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Ci sono 7 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Gesù Cristo  → >Modello e Via.

È vero che non bastano le condizioni personali: nessuno si salva senza la grazia di Cristo. Ma quando un uomo conserva e coltiva un principio di rettitudine, Dio gli appianerà il cammino; potrà diventare santo, perché sa vivere da galantuomo.

Forse avrete presenti altri esempi in certo senso opposti: tanti che si dicono cristiani — perché sono battezzati e ricevono i sacramenti — ma si rivelano sleali, falsi, ipocriti, superbi… E cadono a capofitto. Sembrano stelle che brillano un momento nel cielo, ma precipitano senza rimedio. Se accettiamo la responsabilità di essere suoi figli, vedremo che Dio ci vuole molto umani. La testa deve arrivare al cielo, ma i piedi devono poggiare saldamente per terra. Il prezzo per vivere da cristiani non è la rinuncia a essere uomini o la rinuncia allo sforzo per acquistare quelle virtù che alcuni posseggono anche senza conoscere Cristo. Il prezzo di ogni cristiano è il Sangue redentore di Gesù nostro Signore che ci vuole — ripeto — molto umani e molto divini, costanti nell'impegno quotidiano di imitare Lui, perfectus Deus, perfectus homo.

Ego sum via, veritas et vita (Gv 14, 6). Io sono la via, la verità e la vita. Con queste inequivocabili parole il Signore ci ha indicato qual è il sentiero autentico che conduce alla felicità eterna. Ego sum via: Egli è l'unico cammino che congiunge Cielo e terra. Lo proclama a tutti gli uomini, ma lo ricorda soprattutto a noi, a te e a me, che gli abbiamo detto di essere decisi a prendere sul serio la vocazione di cristiani, in modo che Dio si trovi sempre presente nei nostri pensieri, sulle nostre labbra e in tutte le nostre azioni, anche le più umili e consuete.

Gesù è la via. Egli ha lasciato su questa terra le chiare impronte dei suoi passi, tracce indelebili che né il logorio del tempo né la perfidia del nemico sono riusciti a cancellare. Iesus Christus heri et hodie; ipse et in saecula (Eb 13, 8). Come mi piace ricordarlo! Gesù Cristo, lo stesso che ieri fu per gli Apostoli e le folle che accorrevano a lui, vive oggi per noi, e vivrà nei secoli. Siamo noi uomini, talvolta, a non riuscire a scoprire il suo volto, perennemente attuale, perché guardiamo con occhi stanchi od offuscati. Adesso, all'inizio di questo tempo di orazione accanto al Tabernacolo, chiedigli come il cieco di cui parla il Vangelo: Domine, ut videam! (Lc 18, 41), Signore, che io veda! Fa' che la mia intelligenza si riempia di luce per consentire alla tua parola di penetrare nella mia mente; fa' che la tua Vita metta radici nella mia anima, per trasformarmi in vista della gloria eterna.

Gesù Cristo, Signore nostro, si è incarnato e ha assunto la nostra natura per proporsi all'umanità come modello di tutte le virtù. Imparate da me — è l'invito — che sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29).

In seguito, quando spiega agli Apostoli il segno da cui saranno riconosciuti come cristiani, non dice: «Perché siete umili». Egli è la purezza più sublime, l'Agnello immacolato. Nulla poteva macchiare la sua santità perfetta, senza ombra (cfr Gv 8, 46). Eppure non dice: «Capiranno che siete miei discepoli perché siete casti e puri». Ha camminato per il mondo nel più completo distacco dai beni della terra. Egli era il Creatore e il Signore dell'universo, e non aveva neppure dove posare il capo (cfr Mt 8, 20). Ma non dice: «Vi riconosceranno come miei, perché non vi siete attaccati alle ricchezze». Rimane per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, digiunando rigorosamente (cfr Mt 4, 2), prima di dedicarsi alla predicazione del Vangelo. E, ancora, non dice ai suoi: «Capiranno che servite il Signore perché non siete mangioni né beoni». La caratteristica distintiva degli Apostoli, dei veri cristiani di ogni tempo, l'abbiamo ascoltata: Da questo — proprio da questo — tuttisapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35).

Trovo perfettamente logico che i figli di Dio siano sempre rimasti colpiti — anche tu e io lo siamo, in questo momento — da quel modo di insistere del Maestro. Il Signore non stabilisce, come prova della fedeltà dei suoi discepoli, i prodigi e i miracoli strepitosi, benché abbia loro conferito il potere di compierli, nello Spirito Santo. Che cosa dice loro? Capiranno che siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente (SAN BASILIO, Regulae fusius tractatae, 3, 1 [PG 31, 918]).

Come potremo superare tali inconvenienti? Come riusciremo a rafforzarci nella decisione iniziale, che incomincia a sembrarci molto pesante? Ispirandoci al modello che la santissima Vergine, nostra Madre, ci mostra: è un cammino molto ampio, che necessariamente, però, deve passare per Cristo. Per avvicinarci a Dio dobbiamo intraprendere la via giusta, che è la santissima umanità di Cristo. Per questo, da sempre ho consigliato la lettura di buoni libri che narrino la Passione del Signore. Tali scritti, pieni di sincera devozione, ci fanno pensare al Figlio di Dio, uomo come noi e vero Dio, che ama e che soffre nella sua carne per la redenzione del mondo.

Considerate anche una delle devozioni più radicate fra i cristiani, la recita del santo Rosario. La Chiesa ci esorta alla contemplazione dei misteri affinché si imprima nella nostra mente e nella nostra immaginazione, con il gaudio, il dolore e la gloria della Madonna, l'ammirabile esempio del Signore, nei suoi trent'anni di oscurità e nei suoi tre anni di predicazione, nella sua Passione ignominiosa e nella sua gloriosa Risurrezione.

Seguire Cristo: questo è il segreto. Accompagnarlo così da vicino, da vivere con Lui, come i primi dodici; così da vicino, da poterci identificare con Lui. Non tarderemo ad affermare, se non avremo posto ostacoli alla grazia, che ci siamo rivestiti di Gesù Cristo, nostro Signore (cfr Rm 13, 14). Il Signore si riflette nella nostra condotta, come in uno specchio. Se lo specchio è quale deve essere, accoglierà il volto amabilissimo del nostro Salvatore senza sfigurarlo, senza caricature: e gli altri avranno la possibilità di ammirarlo, di seguirlo.

Nello sforzo di identificarci con Cristo, mi piace distinguere quattro gradini: cercarlo, trovarlo, frequentarlo, amarlo. Forse vi rendete conto di trovarvi solo nella prima tappa. Cercatelo con fame, cercatelo in voi stessi con tutte le vostre forze. Se agite con tale impegno, oso garantirvi che lo avete già trovato, e che avete incominciato a frequentarlo e ad amarlo, ad avere la vostra conversazione nei cieli (cfr Fil 3, 20 [Vulg.]).

Prego il Signore affinché decidiamo di alimentare nella nostra anima l'unica ambizione nobile, l'unica che vale: camminare con Cristo, come sua Madre e il santo Patriarca, con desiderio, con abnegazione, senza trascurare nulla. Parteciperemo alla felicità dell'amicizia divina — in un raccoglimento interiore compatibile con i nostri doveri professionali e civili — e gli renderemo grazie per la delicatezza e la chiarezza con cui ci insegna a compiere la Volontà del Padre nostro che è nei cieli.

Avevamo incominciato con invocazioni vocali, semplici, incantevoli, imparate nell'infanzia e che non vorremmo mai abbandonare. L'orazione, iniziata con questa ingenuità da bambini, procede ora come un fiume ampio, calmo e sicuro, perché segue il cammino dell'amicizia con Colui che disse: Io sono la via (Gv 14, 6). Se amiamo Cristo in questo modo, se con divina audacia ci rifugiamo nella ferita aperta dalla lancia nel suo costato, si compirà la promessa del maestro: Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l'amerà e verremo a lui e faremo dimora dentro di lui (Gv 14, 23).

Il cuore sente il bisogno, allora, di distinguere le Persone divine e di adorarle a una a una. In un certo senso, questa scoperta che l'anima fa nella vita soprannaturale è simile a quella di un infante che apre gli occhi all'esistenza. L'anima si intrattiene amorosamente con il Padre, con il Figlio, con lo Spirito Santo; e si sottomette agevolmente all'attività del Paraclito vivificante, che ci viene dato senza nostro merito: i doni e le virtù soprannaturali!

Il percorso si conclude in prossimità del villaggio, e i due discepoli che, senza essersene accorti, sono stati feriti nel più profondo del cuore dalla parola e dall'amore del Dio fatto uomo, si dolgono che Egli se ne vada. Gesù, infatti, li saluta facendo mostra di dover proseguire (Lc 24, 28). Lui, il Signore, non vuole mai imporsi. Vuole che lo chiamiamo liberamente, quando abbiamo intravisto la purezza dell'Amore che Egli ci ha messo nell'anima. Dobbiamo trattenerlo quasi a forza: Resta con noi, perché si fa sera, e il giorno già declina (Lc 24, 29).

Siamo sempre gli stessi: poco audaci, forse per insincerità, o forse per pudore. Ma dentro di noi pensiamo: resta con noi, perché le tenebre ci invadono l'anima, e Tu solo sei la luce. Tu solo puoi calmare l'affanno che ci consuma. Perché fra tutte le cose belle e oneste, sappiamo bene qual è la prima: possedere sempre Dio (SAN GREGORIO NAZIANZENO, Epistolae, 212 [PG 37, 349]).

E Gesù rimane. I nostri occhi si aprono come quelli di Cleofa e del suo compagno, quando Gesù spezza il pane; e benché Egli di nuovo scompaia al nostro sguardo, saremo capaci, come loro, di riprendere il cammino — è già notte — per parlare di Lui agli altri, perché per tanta gioia un cuore solo non basta. Verso Emmaus. Il Signore ha reso dolcissimo questo nome. Ed Emmaus è il mondo intero, perché il Signore ha aperto i cammini divini della terra.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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