Elenco di punti

Ci sono 8 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Amore di Dio → Dio è Amore.

Siamo alla soglia della Settimana Santa, si attualizza il momento in cui la Redenzione di tutta l'umanità si compie sul Calvario. È un tempo particolarmente propizio perché tu e io soffermiamo la nostra considerazione sulle vie attraverso le quali Gesù, Signore nostro, ci ha salvato; perché tu e io contempliamo il suo amore — davvero ineffabile — verso creature povere come noi, formate col fango della terra.

Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris (Rito della imposizione delle ceneri [cfr Gn 3, 9]): la Chiesa, nostra Madre, ci ha rivolto questo monito all'inizio della Quaresima per non farci mai dimenticare che siamo ben poca cosa, che un certo giorno il nostro corpo — adesso così pieno di vita — si disfarà, come la nuvoletta di polvere sollevata dai nostri piedi mentre camminiamo: Si disperderà come nebbia scacciata dai raggi del sole (Sap 2, 4).

Ma dopo avervi ricordato senza mezzi termini la nostra personale inconsistenza, voglio anche esaltare davanti ai vostri occhi un'altra realtà, stupenda: la magnificenza divina che ci sostiene e ci divinizza. Ascoltate le parole dell'Apostolo: Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2 Cor 8, 9). Se osservate con calma interiore l'esempio del Maestro, vi renderete immediatamente conto di avere a disposizione un tema di meditazione che un'intera vita è insufficiente ad esaurire, concretando sinceri propositi di essere più generosi. Perché — e non dovete mai perdere di vista la meta da raggiungere — ciascuno di noi deve identificarsi con Gesù Cristo, il quale — come avete sentito — si è reso povero per te, per me, e ha sofferto per darci l'esempio, per farci seguire le sue orme (cfr 1 Pt 2, 21).

Confuso tra la folla, uno di quei periti della Legge che non riuscivano più a riconoscere gli insegnamenti che erano stati rivelati a Mosè, poiché loro stessi li avevano ingarbugliati in una sterile casistica, ha rivolto una domanda al Signore. Gesù schiude le sue labbra divine per rispondere al dottore della Legge, e gli dice lentamente, con la sicura certezza che viene da una profonda esperienza personale: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti (Mt 22, 37-40).

Osservate adesso un'altra scena: il Maestro è riunito con i suoi discepoli, nell'intimità del Cenacolo. Mentre si avvicina il momento della Passione, il Cuore di Cristo, circondato da coloro che ama, manda ineffabili bagliori di fiamma: Vi do un comandamento nuovo — confida ai suoi —: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 34-35).

Per giungere vicino al Signore attraverso le pagine del santo Vangelo, raccomando sempre di sforzarvi di 'entrare' nella scena in modo da parteciparvi come un personaggio tra gli altri. In tal modo — molte anime semplici e normali, di mia conoscenza, lo fanno con naturalezza — vi immedesimerete con Maria, che pende dalle parole di Gesù, oppure, come Marta, avrete il coraggio di esporgli con sincerità le vostre inquietudini, anche le più minute (cfr Lc 10, 39-40).

Signore, perché dici "nuovo" questo comandamento? Abbiamo appena ascoltato che l'amore verso il prossimo era prescritto già nell'Antico Testamento, e certamente ricorderete che Gesù, all'inizio della vita pubblica, aveva ampliato con divina generosità, queste esigenze: Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori (Mt 5, 43-44).

Signore, consentici di insistere: perché ancora chiami "nuovo" questo precetto? Quella notte, poche ore prima di immolarti sulla Croce, durante quell'indimenticabile colloquio con coloro che — nonostante le loro miserie e debolezze personali, così simili alle nostre — ti hanno accompagnato fino a Gerusalemme, Tu ci hai rivelato la misura insospettata della carità: Come io vi ho amato. Come ti capivano bene gli Apostoli, che erano stati testimoni del tuo amore insondabile! L'annuncio e l'esempio del Maestro sono chiari, precisi. Ha sottolineato con le opere la dottrina. Tuttavia, molte volte ho pensato che, dopo venti secoli, il comandamento continua ad essere "nuovo", perché ben pochi sono gli uomini che si sono presi cura di metterlo in pratica; gli altri, la maggioranza, hanno preferito e preferiscono non darsi per intesi. Con egoismo esasperato giungono a concludere: «Perché tante complicazioni? È già troppo se riesco a badare a me stesso».

Questo atteggiamento è inammissibile per i cristiani. Se professiamo la stessa fede, se davvero vogliamo ricalcare le nitide impronte lasciate sulla terra dai passi di Cristo, non dobbiamo accontentarci di evitare agli altri il male che non auguriamo a noi stessi. Questo è già molto, ma è ancora poco, se capiamo che la misura del nostro amore è definita dal comportamento di Gesù. Egli, inoltre, non ci propone questa norma di condotta come una meta lontana, come il coronamento di tutta una vita di lotta. È — deve esserlo, insisto, perché tu lo traduca in propositi concreti — il punto di partenza, perché Gesù nostro Signore lo addita come contrassegno: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli.

Gesù Cristo, Signore nostro, si è incarnato e ha assunto la nostra natura per proporsi all'umanità come modello di tutte le virtù. Imparate da me — è l'invito — che sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29).

In seguito, quando spiega agli Apostoli il segno da cui saranno riconosciuti come cristiani, non dice: «Perché siete umili». Egli è la purezza più sublime, l'Agnello immacolato. Nulla poteva macchiare la sua santità perfetta, senza ombra (cfr Gv 8, 46). Eppure non dice: «Capiranno che siete miei discepoli perché siete casti e puri». Ha camminato per il mondo nel più completo distacco dai beni della terra. Egli era il Creatore e il Signore dell'universo, e non aveva neppure dove posare il capo (cfr Mt 8, 20). Ma non dice: «Vi riconosceranno come miei, perché non vi siete attaccati alle ricchezze». Rimane per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, digiunando rigorosamente (cfr Mt 4, 2), prima di dedicarsi alla predicazione del Vangelo. E, ancora, non dice ai suoi: «Capiranno che servite il Signore perché non siete mangioni né beoni». La caratteristica distintiva degli Apostoli, dei veri cristiani di ogni tempo, l'abbiamo ascoltata: Da questo — proprio da questo — tuttisapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35).

Trovo perfettamente logico che i figli di Dio siano sempre rimasti colpiti — anche tu e io lo siamo, in questo momento — da quel modo di insistere del Maestro. Il Signore non stabilisce, come prova della fedeltà dei suoi discepoli, i prodigi e i miracoli strepitosi, benché abbia loro conferito il potere di compierli, nello Spirito Santo. Che cosa dice loro? Capiranno che siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente (SAN BASILIO, Regulae fusius tractatae, 3, 1 [PG 31, 918]).

Non è commovente che l'apostolo Giovanni, ormai anziano, utilizzi la maggior parte delle sue lettere per raccomandarci di comportarci secondo questa dottrina divina? L'amore che deve unire i cristiani fra di loro nasce da Dio, che è Amore. Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è Amore (1 Gv 4, 7-8). Si sofferma sulla carità fraterna, perché Cristo ci ha resi figli di Dio: Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! (1 Gv 3, 1).

E, mentre scuote con forza le nostre coscienze, per renderle più sensibili alla grazia divina, insiste sulla prova meravigliosa dell'amore del Padre per gli uomini: In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché noi avessimo la vita per lui (1 Gv 4, 9). Il Signore ha preso l'iniziativa, ci è venuto incontro. Ci ha dato questo esempio, affinché con Lui ci applichiamo al servizio del prossimo, affinché — mi piace ripeterlo — stendiamo generosamente il nostro cuore sul pavimento, per consentire agli altri di camminare sul soffice, e risulti loro più gradevole la lotta ascetica. Dobbiamo comportarci così perché siamo stati resi figli del medesimo Padre, di un Padre che non ha esitato a darci il suo Figlio amatissimo.

Di che amore si tratta? La Sacra Scrittura parla di dilectio, per far capire bene che non si riferisce soltanto all'affetto sensibile. Dilectio esprime piuttosto una determinazione forte della volontà. Dilectio, infatti, deriva da electio, scelta. Aggiungerei che amare da cristiani significa volere voler bene, decidersi in Cristo a cercare il bene delle anime senza discriminazioni di sorta, procurando loro, innanzitutto, la cosa migliore: portarli alla conoscenza di Cristo, innamorarli di Lui.

Il Signore ci sprona: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori (Mt 5, 44). Possiamo non sentirci umanamente attratti dalle persone che ci respingerebbero se li avvicinassimo. Ma Gesù esige da noi che non restituiamo male per male; che non lasciamo cadere le occasioni di servire gli altri di tutto cuore, anche se ci costa; che non cessiamo mai di tenerli presenti nelle nostre preghiere. La dilectio, la carità, acquista sfumature ancora più toccanti quando si riferisce ai nostri fratelli di fede, e specialmente a coloro che, per disposizione divina, lavorano più vicino a noi: i genitori, il marito o la moglie, i figli e i fratelli, gli amici e i colleghi, i vicini. Se non ci fosse questo affetto, questo amore umano nobile e pulito, ordinato a Dio e fondato in Lui, non ci sarebbe carità.

Ci siamo convinti che la carità non ha niente a che vedere con la caricatura che talvolta si è preteso di fare della virtù centrale della vita del cristiano. E allora, perché è necessario predicarla continuamente? È forse un tema obbligato, ma con poche possibilità di tradursi in fatti concreti?

Se ci guardiamo intorno, forse avremmo motivo di ritenere che la carità sia una virtù illusoria. Ma, se consideri le cose con senso soprannaturale, scoprirai la radice di tanta sterilità: la mancanza di un rapporto intenso e continuo: a tu per Tu, con Gesù Cristo, nostro Signore; e il misconoscimento dell'opera dello Spirito Santo nell'anima, il cui primo frutto è appunto la carità.

Accogliendo un'esortazione dell'Apostolo — Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo (Gal 6, 2) —, un Padre della Chiesa aggiunge: Amando Cristo sopporteremo con facilità la debolezza degli altri, anche di chi ancora non amiamo perché non ha opere buone (SANT'AGOSTINO, De diversis questionibus, LXXXIII, 71, 7 [PL 40, 83]).

Da qui si inerpica il sentiero che ci fa crescere nella carità. Se pensassimo che la prima cosa da fare sia esercitarci in attività umanitarie, in lavori di assistenza, escludendo l'amore di Dio, saremmo in errore. Non trascuriamo Cristo per preoccuparci della malattia del nostro prossimo, giacché dobbiamo amare il malato a motivo di Cristo (SANT'AGOSTINO, ibidem).

Mantenete sempre lo sguardo su Gesù che, senza lasciare di essere Dio, umiliò se stesso prendendo la forma di servo (cfr Fil 2, 6-7), per poterci servire, perché soltanto in questa direzione si dischiudono gli ideali che vale la pena alimentare. L'amore cerca l'unione, I'identificazione con la persona amata: e, unendoci a Cristo, saremo attratti dall'anelito di imitare la sua vita di dedizione, di amore incommensurabile, di sacrificio fino alla morte. Cristo ci mette davanti al dilemma definitivo: o consumare la propria esistenza in modo egoistico e solitario, o dedicarsi con tutte le forze a un compito di servizio.

Chiediamo adesso al Signore, a conclusione di questa conversazione con Lui, di concederci di poter ripetere con san Paolo: Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore (Rm 8, 37-39).

A questo amore la Scrittura innalza un canto con parole ardenti: Le grandi acque non possono spegnere l'amore, né i fiumi travolgerlo (Ct 8, 7). Questo amore ha sempre ricolmato il Cuore della Madonna, tanto da arricchirla di viscere di maternità per l'umanità tutta. Nella Vergine, l'amore a Dio si confonde con la sollecitudine per tutti i suoi figli. Molto dovette soffrire il suo Cuore dolcissimo, attento ai più piccoli dettagli — non hanno vino (Gv 2, 3) — nell'assistere alla crudeltà collettiva, all'accanimento dei carnefici, nella Passione e Morte di Gesù. Maria non parla. Come suo Figlio, ama, tace e perdona. Questa è la forza dell'amore.