Josemaría Escrivá Obras
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Come per ogni altro avvenimento della sua vita, mai dovremmo contemplare quegli anni nascosti di Gesù senza sentirci coinvolti, senza coglierne il significato che più da vicino ci riguarda: sono appelli che il Signore ci rivolge per farci uscire dal nostro egoismo, dalla nostra comodità. Il Signore conosce bene i nostri limiti, l'attaccamento alla nostra personalità, le nostre ambizioni; conosce quanto ci sia difficile dimenticare noi stessi e darci agli altri. Sa che cosa sia non trovare amore e costatare che anche quelli che dicono di seguirlo lo fanno solo a metà. Ricorderete le scene drammatiche, narrate dagli Evangelisti, nelle quali vediamo gli Apostoli pieni ancora di aspirazioni temporali e di progetti soltanto umani. Ma Gesù li ha scelti, li tiene con sé, e affida loro la missione che Egli aveva ricevuto dal Padre.

Anche noi siamo chiamati da Gesù che ci domanda, come a Giacomo e a Giovanni: Potestis bibere calicem, quem ego bibiturus sum? (Mt 20, 22), siete disposti a bere il calice che io sto per bere, il calice dell'abbandono completo alla volontà del Padre? Possumus! (Mt 20, 22), sì, siamo disposti, rispondono Giacomo e Giovanni. Io e voi, siamo veramente disposti a compiere in tutto la volontà di Dio nostro Padre? Abbiamo dato tutto intero il nostro cuore al Signore, o ci manteniamo attaccati a noi stessi, ai nostri interessi, ai nostri comodi, al nostro amor proprio? C'è qualcosa che non si addice alla nostra condizione di cristiani e che ci impedisce di purificarci? Ecco oggi l'occasione di rettificare.

Come prima cosa, è necessario convincerci che è Gesù a rivolgere a ciascuno di noi queste domande. È Lui a farle e non io. Io non oserei porle nemmeno a me stesso. Sto continuando la mia orazione ad alta voce, ma è dal suo intimo che ognuno di noi confessa al Signore: Gesù, che poca cosa sono, quanta viltà in tante occasioni, quanti errori in questa o in quella circostanza, in quel luogo e in quell'altro...! Ma possiamo anche aggiungere: meno male, Signore, che mi hai sorretto con la tua mano, perché mi riconosco capace di ogni infamia; tienimi stretto, non mi lasciare, trattami sempre come un bambino. Vorrei essere forte, coraggioso, coerente; ma tu aiutami come si aiuta una creatura inesperta. Conducimi per mano, Signore, e fa’ che anche tua Madre sia accanto a me e mi protegga. E allora, possumus!, lo potremo, ci sentiremo capaci di prendere Te come modello.

Non è presunzione affermare: possumus! Gesù stesso ci insegna questo cammino divino e ci chiede di intraprenderlo, dal momento che Egli lo ha reso umano e accessibile alla nostra debolezza. Ecco perché si è abbassato tanto. Questo è il motivo per cui quel Signore, che in quanto Dio era uguale al Padre, si è umiliato prendendo la forma di servo; ma si è abbassato per quanto riguarda la maestà e la potenza, non per quanto riguarda la bontà e la misericordia (SAN BERNARDO, Sermo in die nativitatis 1, 1-2 [PL 183, 115]).

La bontà di Dio ci rende agevole il cammino. Non possiamo respingere l'invito di Gesù, non possiamo dirgli di no, non possiamo renderci sordi al suo appello: non avremmo scuse, non avremmo argomenti per continuare a credere che non possiamo. Egli ci ha istruiti con il suo esempio. Pertanto, vi supplico, fratelli miei: non permettete che vi sia stato mostrato invano un modello così prezioso, ma configuratevi a Lui e rinnovatevi nell'intimo della vostra anima (SAN BERNARDO, Sermo in die nativitatis 1, 1).

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