Elenco di punti

Ci sono 6 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Attività umane  → santificate.

Ma riprendiamo il filo del discorso. Vi stavo dicendo che potete pur ottenere i successi più spettacolari in campo sociale, nella vita pubblica, nella professione, ma se trascurate la vostra vita interiore e vi allontanate dal Signore, avrete fallito clamorosamente. Al cospetto di Dio, e questo, in definitiva, è ciò che conta, è vittorioso colui che lotta per comportarsi da cristiano autentico: non ci può essere una soluzione intermedia. Per questo conoscete persone che, giudicando umanamente la loro situazione, dovrebbero essere molto felici, e invece trascinano un'esistenza inquieta, amara; sembra che vendano allegria a profusione, ma appena si gratta la loro anima affiora un gusto aspro, più amaro del fiele. Questo non capiterà a nessuno di noi, se davvero cerchiamo di compiere in ogni momento la Volontà di Dio, di rendergli gloria, di lodarlo e di estendere il suo regno a tutte le creature.

Se la sola presenza di un personaggio importante, ragguardevole, è sufficiente a far sì che i presenti si comportino meglio, come mai la presenza di Dio, costante, diffusa ovunque, conosciuta dalle nostre facoltà e amata con gratitudine, non ci rende sempre migliori nel nostro parlare, nelle nostre azioni e nei nostri sentimenti? (CLEMENTE ALESSANDRINO, Stromata, 7, 7 [PG 9, 450-451]). Davvero: se il fatto che Dio ci vede fosse una realtà ben incisa nella nostra coscienza, se ci rendessimo conto che tutto il nostro lavoro, proprio tutto — nulla sfugge al suo sguardo —, si svolge alla sua presenza, con quanta cura porteremmo a compimento tutte le cose o quanto diverse sarebbero le nostre reazioni! E questo è il segreto della santità che vi sto predicando da tanti anni: Dio ha chiamato tutti ad essere suoi imitatori; e voi e io siamo stati chiamati affinché, vivendo in mezzo al mondo — da persone qualsiasi —, sappiamo mettere Cristo nostro Signore al vertice di tutte le attività umane oneste.

Adesso capirete ancor meglio che se qualcuno di voi non amasse il lavoro — il suo lavoro —, se non si sentisse autenticamente impegnato in una delle nobili attività umane per santificarla, se fosse privo di una vocazione professionale, non riuscirebbe mai a cogliere la radice soprannaturale della dottrina del sacerdote che vi sta parlando, proprio perché gli mancherebbe una condizione indispensabile: quella di essere un lavoratore.

Non sto parlando di ideali astratti. Mi attengo a una realtà molto concreta, di capitale importanza, capace di trasformare l'ambiente più pagano e più ostile alle richieste divine, come avvenne nei primi tempi dell'era della salvezza. Assaporate le parole di un autore anonimo di quell'epoca, che così riassume la grandezza della nostra vocazione: I cristiani sono nel mondo ciò che l'anima è nel corpo. Vivono nel mondo, ma non sono mondani, come l'anima è nel corpo, ma non è corporea. Abitano in tutti i luoghi, come l'anima è in tutte le parti del corpo. Agiscono per una forza interiore che non si vede, come l'anima, quantunque invisibile, agisce per la sua essenza … Vivono come pellegrini fra le cose periture nella speranza dell'incorruttibilità dei cieli, come l'anima immortale vive ora in una tenda mortale. Si moltiplicano sempre di più nelle persecuzioni di tutti i giorni, come l'anima si abbellisce nella mortificazione quotidiana del corpo. Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio nel mondo, e non è lecito disertarlo, come all'anima non è consentito separarsi volontariamente dal corpo (Epistola ad Diognetum, 6 [PG 2, 1175]).

Pertanto, sbaglieremmo strada se ci disinteressassimo delle occupazioni terrene: anche in esse il Signore vi attende: potete star sicuri che attraverso le circostanze della vita quotidiana, ordinate o consentite dalla Provvidenza nella sua sapienza infinita, noi uomini dobbiamo avvicinarci a Dio. Non raggiungeremo questo scopo se non siamo disposti a portare bene a termine il nostro compito; se non perseveriamo sullo slancio del lavoro incominciato con passione umana e soprannaturale; se non svolgiamo le nostre mansioni come il migliore dei nostri colleghi e, se possibile — se davvero lo vuoi, vedrai che è possibile —, ancor meglio del migliore, perché impiegheremo tutti i mezzi umani onesti e i mezzi spirituali necessari, per offrire al Signore un lavoro fragrante di premure, eseguito fin nei dettagli come una filigrana, in tutto completo.

Leggendo l'epistola della Messa, immaginavo Daniele nella fossa dei leoni affamati e, senza pessimismo — perché non posso dire che i tempi passati fossero migliori; ogni tempo è stato buono e cattivo —, pensavo che anche oggi ci sono molti leoni in libertà, e noi dobbiamo viverci in mezzo. Leoni ruggenti che vanno in giro cercando chi divorare: Tamquam leo rugiens, circuit quaerens quem devoret (1 Pt 5, 8).

Come eviteremo queste fiere? Forse avverrà come a Daniele. Non sono 'miracolaio', tuttavia amo la grandiosità di Dio e capisco che gli sarebbe stato più facile placare la fame del profeta o mettergli davanti del cibo; ma non fece così. Dispose, invece, che giungesse miracolosamente dalla Giudea un altro profeta, Abacuc, per portargli il cibo. Volle operare un grande prodigio, perché Daniele non si trovava in quella fossa per caso, ma per un'ingiustizia tramata dai seguaci del demonio, perché era servo di Dio e distruttore di idoli.

Anche noi, senza azioni portentose, realizzando, nella normalità di una semplice vita cristiana, una semina di pace e di gioia, dobbiamo distruggere molti idoli: quello dell'incomprensione, quello dell'ingiustizia, quello dell'ignoranza, quello della pretesa sufficienza umana che volge orgogliosamente le spalle a Dio.

Non intimoritevi e non temete alcun male, anche se le circostanze in cui realizzate il vostro lavoro sono tremende, peggiori forse di quelle di Daniele nella fossa delle belve voraci. La mano di Dio è sempre possente e, se fosse necessario, opererebbe meraviglie. Siate fedeli! Vivete con amore, con consapevolezza e allegria la vostra fedeltà alla dottrina di Cristo, persuasi che i nostri anni non sono peggiori di quelli dei tempi passati e che il Signore è lo stesso, oggi e sempre.

Ho conosciuto un anziano sacerdote che diceva di sé sorridendo: «lo sono sempre tranquillo, tranquillo». Così anche noi, in mezzo al mondo, circondati da leoni affamati, non dobbiamo perdere la pace: tranquilli. Con amore, con fede, con speranza, senza dimenticare mai che, se fosse necessario, il Signore opererebbe miracoli.

Leggete con attenzione la pagina evangelica per trarre frutto da queste stupende lezioni sulle virtù che devono illuminare il nostro modo di comportarci. Terminato il preambolo ipocrita e adulatore, i farisei e gli erodiani espongono il loro problema: Dicci dunque il tuo parere: è lecito o no pagare il tributo a Cesare? (Mt 22, 17). Notate la loro astuzia — scrive san Giovanni Crisostomo —. Non gli dicono infatti: «Di' a noi ciò che è buono, ciò che conviene ed è giusto», ma: «Di' dunque a noi, che te ne pare», tanto è preciso il loro scopo di tradirlo e di renderlo odioso al potere politico (SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matthaeum homiliae, 70, 1 [PG 58, 656]). Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22, 18-21).

Come potete vedere, il dilemma è antico, e la risposta del Maestro è chiara e inequivocabile. Non vi è — non può esserci — contrapposizione tra il servizio a Dio e il servizio agli uomini; fra l'esercizio dei nostri diritti e doveri civili, e quelli religiosi; tra l'impegno per costruire e migliorare la città terrena, e la convinzione che camminiamo in questo mondo diretti alla patria celeste.

Anche su questo punto si manifesta l'esigenza dell'unità di vita che — non mi stancherò mai di ripeterlo — è una condizione essenziale per tutti coloro che intendono santificarsi nelle circostanze ordinarie del loro lavoro, delle loro relazioni famigliari e sociali. Gesù non ammette la divisione: Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro (Mt 6, 24). La scelta esclusiva di Dio, che il cristiano compie quando risponde pienamente alla sua chiamata, lo induce a rivolgere tutto al Signore e, nel contempo, a dare al prossimo tutto ciò che secondo giustizia gli compete.

Il Signore non ci ha creato per darci quaggiù una città definitiva (cfr Eb 13, 14), perché questo mondo è la via all'altro, alla dimora senza dolore (JORGE MANRIQUE, Coplas, V). Tuttavia, noi figli di Dio non dobbiamo disinteressarci delle attività terrene, nelle quali Dio ci colloca perché le santifichiamo, perché le impregniamo della nostra fede benedetta, l'unica che porta vera pace, autentica allegria alle anime e a tutti gli ambienti. Questa è stata la mia costante predicazione fin dal 1928: urge cristianizzare la società, portare a tutti i livelli della nostra umanità il senso soprannaturale, e poi impegnarci insieme a elevare all'ordine della grazia il dovere quotidiano, la propria professione, il proprio mestiere. Così, tutte le occupazioni umane saranno illuminate da una speranza nuova, che trascende il tempo e la caducità mondana.

Mediante il Battesimo, siamo portatori della parola di Cristo, che rasserena, che accende e acquieta le coscienze ferite. E perché il Signore operi in noi e per mezzo di noi, dobbiamo dirgli che siamo disposti a lottare ogni giorno, anche se ci vediamo deboli e inetti, anche se percepiamo il peso immenso delle nostre miserie personali, della nostra indigente debolezza. Dobbiamo ripetergli che confidiamo in Lui, nella sua assistenza: se è necessario, come Abramo, contro ogni speranza (Rm 4, 18). Lavoreremo così con rinnovato impegno e insegneremo agli uomini a reagire con serenità, liberi da odio, da sospetti, da ignoranze, da incomprensioni, da pessimismi, perché Dio può tutto.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
Riferimenti alla Sacra Scrittura