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Gesù Cristo, Signore nostro, si è incarnato e ha assunto la nostra natura per proporsi all'umanità come modello di tutte le virtù. Imparate da me — è l'invito — che sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29).

In seguito, quando spiega agli Apostoli il segno da cui saranno riconosciuti come cristiani, non dice: «Perché siete umili». Egli è la purezza più sublime, l'Agnello immacolato. Nulla poteva macchiare la sua santità perfetta, senza ombra (cfr Gv 8, 46). Eppure non dice: «Capiranno che siete miei discepoli perché siete casti e puri». Ha camminato per il mondo nel più completo distacco dai beni della terra. Egli era il Creatore e il Signore dell'universo, e non aveva neppure dove posare il capo (cfr Mt 8, 20). Ma non dice: «Vi riconosceranno come miei, perché non vi siete attaccati alle ricchezze». Rimane per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, digiunando rigorosamente (cfr Mt 4, 2), prima di dedicarsi alla predicazione del Vangelo. E, ancora, non dice ai suoi: «Capiranno che servite il Signore perché non siete mangioni né beoni». La caratteristica distintiva degli Apostoli, dei veri cristiani di ogni tempo, l'abbiamo ascoltata: Da questo — proprio da questo — tuttisapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35).

Trovo perfettamente logico che i figli di Dio siano sempre rimasti colpiti — anche tu e io lo siamo, in questo momento — da quel modo di insistere del Maestro. Il Signore non stabilisce, come prova della fedeltà dei suoi discepoli, i prodigi e i miracoli strepitosi, benché abbia loro conferito il potere di compierli, nello Spirito Santo. Che cosa dice loro? Capiranno che siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente (SAN BASILIO, Regulae fusius tractatae, 3, 1 [PG 31, 918]).

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