Elenco di punti

Ci sono 4 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Lavoro → lavoro ben fatto.

Cominciare è di molti; portare a termine è di pochi. Fra questi pochi dobbiamo esserci noi, che cerchiamo di comportarci da figli di Dio. Non dimenticatelo: soltanto i lavori ultimati con amore, completati bene, meritano le parole di elogio del Signore, che si leggono nella Sacra Scrittura: Meglio la fine di una cosa che il suo principio (Qo 7, 8).

Voglio ricordarvi un aneddoto che forse già sapete, ma che mi piace ripetere perché è molto espressivo e ricco di insegnamenti. Una volta, mi misi a cercare nel Rituale romano la formula per la benedizione dell'ultima pietra di un edificio, la pietra più importante, perché riassume, simbolicamente, il lavoro intenso, coraggioso e perseverante di molte persone, per molti anni. Rimasi molto sorpreso nel costatare che non esisteva; bisognava accontentarsi di una benedictio ad omnia, di una benedizione generica. Una lacuna simile mi sembrava impossibile e ripassai ripetutamente, ma invano, l'indice del Rituale.

Molti cristiani hanno smarrito la convinzione che l'integrità di vita, richiesta dal Signore ai suoi figli, esige una cura autentica nell'adempimento dei propri compiti, che devono essere santificati, fino ai dettagli più minuti.

Non possiamo offrire al Signore cose che, pur con le povere limitazioni umane, non siano perfette, senza macchia, compiute con attenzione anche nei minimi particolari: Dio non accetta le raffazzonature. Non offrirete nulla con qualche difetto, ammonisce la Sacra Scrittura, perché non sarebbe gradito (Lv 22, 20). Pertanto, il lavoro di ciascuno, il lavoro che impiega le nostre giornate e le nostre energie, deve essere un'offerta degna per il Creatore, operatio Dei, lavoro di Dio e per Dio: in una parola, deve essere un'opera completa, impeccabile.

Non sto parlando di ideali astratti. Mi attengo a una realtà molto concreta, di capitale importanza, capace di trasformare l'ambiente più pagano e più ostile alle richieste divine, come avvenne nei primi tempi dell'era della salvezza. Assaporate le parole di un autore anonimo di quell'epoca, che così riassume la grandezza della nostra vocazione: I cristiani sono nel mondo ciò che l'anima è nel corpo. Vivono nel mondo, ma non sono mondani, come l'anima è nel corpo, ma non è corporea. Abitano in tutti i luoghi, come l'anima è in tutte le parti del corpo. Agiscono per una forza interiore che non si vede, come l'anima, quantunque invisibile, agisce per la sua essenza … Vivono come pellegrini fra le cose periture nella speranza dell'incorruttibilità dei cieli, come l'anima immortale vive ora in una tenda mortale. Si moltiplicano sempre di più nelle persecuzioni di tutti i giorni, come l'anima si abbellisce nella mortificazione quotidiana del corpo. Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio nel mondo, e non è lecito disertarlo, come all'anima non è consentito separarsi volontariamente dal corpo (Epistola ad Diognetum, 6 [PG 2, 1175]).

Pertanto, sbaglieremmo strada se ci disinteressassimo delle occupazioni terrene: anche in esse il Signore vi attende: potete star sicuri che attraverso le circostanze della vita quotidiana, ordinate o consentite dalla Provvidenza nella sua sapienza infinita, noi uomini dobbiamo avvicinarci a Dio. Non raggiungeremo questo scopo se non siamo disposti a portare bene a termine il nostro compito; se non perseveriamo sullo slancio del lavoro incominciato con passione umana e soprannaturale; se non svolgiamo le nostre mansioni come il migliore dei nostri colleghi e, se possibile — se davvero lo vuoi, vedrai che è possibile —, ancor meglio del migliore, perché impiegheremo tutti i mezzi umani onesti e i mezzi spirituali necessari, per offrire al Signore un lavoro fragrante di premure, eseguito fin nei dettagli come una filigrana, in tutto completo.

Ricordo anche il periodo del mio soggiorno a Burgos, nella stessa epoca. Venivano in molti a trascorrere qualche giorno con me, approfittando dei permessi, mentre altri erano di stanza nelle caserme della zona. Come alloggio condividevo, con alcuni miei figli, un'unica stanza di un albergo sgangherato e, pur non disponendo nemmeno dello stretto indispensabile, ci organizzavamo in modo che quelli che venivano — ed erano centinaia — trovassero il necessario per riposare e ritemprarsi.

Avevo l'abitudine di passeggiare lungo le rive dell'Arlanzón per parlare con quei giovani, per ascoltare le loro confidenze, per orientarli con il consiglio opportuno che li confermasse o aprisse loro nuovi orizzonti di vita interiore; e sempre, con l'aiuto di Dio, li incoraggiavo, li stimolavo, li appassionavo alla loro vita di cristiani. Talvolta le nostre camminate giungevano fino al monastero di Las Huelgas; in altre occasioni facevamo una capatina nella cattedrale.

Mi piaceva salire su una delle sue torri, per far contemplare da vicino a quei ragazzi la selva di guglie, un autentico ricamo di pietra, frutto di un lavoro paziente, faticoso. In quelle conversazioni facevo notare che tutta quella meraviglia non era visibile dal basso. E, per materializzare ciò che tanto spesso avevo loro spiegato, commentavo: questo è il lavoro di Dio, l'opera di Dio!: portare a termine il lavoro professionale con perfezione, in bellezza, con la grazia di questi delicati merletti di pietra. Capivano, davanti a una realtà così palese, che tutto quello era preghiera, un bellissimo dialogo con il Signore. Coloro che spesero le loro forze in quel lavoro, sapevano perfettamente che dalle strade della città nessuno si sarebbe reso conto del loro sforzo: era soltanto per il Signore. Capisci adesso come la vocazione professionale può avvicinare a Dio? Fa' anche tu come quegli scalpellini, e anche il tuo lavoro sarà operatio Dei, un lavoro umano con viscere e fisionomia divine.

Convinti che Dio è dappertutto, noi coltiviamo i campi lodando il Signore, solchiamo i mari ed esercitiamo ogni altro mestiere cantando le sue misericordie (CLEMENTE ALESSANDRINO, Stromata, 7, 7 [PG 9, 451]).

In questo modo restiamo uniti a Dio in ogni momento. Anche se vi trovate isolati, lontani dal vostro ambiente abituale — come quei ragazzi in trincea —, vivrete messi nel Signore grazie al lavoro personale, generoso e continuo, che saprete trasformare in orazione, perché lo incomincerete e lo concluderete alla presenza di Dio Padre, di Dio Figlio e di Dio Spirito Santo.

Ma non dimenticate che siete anche alla presenza degli uomini, i quali attendono da voi — da te! — una testimonianza cristiana. Pertanto, nel lavoro professionale, nelle cose umane, dobbiamo agire in modo tale da non doverci vergognare se ci vedesse all'opera chi ci conosce e ci ama, chi potrebbe arrossire di noi. Se vi comporterete secondo lo spirito che cerco di insegnarvi, non disgusterete chi ha posto fiducia in voi, e voi stessi non dovrete arrossire: non vi succederà come all'uomo della parabola che si mise a costruire una torre: Gettate le fondamenta e non potendo finire il lavoro, i passanti cominciano a deriderlo, dicendo: «Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro» (Lc 14, 29-30).

Vi assicuro che, se non perdete il punto di mira soprannaturale, coronerete il vostro lavoro, porterete a termine la vostra cattedrale, fino all'ultima pietra.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
Riferimenti alla Sacra Scrittura