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Le opere dell'Amore sono sempre grandi, benché si tratti di cose in apparenza piccole. Dio si è avvicinato a noi, creature povere, e ci ha detto che ci ama: Le mie delizie sono tra i figli degli uomini (Pro 8, 31). Il Signore ci fa conoscere che tutto ha importanza: sia le azioni che ai nostri occhi appaiono grandi, sia quelle che invece giudichiamo di poco valore. Nulla va perduto. Nessun uomo è disprezzato da Dio. Ognuno è chiamato a partecipare al regno dei Cieli per mezzo del compimento della propria vocazione: nel suo focolare, nella sua professione o mestiere, negli obblighi corrispondenti al proprio stato, nel compimento dei doveri civili, nell'esercizio dei propri diritti.

È quanto ci insegna la vita di san Giuseppe: semplice, normale, comune, fatta di anni di lavoro uguale, di giorni che si susseguono con apparente monotonia. Ho pensato tutto ciò molte volte meditando la figura di Giuseppe, ed è questa una delle ragioni della mia speciale devozione per lui.

Quando Sua Santità Giovanni XXIII annunziò, nel discorso di chiusura della prima sessione del Concilio Vaticano II, che nel canone della Messa sarebbe stato introdotto il nome di Giuseppe, un'alta personalità ecclesiastica si affrettò a telefonarmi per dirmi: « Rallegramenti! A quell'annunzio ho pensato subito a lei, alla gioia che ne avrebbe avuto ». Ed era così, perché nell'assemblea conciliare, che rappresenta la Chiesa intera riunita nello Spirito Santo, si proclamava l'immenso valore soprannaturale della vita di Giuseppe, il valore di una vita semplice di lavoro vissuta alla presenza di Dio in perfetto compimento della divina volontà.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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