Elenco di punti

Ci sono 3 punti in «È Gesù che passa» il cui argomento è Speranza → speranza del cielo.

Ci dice san Paolo: Prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù (2 Tm 2, 3). La vita del cristiano è milizia, è guerra, bellissima guerra di pace che non assomiglia in nulla alle imprese belliche degli uomini, perché queste si ispirano alla divisione e all'odio, mentre la guerra che i figli di Dio combattono contro il proprio egoismo si fonda sull'unità e sull'amore. Noi — insegna infatti san Paolo — viviamo nella carne, ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio (2 Cor 10, 3-4). È la schermaglia senza tregua contro l'orgoglio, contro la prepotenza che ci dispone ad agire malamente, contro l'arroganza nel giudicare.

In questa domenica delle Palme, nel commemorare il giorno in cui il Signore dà inizio alla settimana decisiva per la nostra salvezza, mettiamo da parte le considerazioni superficiali, andiamo all'essenza, a ciò che è veramente importante. Ebbene, la nostra aspirazione è andare in Cielo. Altrimenti non c'è nulla che valga la pena. Per andare in Cielo è indispensabile la fedeltà alla dottrina di Cristo. Per essere fedeli è indispensabile insistere con costanza nella lotta contro gli ostacoli che si oppongono alla nostra felicità eterna.

So bene che, quando si parla di lotta, si erge dinanzi a noi la consapevolezza della nostra fragilità che ci fa prevedere le cadute e gli errori. Ma Dio mette in conto queste cose: mentre si cammina è inevitabile che si alzi la polvere della strada. Siamo creature, e come tali abbiamo tanti difetti. Direi che conviene che ve ne siano sempre: sono come un'ombra che fa sì che nell'anima, per contrasto, risaltino di più la grazia di Dio e il nostro sforzo di corrispondere al favore divino. Questo chiaroscuro ci fa più umani, più umili, più comprensivi, più generosi.

Cerchiamo di non ingannarci: se nella nostra vita costatiamo momenti di slancio e di vittoria, costatiamo pure momenti di decadimento e di sconfitta. Tale è stato sempre il pellegrinaggio terreno dei cristiani, non esclusi quelli che veneriamo sugli altari. Vi ricordate di Pietro, di Agostino, di Francesco? Non ho mai apprezzato quelle biografie che ci presentano — con ingenuità, ma anche con carenza di dottrina — le imprese dei santi come se essi fossero stati confermati in grazia fin dal seno materno. Non è così. Le vere biografie degli eroi della fede sono come la nostra storia personale: lottavano e vincevano, lottavano e perdevano; in tal caso, contriti, tornavano alla lotta.

Non sorprendiamoci di vederci sconfitti con relativa frequenza: di solito, o anche sempre, in cose di poca importanza ma che ci affliggono come se ne avessero molta. Quando c'è amor di Dio, quando c'è umiltà, quando c'è perseveranza e fermezza nella lotta, queste sconfitte non avranno mai molto peso. Non solo, ma verranno le vittorie, che saranno a nostra gloria agli occhi di Dio. Non esiste l'insuccesso quando si agisce con rettitudine di intenzione, quando si vuole compiere la volontà di Dio e si fa affidamento sulla sua grazia, consapevoli del nostro nulla.

Ma è in agguato un nemico potente che si oppone al nostro desiderio di incarnare fino in fondo la dottrina di Cristo: è la superbia, che cresce quando non cerchiamo di scoprire dietro agli insuccessi e alle sconfitte la mano benefica e misericordiosa del Signore. L'anima si vela allora di penombra — di triste oscurità — e si sente perduta. L'immaginazione inventa ostacoli irreali che si dissolverebbero se guardassimo le cose con un briciolo di umiltà. A motivo della superbia e dell'immaginazione l'anima si caccia a volte in tortuosi calvari, nei quali però non v'è Cristo, perché dove è il Signore si gode la pace e la gioia, anche quando l'anima è in carne viva e circondata da tenebre.

C'è un altro nemico ipocrita della nostra santificazione: l'idea che la battaglia interiore vada sferrata contro ostacoli straordinari, contro draghi che buttano fuoco dalle fauci. È un altro tranello dell'orgoglio: vogliamo lottare, ma con grande spettacolo, tra squilli di trombe e svettare di stendardi.

Dobbiamo convincerci che il nemico più grande della roccia non è il piccone o altro strumento di demolizione, per potente che sia: è quell'acqua insignificante che penetra, a goccia a goccia, tra le sue fenditure, fino a disgregarne la struttura. Il pericolo più grande per il cristiano è quello di disprezzare la lotta nelle cose piccole che penetrano a poco a poco nell'anima fino a renderla molle, fragile e indifferente, insensibile ai richiami di Dio.

Ascoltiamo il Signore: Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto (Lc 16, 10). È come se Egli ci ricordasse: lotta ogni istante in quei particolari in apparenza di poco conto, ma grandi al mio cospetto; vivi con precisione il compimento del dovere; sorridi a chi ne ha bisogno, anche se la tua anima è sofferente; dedica all'orazione il tempo necessario, senza ritagliarlo; va' incontro a chi cerca il tuo aiuto; esercita la giustizia arricchendola con il garbo della carità.

Queste e altre simili sono le mozioni che ogni giorno sentiremo dentro di noi, come richiami silenziosi che ci spingono ad allenarci nello sport soprannaturale del dominio di noi stessi. Ci illumini la luce di Dio, facendoci percepire i suoi ammonimenti; ci aiuti Lui a lottare e sia al nostro fianco nella vittoria; non ci abbandoni al momento della caduta, perché con Lui potremo sempre rialzarci e continuare a combattere.

Non possiamo sostare. Il Signore ci chiede di lottare guadagnando sempre di più in prontezza, in profondità, in estensione. È nostro dovere superarci, perché in questa prova c'è un'unica meta, la gloria del Cielo: se non la raggiungiamo, tutto sarà stato inutile.

Concludiamo questa meditazione. Assaporando nel vostro intimo l'infinita bontà di Dio, pensate che Cristo, alle parole della Consacrazione, si fa realmente presente nell'Ostia, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Adoratelo con riverenza e devozione; rinnovate in sua presenza l'offerta sincera del vostro amore; ditegli senza timore che lo amate, rendetegli grazie per questa prova quotidiana della sua amabile misericordia, e crescete nel desiderio di avvicinarvi con fiducia alla Comunione. Io mi commuovo dinanzi a questo mistero d'Amore: il Signore cerca il mio povero cuore per farne il suo trono, per non abbandonarmi, a condizione che io non mi allontani da Lui.

Ricreàti dalla presenza di Cristo, rifocillati dal suo Corpo, sapremo essere fedeli in questa vita terrena per chiamarci poi vincitori nel Cielo, accanto a Gesù e a Maria sua Madre. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo (1 Cor 15, 55 e 57).

Riferimenti alla Sacra Scrittura
Riferimenti alla Sacra Scrittura