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Ci sono 3 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Donazione → del cuore.

Devo ricordarvi che non troverete felicità al di fuori dei vostri obblighi cristiani. Se li abbandonate, vi rimarrà un rimorso tremendo, e sarete degli sventurati. Perfino le cose che più facilmente portano un po' di felicità, possono diventare amare come il fiele, aspre come l'aceto, ripugnanti come un veleno.

Voi e io, insieme, confidiamo a Gesù: «Signore, io mi propongo di lottare e so che Tu non perdi battaglie; capisco che se qualche volta rimango sconfitto è perché mi sono allontanato da te. Prendimi per mano e non fidarti di me, non lasciarmi».

Forse penserete: «Padre, ma io sono tanto felice; io amo Gesù Cristo; anche se sono fatto d'argilla desidero giungere alla santità, con l'aiuto di Dio e della sua santissima Madre». Non ne dubito; voglio solo prevenirti con queste esortazioni per il caso in cui sorgessero difficoltà.

Inoltre devo ripeterti che l'esistenza del cristiano — la tua e la mia — è Amore. Il nostro cuore è nato per amare, e quando non gli viene dato un affetto puro, limpido e nobile, si vendica e si riempie di miseria. Il vero amore di Dio — e quindi una vita pulita — è ugualmente lontano dalla sensualità e dall'insensibilità, dal sentimentalismo come dall'assenza o dalla durezza di cuore.

È una pena non aver cuore. Sono infelici coloro che non hanno mai appreso ad amare con tenerezza. Noi cristiani siamo innamorati dell'Amore: il Signore non ci vuole freddi, rigidi, come materia insensibile. Ci vuole impregnati del suo affetto. Chi rinuncia per Dio a un amore umano non è uno scapolone, come certe persone tristi, infelici e avvilite, che hanno disprezzato la generosità di amare limpidamente.

Per mantenere vivo il contatto col mio Signore, come vi ho spiegato spesso, mi sono state utili — non ho difficoltà a confidarlo — anche le canzoni popolari, che parlano quasi sempre d'amore: mi piacciono davvero. Io e alcuni di voi siamo stati scelti dal Signore per essere totalmente suoi; e noi interpretiamo in senso divino l'amore nobile delle canzoni degli uomini. Lo ha fatto lo Spirito Santo nel Cantico dei Cantici; lo hanno fatto i grandi mistici di ogni tempo.

Ricordate, per esempio, questi versi della Santa di Avila: Se vuoi che io riposi, / voglio per amore riposare; / se mi comandi di lavorare, / voglio morir lavorando. / Di', Dolce Amore, di': / che vuoi fare di me? (SANTA TERESA DI GESÙ, Vuestra soy, para Vos nací. Poesías, 5, 9). Oppure quella canzone di san Giovanni della Croce, che inizia in modo incantevole: Un pastorello solitario è addolorato, / privo di piacere e contentezza, / il pensiero va alla sua pastora / e il petto è ferito d'amore (SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Otras canciones a lo divino de Cristo y el alma. Poesías, 10).

L'amore umano, quando è pulito, produce in me un immenso rispetto, una indicibile venerazione. Come non stimare l'amore santo, nobile dei nostri genitori, ai quali dobbiamo gran parte della nostra amicizia con Dio? Io benedico questo amore con le due mani, e quando mi domandano perché dico "con le due mani", la mia risposta immediata è: «Perché non ne ho quattro!».

Sia benedetto l'amore umano. Però a me il Signore ha chiesto di più. Lo afferma la teologia cattolica che darsi a Gesù per amore del Regno dei cieli e, attraverso Gesù, a tutti gli uomini, è qualcosa di più sublime dell'amore matrimoniale, anche se il matrimonio è un sacramento e sacramentum magnum (Ef 5, 32).

In ogni caso, ciascuno dal suo posto, secondo la vocazione che Dio gli ha impresso nell'anima — celibe, sposato, vedovo, sacerdote —, deve sforzarsi di vivere delicatamente la castità, che è virtù per tutti e che da tutti esige lotta, delicatezza, zelo, fortezza e quella finezza che si acquista solo quando ci mettiamo accanto al Cuore innamorato di Cristo sulla Croce. Non preoccupatevi se qualche volta sentite la tentazione tendervi insidie. Una cosa è sentire, un'altra acconsentire. La tentazione può venire facilmente respinta, con l'aiuto di Dio. Quello che non conviene mai è dialogare con essa.

Lì, dove già siamo, il Signore ci esorta: «Vigilate!». Di fronte a questa richiesta di Dio, alimentiamo nelle nostre coscienze — traducendoli in opere — desideri pieni di speranza di santità. Figlio mio, dammi il tuo cuore (Pro 23, 26), ci suggerisce all'orecchio. Smetti di costruire castelli in aria e deciditi ad aprire la tua anima a Dio, perché solo nel Signore troverai un fondamento reale per la tua speranza e per fare del bene agli altri. Quando non si lotta contro se stessi, quando non si respingono con vigore i nemici che si annidano nel nostro castello interiore — orgoglio, invidia, concupiscenza della carne e degli occhi, spirito di autosufficienza, stolta avidità di libertinaggio —, quando non esiste la lotta interiore, i più nobili ideali inaridiscono come fiore d'erba. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce (Gc 1, 10-11). Allora, alla minima occasione, germoglieranno lo sconforto e la tristezza, come piante nocive e invadenti.

Gesù non si accontenta di un'adesione titubante. Esige — ne ha il diritto — che noi camminiamo con decisione, senza tentennare davanti alle difficoltà. Chiede passi fermi, concreti; infatti, ordinariamente, i propositi generici servono poco. Quei propositi poco definiti mi sembrano illusioni fallaci, con cui cerchiamo di mettere a tacere le chiamate divine che arrivano al cuore; fuochi fatui che non bruciano né danno calore, e che scompaiono con la stessa fugacità con cui sono sorti.

Perciò, mi persuaderò che le tue intenzioni di raggiungere la meta sono sincere se ti vedo camminare con decisione. Opera il bene, rivedendo il tuo atteggiamento abituale di fronte ai compiti di ogni momento; pratica la giustizia, proprio negli ambienti che frequenti, anche se lo sforzo ti fa barcollare; alimenta la felicità di coloro che ti circondano, servendoli con gioia — dal tuo posto, nel lavoro che ti sforzerai di portare a termine con la maggior perfezione possibile —, con spirito di comprensione, col sorriso, col contegno cristiano. E tutto per Dio, pensando alla sua gloria, con lo sguardo in alto, anelando alla Patria definitiva, perché è questo il solo fine che valga la pena.

Riferimenti alla Sacra Scrittura