Elenco di punti

Ci sono 5 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Superbia → distacco da sé stessi e libertà.

 Anche a me, come al Signore, piace molto parlare di barche e di reti, per far sì che tutti ricaviamo dalle scene evangeliche propositi fermi e ben precisi. San Luca ci racconta di certi pescatori che lavavano e rammendavano le reti lungo le rive del lago di Genezaret. Gesù si avvicina alle barche attraccate lungo la riva ed entra in una di esse, quella di Simone. Con quanta naturalezza il Maestro entra nella barca di ciascuno di noi! Per complicarci la vita, come si sente commentare in tono di lamento. Il Signore ha incontrato voi e me sulla nostra stessa strada, per complicarci l'esistenza delicatamente, amorosamente.

Dopo aver predicato dalla barca di Pietro, si rivolge ai pescatori: Duc in altum, et laxate retia vestra in capturam! (Lc 5, 4), prendete il largo, e gettate le reti. Fiduciosi nella parola di Cristo, obbediscono, e ottengono quella pesca prodigiosa.

E guardando Pietro che, come Giacomo e Giovanni, non riusciva a capacitarsi, il Signore spiega: «Non temere; da ora in poi sarai pescatore di uomini». Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono (Lc 5, 10-11).

La tua barca — i tuoi talenti, le tue aspirazioni, i tuoi successi — non vale niente se non la metti a disposizione di Gesù Cristo, se non lasci che Egli vi salga dentro liberamente, se la trasformi in idolo. Tu da solo, con la tua barca, se fai a meno del Maestro, soprannaturalmente parlando, viaggi dritto al naufragio. Soltanto se accetti, se cerchi la presenza e la guida del Signore, sarai al riparo dalle tempeste e dai frangenti della vita. Metti tutto nelle mani di Dio: i tuoi pensieri, le belle avventure della tua fantasia, le tue nobili ambizioni umane, i tuoi amori puliti, devono passare per il cuore di Cristo. Altrimenti, presto o tardi, coleranno a picco col tuo egoismo.

Se accetti che Dio comandi sulla tua barca, che sia Lui il padrone…, che sicurezza! Anche quando sembra assente, quando sembra addormentato, quando sembra non darsi pensiero, mentre si leva la tempesta nelle tenebre più fitte. San Marco racconta che gli apostoli ebbero a trovarsi in circostanze simili; e Gesù, vedendoli tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro, camminando sul mare… «Coraggio, sono io, non temete!». Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò (Mc 6, 48, 50-51).

Figli miei, succedono tante cose sulla terra…! Potrei dirvi delle pene, delle sofferenze, dei maltrattamenti, del martirio — non sto esagerando —, dell'eroismo di tante anime. Davanti ai nostri occhi, nella nostra mente, talvolta prende corpo l'impressione che Gesù dorma, che non ci stia a sentire; ma san Luca racconta come Gesù si comporta con i suoi amici: Ora, mentre i discepoli navigavano, egli si addormentò. Un turbine di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo. Accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Maestro, maestro, siamo perduti!». E lui, destatosi, sgridò il vento e i flutti minacciosi; essi cessarono e si fece bonaccia. Allora disse loro: «Dov'è la vostra fede?» (Lc 8, 23-25).

Se noi ci diamo, Egli ci si dà. Bisogna avere piena fiducia nel Maestro, abbandonarsi nelle sue mani senza lesinare; dimostrargli, con le opere, che la barca è sua; che vogliamo che Egli disponga a suo piacimento di tutto ciò che ci appartiene.

Concludo, ricorrendo all'intercessione della Madonna, con questi propositi: vivere di fede; perseverare nella speranza; restare uniti a Cristo; amarlo davvero, davvero, davvero; per seguire e gustare la nostra avventura d'Amore, perché siamo innamorati di Dio; lasciare che Cristo entri nella nostra povera barca, e prenda possesso della nostra anima come Signore e Padrone; dimostrargli sinceramente che ci sforziamo di mantenerci sempre alla sua presenza, giorno e notte, perché Egli ci ha chiamati alla fede: Ecce ego quia vocasti me! (1 Sam 3, 6, 8), e veniamo nel suo ovile, attratti dai suoi richiami di Buon Pastore, con la certezza che soltanto sotto la sua ombra troveremo la vera felicità temporale e sempiterna.

Ma, mi direte, quando abbiamo raggiunto ciò che amiamo con tutta l'anima, smettiamo di cercare. La libertà, in tal caso, è scomparsa? Vi assicuro che proprio allora la libertà è più operativa che mai, perché l'amore non si accontenta di adempimenti abitudinari, e non è compatibile con il tedio o l'apatia. Amare significa ricominciare ogni giorno a servire, con segni operativi di affetto.

Insisto, vorrei inciderlo a fuoco in tutti: la libertà e il dono di sé non sono contraddittori; si sostengono a vicenda. La libertà si può cedere soltanto per amore; non riesco a concepire altro genere di concessione. Non è un gioco di parole, più o meno felice. Nel dono di sé volontario, in ogni istante della dedicazione, la libertà rinnova l'amore, e rinnovarsi significa essere sempre giovane, generoso, capace di grandi ideali e di grandi sacrifici. Ricordo la gioia che provai quando venni a sapere che in portoghese i giovani sono chiamati os novos. Sono nuovi davvero. E io, che ho compiuto molti anni, posso dirvi che, nel rivolgermi ai piedi dell'altare al Dio che allieta la mia giovinezza (Sal 42, 4), mi sento molto giovane, e so che non mi riterrò mai vecchio; perché, se resto fedele al mio Dio, l'Amore mi vivificherà continuamente; la mia giovinezza si rinnoverà, come quella dell'aquila (cfr Sal 102, 5).

Per amore alla libertà, ci leghiamo. Soltanto la superbia può credere che quei legami siano pesanti come catene. La vera umiltà, insegnataci da Colui che è mite e umile di cuore, ci assicura che il suo giogo è soave e il suo peso leggero (cfr Mt 11, 29-30): il giogo è la libertà, il giogo è l'amore, il giogo è l'unità, il giogo è la Vita che Egli ci ha acquistato sulla Croce.

In questa prospettiva, convincetevi che se davvero vogliamo seguire il Signore da vicino e prestare un servizio autentico a Dio e a tutta l'umanità, dobbiamo sul serio essere distaccati da noi stessi: dai doni dell'intelligenza, dalla salute, dall'onore, dalle nobili ambizioni, dai trionfi, dai successi.

Alludo anche — perché la tua determinazione deve arrivare a questo punto — alla bella aspirazione di cercare esclusivamente di dare a Dio tutta la gloria e di rendergli lode. La nostra volontà deve seguire questa regola chiara e precisa: «Signore, voglio questo o quest'altro soltanto se a Te piace; altrimenti, che me ne faccio?». In questo modo assestiamo un colpo mortale all'egoismo e alla vanità che serpeggiano in ogni coscienza, e nel contempo raggiungiamo la vera pace dell'anima, con un distacco che conduce al possesso di Dio, sempre più intimo e intenso.

Per imitare Gesù Cristo, il cuore deve essere interamente libero da ogni attaccamento. Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Quale vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? (Mt 16, 24-26). E san Gregorio Magno commenta: Non basta abbandonare ciò che si possiede se poi non ci stacchiamo da noi stessi. Che significa questo distacco da sé? Se abbandoniamo noi stessi dove andremo al di fuori di noi? Chi può andare se già ha abbandonato se stesso? Teniamo però presente che diverso è lo stato della natura incorrotta da quello in cui siamo caduti a motivo del peccato, come diversa è la condizione di ciò che abbiamo fatto, da quella in cui siamo stati posti alla creazione. Dobbiamo abbandonare noi stessi come ci siamo ridotti a motivo del peccato e restare quali si- amo stati costituiti dall'opera della grazia. Se infatti un superbo diventa umile dopo la conversione a Cristo, abbandona se stesso; se un lussurioso muta vita e diviene casto, opera certo un distacco da sé; se un avaro smette di bramare ricchezze e impara a donare del suo mentre prima rubava agli altri, senza dubbio abbandona se stesso (SAN GREGORIO MAGNO, Homiliae in Evangelia, 32, 2 [PL 76, 1233]).

Il Signore chiede cuori generosi, animati da vero distacco. Ci riusciremo se scioglieremo risolutamente le funi o i fili sottili che ci tengono legati a noi stessi. Non vi nascondo che questa decisione richiede una lotta costante, un continuo superamento della propria intelligenza e della propria volontà, una rinuncia — in poche parole — più difficile dell'abbandono dei beni materiali più bramati.

Il distacco predicato dal Maestro e da lui richiesto a tutti i cristiani, comporta necessariamente anche delle manifestazioni esterne. Gesù Cristo coepit facere et docere (At 1, 1): ha annunciato la sua dottrina prima con le opere che con le parole. Lo avete visto nascere in una stalla, nella più assoluta indigenza, e dormire i suoi primi sonni su questa terra, adagiato sulla paglia di una mangiatoia. Poi, durante gli anni delle sue imprese apostoliche, ricorderete, fra molti altri esempi, il chiaro avvertimento che egli diede a uno che si era offerto di seguirlo come discepolo: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo (Lc 9, 58). E non dimenticate di contemplare la scena, riportata dal Vangelo, in cui gli Apostoli, per mitigare la fame, colgono in giorno di sabato delle spighe di grano lungo la via (cfr Mc 2, 23).