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Per finire, potrebbe dire qualcosa a noi che lavoriamo nella stampa universitaria?

È una gran cosa il giornalismo, anche quello universitario. Voi potete offrire un grosso contributo alla diffusione fra i vostri colleghi dell'amore per gli ideali più elevati, dello zelo di superare l'egoismo individuale, della sensibilità per i compiti comunitari, della fraternità. E ora, ancora una volta, non posso tralasciare di invitarvi ad amare la verità.

Non vi nascondo che mi disgusta il sensazionalismo di certi giornalisti, che dicono la verità solo a metà. Informare non vuol dire fermarsi a mezza strada fra la verità e la menzogna. Questo non è né informazione né moralità, e non meritano il nome di giornalisti quelli che mescolano poche mezze verità con tante falsità o addirittura con calunnie premeditate: non meritano il nome di giornalisti perché non sono altro che una rotella — più o meno lubrificata — nell'ingranaggio di una delle tante organizzazioni che si dedicano a diffondere il falso, sapendo che verrà ripetuto a sazietà, senza mala fede, dall'ignoranza e dall'insipienza di non pochi. Vi devo dire che, per quanto riguarda me personalmente, questi pseudo—giornalisti ci guadagnano:perché non passa giorno senza che preghi con affetto per loro, chiedendo al Signore di rischiarare la loro coscienza. Vi chiedo quindi di diffondere l'amore per il buon giornalismo, quello che non si accontenta di rumori infondati, dei si dice nati da immaginazioni surriscaldate. Informate con i fatti, con i risultati, senza giudicare le intenzioni, considerando con obiettività la legittima diversità di opinioni, senza scendere all'attacco personale. È difficile che ci sia vera convivenza là dove manca vera informazione; e la vera informazione è quella che non ha paura della verità e non si lascia guidare da interessi di potere, di falso prestigio o di lucro.

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