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Ma più ancora mi unisco in sommo grado — dirò con le parole del Concilio Vaticano II — al culto della Chiesa celeste, comunicando con essa e venerando la memoria soprattutto della gloriosa sempre Vergine Maria, del beato Giuseppe e dei beati apostoli e martiri, e di tutti i santi (cfr Lumen gentium, 50).

Chiedo a tutti i fedeli che preghino molto per noi sacerdoti perché sappiamo compiere santamente il santo Sacrificio. Chiedo loro di dimostrare un amore così delicato alla santa Messa, da spingerci a celebrarla con dignità — con eleganza — umana e soprannaturale; con decoro nei paramenti e negli oggetti destinati al culto, con devozione, senza fretta.

Perché questa fretta? Gli innamorati hanno forse fretta di salutarsi dopo un incontro? Sembra che si lascino, ma non se ne vanno; ritornano una volta e un'altra, e si dicono parole comuni come se le scoprissero solo allora… Non abbiate timore di riferire alle cose di Dio gli esempi suggeriti dall'amore nobile e puro degli uomini. Se amiamo il Signore con il nostro cuore di carne — non abbiamo che questo — non avremo fretta di terminare questo incontro, questo appuntamento d'amore con Lui.

Alcuni procedono con calma, né gli importa di prolungare fino alla stanchezza letture, monizioni e avvisi. Ma quando giungono al momento principale della santa Messa, al Sacrificio propriamente detto, diventano precipitosi e contribuiscono a far sì che i fedeli non adorino con devozione Cristo Sacerdote e Vittima, né imparino a rendergli grazie — con calma, senza precipitazione — per essere voluto venire ancora una volta in mezzo a noi.

Tutti gli affetti e i bisogni di un cuore cristiano trovano nella santa Messa il loro vero alveo: quello che, per mezzo di Cristo, conduce al Padre nello Spirito Santo. Il sacerdote deve porre ogni cura perché tutti lo sappiano e lo vivano. Non c'è, ordinariamente, nessuna attività che possa essere anteposta a quella di far conoscere, amare e venerare la Sacra Eucaristia.

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