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Perché la presenza di sacerdoti in una istituzione spiccatamente laicale come l'Opus Dei? Qualsiasi socio dell'Opus Dei può divenire sacerdote, o solo quelli scelti dai dirigenti?

La vocazione all'Opus Dei può interessare qualunque persona che voglia santificarsi nel proprio stato: celibe, coniugato o vedovo; laico o chierico.

Per questo all'Opus Dei aderiscono anche dei sacerdoti diocesani, che continuano a essere dei sacerdoti diocesani come prima, giacché l'Opera li aiuta a tendere alla santità cristiana nel proprio stato mediante la santificazione del loro lavoro ordinario, che è appunto il ministero sacerdotale al servizio del proprio Vescovo, della diocesi e della Chiesa intera. Anche nel loro caso l'appartenenza all'Opera non modifica in nulla la loro condizione: restano pienamente dedicati al compimento della missione affidata loro dal rispettivo Ordinario e alle altre opere d'apostolato e attività che devono svolgere, senza che l'Opera interferisca mai in questi compiti; e si santificano appunto con la pratica il più perfetta possibile delle virtù proprie del sacerdote.

Ma oltre a questi sacerdoti che aderiscono all'Opus Dei quando già hanno ricevuto la loro ordinazione, vi sono nell'Opera altri sacerdoti secolari che ricevono il sacramento dell'Ordine quando già appartengono all'Opus Dei, cui avevano aderito da laici, come comuni cristiani. Si tratta di un numero assai ristretto di persone in rapporto al totale dei soci — non arrivano al due per cento — e si dedicano a servire i fini apostolici dell'Opus Dei con il ministero sacerdotale, rinunciando più o meno, a seconda dei casi, all'esercizio della professione civile che avevano. Sono infatti dei professionisti o dei lavoratori che vengono chiamati al sacerdozio dopo aver raggiunto una competenza professionale e aver lavorato per vari anni nel loro campo, come medici, ingegneri, meccanici, contadini, maestri, giornalisti, ecc. Compiono inoltre, con la massima profondità e senza fretta, gli studi nelle discipline ecclesiastiche corrispondenti, fino a ottenere una laurea. E tutto questo senza perdere la mentalità caratteristica dell'ambiente della propria professione civile. La loro presenza è necessaria per l'apostolato dell'Opus Dei. Questo apostolato viene svolto fondamentalmente dai laici, come ho già detto. Ognuno si sforza di essere apostolo nel proprio ambiente di lavoro, e avvicina le anime a Cristo mediante il proprio esempio e la propria parola: il dialogo. Ma nell'apostolato, nel condurre le anime sulla strada della vita cristiana, ci si imbatte nel "muro sacramentale". Il ruolo santificatore del laico ha bisogno del ruolo santificatore del sacerdote, il quale amministra il sacramento della Penitenza, celebra l'Eucaristia e proclama la parola di Dio in nome della Chiesa. E siccome l'apostolato dell'Opera presuppone una spiritualità specifica, è necessario che il sacerdote sia lui stesso una testimonianza viva di questo spirito peculiare.

Oltre al servizio che rendono agli altri soci dell'opera, questi sacerdoti possono svolgere e svolgono un servizio a tante altre anime. Lo zelo sacerdotale che informa la loro vita li deve portare a non permettere che nessuno passi vicino a loro senza ricevere un po' della luce di Cristo. E non solo questo: lo spirito dell'Opus Dei, che non ammette "gruppetti" o distinzioni, li spinge anche a sentirsi intimamente ed efficacemente uniti agli altri sacerdoti secolari, loro confratelli: e si sentono e sono di fatto sacerdoti diocesani, in tutte le diocesi in cui lavorano e che si sforzano di servire con slancio e con efficacia.

Voglio sottolineare, dato che è una realtà di notevole importanza, che questi soci laici dell'Opus Dei che ricevono l'ordinazione sacerdotale, non cambiano la loro vocazione. Quando abbracciano il sacerdozio, rispondendo liberamente all'invito dei dirigenti dell'Opera, non lo fanno con l'idea che così possono unirsi di più a Dio o tendere più efficacemente alla santità: essi sanno perfettamente che la vocazione laicale è piena e completa in sé stessa, e che la loro dedicazione a Dio nell'Opus Dei era fin dal primo momento una strada ben precisa per raggiungere la santità cristiana. L'ordinazione sacerdotale non è quindi, in nessun modo, una specie di coronamento della vocazione all'Opus Dei: è semplicemente una chiamata che viene rivolta ad alcuni perché servano gli altri in modo nuovo. Del resto, nell'Opera non vi sono due classi di soci, chierici e laici: tutti sono e si sentono uguali, e tutti vivono lo stesso spirito, la santificazione nel proprio stato3.

Note
3

In questa risposta mons. Escrivá parla di due modi in cui i sacerdoti secolari possono appartenere all'Opus Dei:

a) i sacerdoti che provengono dai membri laici dell'Opus Dei. Vengono chiamati ai sacri Ordini dal Prelato, si incardinano alla Prelatura e ne costituiscono il presbiterio. Si dedicano fondamentalmente, anche se non esclusivamente, alla cura pastorale dei fedeli incorporati all'Opus Dei, e, insieme con essi, conducono lo specifico apostolato di diffondere, in tutti gli ambienti della società, una profonda presa di coscienza della chiamata universale alla santità e all'apostolato;

b) i sacerdoti secolari già incardinati in una diocesi possono anch'essi partecipare alla vita spirituale dell'Opus Dei. Come mons. Escrivá indica all'inizio della risposta, essi possono infatti associarsi alla Società Sacerdotale della Santa Croce, associazione intrinsecamente unita alla Prelatura e della quale è Presidente generale il Prelato dell'Opus Dei.

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