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Mi è rimasta impressa, e me ne sono servito più volte per la mia orazione, una scena a cui ho assistito molti anni fa percorrendo una strada di Castiglia: degli uomini conficcavano con forza nel terreno dei pali e vi fissavano la rete che avrebbe delimitato il recinto per il gregge. Poco dopo, giunsero sul posto i pastori con le pecore, con gli agnelli; li chiamavano per nome, ed essi, a uno a uno, entravano nell'ovile per restare, tutti insieme, al sicuro.

In questo momento, o Signore, il mio pensiero si sofferma in modo tutto particolare su quei pastori e su quell'ovile, perché tutti noi che siamo qui — e molti altri sparsi nel mondo — per parlare con Te, sappiamo di far parte del tuo gregge. Tu stesso l'hai detto: Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10, 14). Tu ci conosci bene; sai che vogliamo udire, ascoltare sempre con attenzione i tuoi richiami di Pastore Buono, e assecondarli, perché questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 3).

Amo tanto l'immagine di Cristo circondato a destra e a sinistra dalle sue pecore, che ne ho fatta collocare una nell'oratorio in cui abitualmente celebro la santa Messa; e in altri posti ho fatto incidere, per risvegliare la presenza di Dio, le parole di Gesù: Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10, 14), affinché in ogni istante consideriamo che Egli ci richiama, ci istruisce e ci dirige come un pastore il suo gregge (cfr Sir 18, 13). È molto appropriato, dunque, il ricordo di quell'episodio in terra di Castiglia.

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