Elenco di punti

Ci sono 6 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Naturalezza → nel distacco e nella mortificazione.

Noi siamo gente della strada, cristiani qualsiasi, inseriti nel sistema circolatorio della società, e il Signore ci vuole santi, apostolici, appunto in mezzo al nostro lavoro professionale; vuole cioè che ci santifichiamo nella nostra occupazione, che santifichiamo l'occupazione stessa e che, per mezzo di essa, aiutiamo gli altri a santificarsi. Siate certi che Dio vi attende nel vostro ambiente con sollecitudine di Padre, di Amico; e pensate che con il vostro lavoro professionale svolto con senso di responsabilità, oltre a sostenervi economicamente, prestate un servizio direttissimo allo sviluppo della società, alleggerite i pesi degli altri e mantenete tante opere assistenziali — locali e universali — a beneficio delle persone e dei popoli meno fortunati.

Continuiamo negli esempi, tratti sempre dalla vita quotidiana. San Paolo ricorda: Ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile (1 Cor 9, 25). Guardatevi intorno. Osservate a quanti sacrifici si sottomettono, di buon grado o controvoglia, uomini e donne per curare il loro corpo, per proteggere la salute, per essere apprezzati… E noi non ci lasceremo scuotere dall'immenso amore di Dio, così mal corrisposto dall'umanità, per mortificare ciò che deve essere mortificato, affinché la nostra mente e il nostro cuore siano più solleciti ai cenni del Signore?

Il senso cristiano è stato talmente stravolto in molte coscienze che, a sentir parlare di mortificazione e di penitenza, si pensa solo ai grandi digiuni e ai cilici che vengono menzionati nelle mirabolanti biografie di certi santi. All'inizio di questa meditazione abbiamo posto la chiara premessa di dover imitare Gesù Cristo, prendendolo a modello della nostra condotta. Di certo, Egli preparò l'esordio della sua predicazione con un ritiro nel deserto, digiunando per quaranta giorni e quaranta notti (cfr Mt 4, 1-11), ma prima e dopo praticò la virtù della temperanza con tanta naturalezza che i suoi nemici ne approfittarono per calunniarlo tacciandolo di mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori (Lc 7, 34).

Desidero che scopriate in tutta la sua profondità la semplicità del Maestro, che non fa sfoggio della sua vita penitente, e a te chiede la stessa cosa: Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6, 16-18).

È così che ti devi esercitare nello spirito di penitenza: al cospetto di Dio e come un figlio, come il bambino che dimostra quanto vuol bene a suo padre rinunciando ai suoi piccoli tesori di nessun valore — un rocchetto, un soldatino senza testa, un tappo di bottiglia —; gli costa decidersi, ma alla fine l'affetto prevale, e apre la mano soddisfatto.

Ti stai risolvendo a formulare propositi sinceri? Chiedi al Signore che ti aiuti a incomodarti per amor suo; a mettere in tutto, con naturalezza, il profumo della mortificazione che purifica; a spenderti al suo servizio senza spettacolo, silenziosamente, come si consuma la lampada che palpita accanto al Tabernacolo. E se per caso in questo momento non ti riesce di vedere come rispondere concretamente alle divine richieste che bussano al tuo cuore, ascoltami bene.

Penitenza è osservare esattamente l'orario che ti sei prefisso, anche se il corpo oppone resistenza o la mente chiede di evadere in sogni chimerici. Penitenza è alzarsi all'ora giusta. È anche non rimandare, senza giustificato motivo, quella certa cosa che ti riesce più difficile o più pesante delle altre.

La penitenza è saper compaginare i tuoi doveri verso Dio, verso gli altri e verso te stesso, essendo esigente con te stesso per riuscire a trovare il tempo che occorre per ogni cosa. Sei penitente quando segui amorosamente il tuo piano di orazione, anche se sei stanco, svogliato o freddo.

Penitenza è trattare sempre con la massima carità il prossimo, a cominciare dai tuoi cari. È prendersi cura con la massima delicatezza di coloro che sono sofferenti, malati, afflitti. È rispondere pazientemente alle persone noiose e importune. È interrompere o modificare i nostri programmi quando le circostanze — gli interessi buoni e giusti degli altri, soprattutto — lo richiedono.

La penitenza consiste nel sopportare con buonumore le mille piccole contrarietà della giornata; nel non interrompere la tua occupazione anche se, in qualche momento, viene meno lo slancio con cui l'avevi incominciata; nel mangiare volentieri ciò che viene servito, senza importunare con capricci.

Penitenza, per i genitori e, in genere, per chi ha un compito di direzione o educativo, è correggere quando è necessario, secondo il tipo di errore e le condizioni di chi deve essere aiutato, passando sopra ai soggettivismi sciocchi e sentimentali.

Lo spirito di penitenza induce a non attaccarsi disordinatamente al monumentale abbozzo di progetti futuri, nel quale abbiamo già previsto quali saranno le nostre mosse e le nostre pennellate da maestro. Com'è contento il Signore quando sappiamo rinunciare ai nostri sgorbi e alle nostre macchie pseudomagistrali, e consentiamo a Lui di aggiungere i tratti e i colori che preferisce!

Potrei continuare a segnalarti una quantità di particolari — ti ho elencato solo quelli che mi sono venuti in mente sul momento — che puoi mettere a frutto lungo la giornata per avvicinarti sempre più a Dio e sempre più al prossimo. E se ti ho ricordato questi esempi, ripeto, non è perché io disprezzi le grandi penitenze; al contrario, esse si rivelano sante e buone, e anche necessarie, quando il Signore chiama le anime per questa strada, purché abbiano l'approvazione di chi le dirige. Ma ti avverto che le grandi penitenze sono compatibili anche con le cadute spettacolari provocate dalla superbia. Invece, con il continuo desiderio di piacere a Dio nelle piccole battaglie personali — ad esempio, sorridere quando non se ne ha voglia; e vi posso assicurare che, talvolta, un sorriso costa più di un'ora di cilicio —, è difficile dar spago all'orgoglio, alla ridicola ingenuità di considerarci eroi illustri: ci vediamo come bambini capaci di offrire al loro padre soltanto delle cose da nulla, che però sono ricevute con immensa gioia. Allora il cristiano deve sempre essere mortificato? Sì, ma per amore. Perché il tesoro della nostra vocazione lo portiamo in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo (2 Cor 4, 7-10).

Rivolgi nuovamente lo sguardo alla tua vita, e chiedi perdono per questo e quel particolare che immediatamente saltano agli occhi della tua coscienza; per il cattivo uso che fai della lingua; per quei pensieri che girano continuamente intorno a te stesso; per il giudizio critico a cui acconsenti e che scioccamente ti preoccupa, provocandoti una perenne inquietudine, una continua agitazione… Convincetevi che potete essere molto felici! Il Signore ci vuole contenti, ebbri di gioia, camminando sugli stessi avventurosi sentieri da Lui percorsi. Ci sentiamo infelici soltanto quando ci impegniamo ad andare fuori strada, e imbocchiamo la via dell'egoismo e della sensualità; e avviene di peggio se ci immettiamo sul sentiero degli ipocriti.

Il cristiano deve mostrarsi autentico, verace, sincero in tutte le sue opere. Il suo comportamento deve lasciar trasparire uno spirito: quello di Cristo. Se al mondo c'è qualcuno che deve mostrarsi coerente, questi è il cristiano, perché ha ricevuto in deposito, per farlo fruttificare (cfr Lc 19, 13), il dono della verità che libera, che salva (cfr Gv 8, 32). Forse qualcuno mi domanderà: «Padre, ma come riuscirò a ottenere questa sincerità di vita?». Gesù Cristo ha consegnato alla sua Chiesa tutti i mezzi necessari: ci ha insegnato a pregare, a entrare in rapporto con il Padre suo che è nei Cieli; ci ha mandato il suo Spirito, il Grande Sconosciuto, che agisce nella nostra anima; e ci ha lasciato quei segni visibili della grazia che sono i sacramenti. Usali. Intensifica la tua vita di pietà. Fa' orazione tutti i giorni. E non sottrarre mai la tua spalla al dolce peso della Croce del Signore.

È stato Gesù a invitarti a seguirlo da buon discepolo, perché tu possa compiere il tuo passaggio sulla terra seminando la pace e la gioia che il mondo non può dare. Per questo — ripeto — dobbiamo camminare senza paura della vita e senza paura della morte, senza rifuggire a ogni costo dal dolore, che per il cristiano è sempre mezzo di purificazione e occasione per amare davvero i fratelli, utilizzando le mille occasioni della vita quotidiana.

Il tempo della meditazione è terminato. Devo concludere queste considerazioni, con le quali ho cercato di toccare la tua anima perché tu reagissi con alcuni propositi concreti, pochi ma ben precisi. Pensa che Dio ti vuole contento e che, se da parte tua farai tutto il possibile, sarai felice, molto felice, felicissimo, anche se in nessun momento ti mancherà la Croce.

Ma la Croce non è più un patibolo, è il trono dal quale Cristo regna. E, accanto, c'è sua Madre, che è anche Madre nostra. La Vergine santa ti otterrà la fortezza di cui hai bisogno per camminare con decisione sulle orme di suo Figlio.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
Riferimenti alla Sacra Scrittura
Riferimenti alla Sacra Scrittura
Riferimenti alla Sacra Scrittura