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La liturgia della domenica delle Palme pone sulle labbra dei fedeli questa acclamazione: O porte, alzate i vostri architravi; alzatevi, o porte antiche, perché deve entrare il Re della gloria! (antifona alla distribuzione delle palme). Chi resta chiuso nella cittadella del proprio egoismo non scenderà sul campo di battaglia. Se invece alza le porte del proprio castello e lascia entrare il Re della pace, scenderà poi con Lui a combattere contro tutta la miseria che offusca gli occhi e rende insensibile la coscienza.

Alzatevi, o porte antiche! La necessità della lotta non è una novità nel cristianesimo. È la verità perenne: senza lotta non si conquista la vittoria, senza vittoria non si raggiunge la pace. Senza pace la gioia umana sarà soltanto apparente, falsa, sterile; sarà gioia che non si trasforma in aiuto agli uomini, né in opere di carità e di giustizia, né di perdono e di misericordia, né di servizio a Dio.

Si ha l'impressione che oggi, dentro la Chiesa e fuori, in alto come in basso, molti abbiano rinunciato alla lotta — alla guerra contro se stessi, contro le proprie inclinazioni — per consegnarsi, armi e bagagli, in potere di servitù che avviliscono l'anima. È un pericolo che minaccia da sempre tutti i fedeli.

È necessario pertanto ricorrere insistentemente alla Trinità Beatissima perché abbia compassione di noi tutti. Parlando di queste cose, mi sento turbato nel riferirmi alla giustizia di Dio. Ricorro piuttosto alla sua misericordia, alla sua compassione, perché non guardi i nostri peccati, ma i meriti di Cristo e quelli della sua Santissima Madre — che è anche Madre nostra — del santo Patriarca Giuseppe che gli fece da padre, e di tutti i santi.

Il cristiano può essere ben sicuro che se desidera lottare, il Signore — come leggiamo nella Messa della festa odierna — lo terrà per la mano destra. Gesù, che entra in Gerusalemme cavalcando, Re di pace, un povero asinello, è colui che disse: Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono (Mt 11, 12). Questa forza non è una violenza contro gli altri: ma fortezza per combattere le proprie debolezze e le proprie miserie, coraggio di non mascherare le proprie infedeltà, audacia per confessare la fede anche quando l'ambiente è ostile.

Oggi, come ieri, dal cristiano ci si attende eroismo. Eroismo in grandi conflitti, se è necessario; ed eroismo — più consueto — nelle piccole avvisaglie di ogni giorno. Quando si lotta assiduamente, con Amore, fin nelle cose piccole, in modo tale che la lotta sembri impercettibile, il Signore è sempre accanto ai suoi figli come pastore pieno d'amore: Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata… Abiteranno in piena sicurezza nella loro terra. Sapranno che io sono il Signore, quando avrò spezzato le spranghe del loro giogo e li avrò liberati dalle mani di coloro che li tiranneggiano (Ez 34, 15-16 e 27).

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