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Alcuni lettori di Cammino si sorprendono dell'affermazione contenuta nel numero 28 di questo libro, lì dove dice: “Il matrimonio è per i soldati, e non per lo stato maggiore di Cristo”. È giusto vedere in queste parole un certo disprezzo per il matrimonio, e quindi una contraddizione con la preoccupazione dell'Opus Dei di essere presente nelle realtà vive del mondo moderno?

Le consiglio di leggere il numero di Cammino che precede quello da lei citato; lì si dice che il matrimonio è una vocazione divina. Non era davvero frequente sentire un'affermazione del genere negli anni intorno al 1935.

Trarre dalle mie parole le illazioni cui lei accenna vuol dire non aver capito di che cosa parlo. Con quella metafora volevo ricordare ciò che la Chiesa ha sempre insegnato riguardo alla superiorità e al valore soprannaturale del celibato apostolico. Allo stesso tempo, intendevo rammentare a ogni cristiano che deve sentirsi miles Christi, secondo l'espressione di san Paolo: soldato di Cristo, membro di questo popolo di Dio che combatte sulla terra una battaglia divina di comprensione, di santità e di pace.

Del resto, ci sono dappertutto nel mondo migliaia di persone sposate che appartengono all'Opus Dei, o vivono secondo il suo spirito, e che sanno bene che un soldato può guadagnarsi una decorazione nella stessa battaglia in cui il generale si è dato vergognosamente alla fuga.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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