Elenco di punti

Ci sono 3 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Unità di vita → sincerità di vita.

 Soffro molto al pensiero di cattolici — figli di Dio che, attraverso il battesimo, sono singolarmente chiamati ad essere un altro Cristo — i quali tranquillizzano la loro coscienza con una vita di pietà meramente formalistica, con una 'religiosità' che li induce a pregare solo di quando in quando, e soltanto se pensano di trarne vantaggio; ad assistere alla santa Messa nei giorni di precetto — e neppure in tutti —, mentre puntualmente curano la tranquillità del loro stomaco con pasti a ore fisse; a cedere nella fede, a barattarla con un piatto di lenticchie, pur di non rinunciare alla loro posizione… E poi, sfacciatamente e scandalosamente, utilizzano l'etichetta di cristiani per raggiungere i primi posti. No! Non accontentiamoci delle etichette: voglio che siate cristiani dalla testa ai piedi, tutti d'un pezzo; e, per esserlo, dovete cercare, senza concessioni, l'alimento spirituale adeguato.

Per esperienza personale sapete bene — e me lo avete sentito ripetere spesso, per prevenire scoraggiamenti — che la vita interiore consiste nel cominciare e ricominciare ogni giorno; e nel vostro cuore sentite, come lo sento io, che dobbiamo lottare incessantemente. Nel vostro esame di coscienza avrete notato — succede anche a me: scusate questi riferimenti personali, ma mentre vi parlo faccio con il Signore un ripasso dei bisogni della mia anima — che subite ripetutamente delle piccole sconfitte, e talvolta vi viene da pensare che esulano dal comune, perché denotano un'evidente mancanza d'amore, di impegno, di spirito di sacrificio, di delicatezza. Alimentate i desideri di riparazione con un sincero spirito di contrizione, ma — ve lo chiedo — non perdete la pace.

Et viam Dei in veritate doces (Mt 22, 16); insegnare, insegnare, insegnare: indicare i cammini di Dio secondo verità. Non devi aver paura che gli altri vedano i tuoi difetti personali, i tuoi e i miei; io ci tengo a renderli pubblici, raccontando la mia lotta ascetica personale, il mio desiderio di rettificare in questo o quel punto della mia battaglia per essere leale verso il Signore. Lo sforzo per sradicare e vincere le nostre miserie sarà già un modo per indicare agli altri i sentieri divini: innanzitutto, e nonostante i nostri errori evidenti, con la testimonianza della nostra vita; e poi con la dottrina, come Gesù nostro Signore, che coepit facere et docere (At 1, 1), cominciò con le opere, e in seguito si dedicò alla predicazione.

Dopo avervi confermato che il sacerdote che vi sta parlando vi vuole molto bene e che il Padre celeste ve ne vuole tanto di più, perché è infinitamente buono, infinitamente Padre; dopo avervi detto che non ho niente da rimproverarvi, vi dico anche che considero mio dovere di aiutarvi ad amare Gesù Cristo e la Chiesa, suo gregge, perché in questo credo che non mi superate: mi emulate, ma non mi superate. Quando nella predicazione o nelle conversazioni personali segnalo qualche errore, non è per far soffrire; sono mosso esclusivamente dal desiderio che tutti amiamo di più il Signore. E, nell'insistere sulla necessità di mettere in pratica le virtù, non perdo di vista che questa necessità è urgente anche per me.

Una volta, ho sentito un superficiale commentare che l'esperienza delle cadute serve per cadere di nuovo, nello stesso errore, cento volte. Io vi dico, invece, che una persona prudente trae profitto dai suoi rovesci per fare esperienza, per imparare ad agire bene, per rinnovare la decisione di essere più santo. Dall'esperienza dei vostri fallimenti e dei vostri successi nel servizio di Dio, dovete sempre trarre, con un aumento nell'amore, il desiderio più fermo di continuare a svolgere i vostri doveri e i vostri diritti di cittadini cristiani, a qualunque costo; senza vigliaccherie, senza rifuggire né dall'onore né dalla responsabilità, senza spaventarci per le reazioni che ci si alzano intorno — magari per opera di falsi fratelli —, se nobilmente e con lealtà ci sforziamo di cercare la gloria di Dio e il bene del prossimo.

Dunque, dobbiamo essere prudenti. Perché? Per essere giusti, per vivere la carità, per servire efficacemente Dio e tutte le anime. Molto giustamente la prudenza è stata chiamata genitrix virtutum (SAN TOMMASO D'AQUINO, In III Sententiarum, dist. 33, q. 2, a. 5), madre delle virtù, e anche auriga virtutum (SAN BERNARDO, Sermones in Cantica Canticorum, 49, 5 [PL 183, 1018]), guidatrice di tutte le abitudini buone.

Riferimenti alla Sacra Scrittura