc. Posso anche precisare che questa campagna ebbe inizio circa trent'anni fa, ad opera di un religioso spagnolo che in seguito abbandonò il suo Ordine e la Chiesa, si sposò civilmente e ora è pastore protestante. Una volta lanciata, la calunnia continua a vivere per inerzia durante un certo tempo, perché c'è chi scrive senza informarsi, e perché non tutti fanno come i giornalisti seri, che non si credono infallibili e hanno la lealtà di rettificare quando costatano la verità. E così è successo, anche se queste calunnie erano smentite da una realtà che tutti hanno potuto verificare; a parte il fatto che già a prima vista risultavano incredibili. Basti dire che le dicerie cui lei si è riferito riguardano solo la Spagna; e, evidentemente, pensare che un'istituzione internazionale come l'Opus Dei graviti attorno ai problemi di un solo Paese, è una dimostrazione di miopia, di provincialismo. D'altra parte, la maggioranza dei soci dell'Opus Dei — in Spagna e in tutti gli altri Paesi — sono casalinghe, operai, piccoli commercianti, impiegati, contadini, ecc. Sono persone, cioè, che fanno un lavoro che non ha uno speciale peso politico o sociale. Il fatto che ci sia un gran numero di operai fra i soci dell'Opera non fa scalpore; che ci sia qualche uomo politico, invece sì. In realtà per me la vocazione all'Opus Dei di un facchino è tanto importante come quella di un dirigente di azienda. La vocazione è Dio che la dà, e nelle opere di Dio non c'è posto per le discriminazioni; e meno che mai per quelle di tipo demagogico.

Coloro che, vedendo i soci dell'Opus Dei impegnati nei più diversi campi del lavoro umano, non pensano ad altro che a pretese influenze e controlli, dimostrano di avere un concetto assai meschino della vita cristiana. L'Opus Dei non domina né pretende di dominare nessuna attività temporale. Desidera soltanto diffondere un messaggio evangelico, cioè che Dio vuole che tutti gli uomini che vivono nel mondo lo amino e lo servano prendendo occasione proprio dalle loro attività terrene. Di conseguenza, i soci dell'Opera, che sono comuni cristiani, lavorano dove credono meglio e come credono meglio; l'opera si occupa solo di aiutarli dal punto di vista spirituale, in modo che agiscano sempre con coscienza cristiana.

Nel corso dell'intervista, lei ci ha commentato vari e importanti aspetti della vita umana e in particolare della vita della donna, e ci ha fatto notare in che modo li valuta lo spirito dell'Opus Dei. Potrebbe dirci, per terminare, come pensa che si debba promuovere il ruolo della donna nella vita della Chiesa?

Non nascondo che di fronte a una domanda di questo tipo, sento, contrariamente alla mia abitudine, la tentazione di rispondere in modo polemico, perché ci sono persone che adoperano questa terminologia in maniera clericale, usando la parola Chiesa come sinonimo di qualcosa che appartiene al clero, alla Gerarchia ecclesiastica. Così, per partecipazione alla vita della Chiesa intendono solo o principalmente l'aiuto prestato alla vita parrocchiale, la collaborazione ad associazioni "con mandato" della Gerarchia, l'assistenza attiva alle funzioni liturgiche, e cose del genere.

Coloro che pensano così dimenticano all'atto pratico — anche se forse lo proclamano in teoria — che la Chiesa è la totalità del popolo di Dio, l'assieme di tutti i cristiani; e che pertanto, ovunque un cristiano si sforza di vivere in nome di Gesù Cristo, là è presente la Chiesa.

Con ciò non intendo minimizzare l'importanza della collaborazione che la donna può prestare alla vita della struttura ecclesiastica. La considero anzi imprescindibile. Ho dedicato tutta la vita a difendere la pienezza della vocazione cristiana dei laici (cioè degli uomini e delle donne comuni, che vivono in mezzo al mondo) e a promuovere, pertanto, il pieno riconoscimento teologico e giuridico della loro missione nella Chiesa e nel mondo.

Voglio solo far notare che c'è chi vorrebbe imporre una riduzione ingiustificata di tale collaborazione; e mi preme rilevare che il comune cristiano, sia uomo o donna, può svolgere la propria missione specifica, anche quella che gli spetta all'interno della struttura ecclesiale, solo a condizione di non clericalizzarsi, di continuare cioè ad essere secolare, ad essere persona che con normalità vive nel mondo e partecipa alle vicende del mondo.

Ai milioni di cristiani, uomini e donne, che riempiono la terra, spetta il compito di condurre a Cristo tutte le attività umane, annunciando con la propria vita che Dio ama tutti e tutti vuole salvare. Pertanto, il modo migliore di partecipare alla vita della Chiesa — il più importante, e quello che in ogni caso dev'essere il fondamento di tutti gli altri — è essere integralmente cristiani nel posto assegnato dalla vita, nel posto in cui la vocazione umana ci ha condotti.

Mi commuove pensare a tanti cristiani e a tante cristiane che, forse senza proporselo in modo esplicito, vivono con semplicità la vita ordinaria, cercando di incarnare in essa la Volontà di Dio. Renderli consapevoli di quanto sia eccelsa la loro vita; rivelare loro che ciò che sembra privo di importanza ha un valore di eternità; insegnare ad ascoltare più attentamente la voce di Dio che parla loro attraverso fatti e situazioni, è qualcosa di cui oggi ha urgente necessità la Chiesa, perché a questo la sta spingendo Dio.

Cristianizzare dal di dentro il mondo intero, dimostrando che Gesù ha redento tutta l'umanità: ecco la missione del cristiano. E la donna vi parteciperà nel modo che le è proprio, sia nella casa che nelle varie occupazioni ove realizza le sue capacità peculiari.

La cosa essenziale è dunque che si viva, come Maria Santissima — donna, Vergine e Madre —, al cospetto di Dio, pronunciando quel fiat mihi secundum verbum tuum (Lc 1, 38) da cui dipende la fedeltà alla vocazione personale, sempre unica e intrasferibile, e che ci rende cooperatori dell'opera di salvezza che Dio realizza in noi e nel mondo intero.