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Non mi discosto dal rigore della verità se affermo che Gesù cerca ancora una dimora: nel nostro cuore. Dobbiamo chiedergli perdono per la nostra sbadataggine, per la nostra ingratitudine. Dobbiamo chiedergli la grazia di non chiudere mai più davanti a Lui la porta della nostra anima.

Il Signore non ci nasconde che l'obbediente sottomissione alla volontà di Dio richiede spirito di rinuncia e di dedizione, perché l'amore non reclama diritti: vuole soltanto servire. E a Lui, che per primo ha percorso questo cammino, noi domandiamo: Gesù, come hai vissuto l'obbedienza? Usque ad mortem, mortem autem crucis (Fil 2, 8), fino alla morte, e morte di croce. Bisogna uscire dal proprio guscio, complicarsi la vita, perderla per amore di Dio e delle anime. Ecco, tu volevi vivere, non volevi che ti accadesse alcunché: ma Dio ha voluto diversamente. Vi sono due volontà: ma la tua volontà si pieghi alla volontà di Dio, e non la volontà di Dio si torca alla tua (SANT’AGOSTINO, Enarrationes in psalmos, 31, 2, 26 [PL 36, 274]). Ho visto con gioia molte anime mettere in gioco la propria vita — come hai fatto tu, Signore, usque ad mortem — per compiere tutto quello che la volontà di Dio chiedeva; hanno impegnato tutte le loro aspirazioni e il loro lavoro professionale al servizio della Chiesa, per il bene di tutti gli uomini.

Dobbiamo imparare a obbedire, dobbiamo imparare a servire. Non c'è nobiltà più grande che decidere di darsi volontariamente in aiuto agli altri. Quando sentiamo che l'orgoglio ribolle dentro di noi, la superbia ci fa credere di essere dei superuomini, allora è il momento di dire di no, di dire che il nostro unico trionfo deve essere quello dell'umiltà. In tal modo ci identificheremo con Cristo crocifisso; e non nostro malgrado, insicuri e a malincuore, ma lietamente, perché la gioia nel momento dell'abnegazione è la dimostrazione più bella dell'amore.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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