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Non avete mai visto, nelle famiglie, quando si possiede un fragile oggetto di valore — un vaso, per esempio —, quanta attenzione si pone perché non si rompa? Finché un giorno, il bambino, giocando, lo fa cadere a terra e il prezioso ricordo va in frantumi. Il dispiacere è grande, ma subito si provvede a riparare il danno: il vaso viene ricomposto, incollato con cura, e alla fine l'oggetto appare più bello di prima.

Ma se l'oggetto è di minor valore, o semplicemente di terracotta, bastano alcuni punti di fil di ferro o di altro metallo per tenere insieme i pezzi. Il vaso, così riparato, acquista un incanto particolare.

Cerchiamo di applicare tutto ciò alla vita interiore. Di fronte alle nostre miserie e ai nostri peccati, di fronte ai nostri errori — anche se, per grazia di Dio, sono di poca importanza —, ricorriamo alla preghiera e diciamo a Dio nostro Padre: «Signore, alla mia povertà, alla mia fragilità, ai cocci di questo vaso rotto, metti qualche punto, e io — con il mio dolore e con il tuo perdono — sarò più forte e più bello di prima». È una preghiera consolante, da ripetere ogni volta che si rompe la povera terracotta di cui siamo fatti.

Non possiamo meravigliarci d'esser fragili, non possiamo rimanere stupiti vedendo che la nostra condotta si svia per un nonnulla; confidiamo nel Signore che ci offre sempre il suo aiuto: Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? (Sal 26, 1). Di nessuno. Parlando in questo modo con il Padre celeste, non avremo paura di niente e di nessuno.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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