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Ci sono 2 punti in «Colloqui con monsignor Escrivá» il cui argomento è Coscienza → libertà delle coscienze .

L'Opus Dei insiste sulla libertà dei soci di esprimere le loro legittime convinzioni. Riprendendo il discorso da un altro punto di vista, fino a che punto lei pensa che l'Opus Dei sia moralmente obbligato a esprimere opinioni su questioni cruciali secolari e spirituali, pubblicamente o in privato? Ci possono essere situazioni in cui l'Opus Dei ponga la sua influenza e quella dei suoi soci a difesa dei princìpi che considera sacri, come per esempio, recentemente, in appoggio alla legislazione sulla libertà religiosa in Spagna?

Nell'Opus Dei cerchiamo sempre e in tutte le cose di sentire con la Chiesa di Cristo: non abbiamo altra dottrina che quella insegnata dalla Chiesa per tutti i fedeli. L'unica cosa peculiare che abbiamo è una spiritualità propria, caratteristica dell'Opus Dei, vale a dire un modo determinato di vivere il Vangelo, santificandoci nel mondo ed esercitando l'apostolato per mezzo del lavoro professionale.

Ne viene, come conseguenza immediata, che tutti i soci dell'Opera hanno la stessa libertà degli altri cattolici nel formare autonomamente le loro opinioni, e per agire di conseguenza. Pertanto l'Opus Dei come tale non può e non deve esprimere un'opinione propria, né la può avere. Se si tratta di una questione sulla quale c'è una dottrina definita dalla Chiesa, l'opinione di ciascun socio dell'Opera sarà quella dottrina. Se invece si tratta di una questione su cui il Magistero — il Papa e i Vescovi — non si sono pronunciati, ogni socio dell'Opus Dei avrà e sosterrà liberamente l'opinione che gli sembri migliore e agirà di conseguenza.

In altre parole, il principio che regola l'atteggiamento dei dirigenti dell'Opus Dei è il rispetto della libertà di scelta nelle cose temporali. Il che è cosa ben diversa dall'astensionismo, in quanto si tratta di porre ciascun socio davanti alle proprie responsabilità, invitandolo ad assumerle secondo coscienza, e impegnandosi liberamente. Pertanto non ha senso riferirsi all'Opus Dei quando si sta parlando di partiti, di gruppi o tendenze politiche o, in generale, di occupazioni e imprese umane; anzi è cosa ingiusta e al limite della calunnia, perché può indurre all'errore di dedurre falsamente che i soci dell'Opera sostengano collegialmente qualche ideologia, mentalità o interesse temporale.

Certamente i soci sono cattolici, e cattolici che cercano di essere coerenti con la propria fede. È così che li si può qualificare, se si vuole, a condizione di avere ben presente il fatto che essere cattolici non significa formar gruppo, neanche in campo culturale o ideologico né, a maggior ragione, in quello politico. Dall'inizio dell'Opera, e non solo dopo il Concilio, abbiamo cercato di vivere un cattolicesimo aperto, che difende la legittima libertà delle coscienze, spinge a trattare con carità fraterna tutti gli uomini, siano o no cattolici, e a collaborare con tutti facendoci partecipi dei molteplici e nobili ideali che muovono l'umanità.

Facciamo un esempio. Di fronte al problema razziale degli Stati Uniti, ogni socio dell'Opera terrà conto degli insegnamenti chiari della dottrina cristiana sull'uguaglianza di tutti gli uomini e sull'ingiustizia di qualsiasi discriminazione. Conoscerà anche e si sentirà sollecitato dalle direttive concrete dei Vescovi americani su questo tema. Difenderà pertanto i legittimi diritti di tutti i cittadini e si opporrà a qualunque situazione o progetto discriminatorio. Avrà presente, inoltre, che per un cristiano non è sufficiente rispettare i diritti degli altri uomini, ma che bisogna vedere, in tutti, dei fratelli ai quali dobbiamo un amore sincero e un servizio disinteressato.

Nella formazione che l'Opus Dei dà ai suoi soci si insisterà su queste idee più in America che in altri Paesi in cui questo problema particolare non si presenta o si presenta con minore urgenza. Quello che l'Opus Dei non farà mai, è proporre, o anche soltanto suggerire, una soluzione concreta del problema. La convenienza di appoggiare un progetto di legge o un altro, di iscriversi a un'associazione o a un'altra — o di non iscriversi a nessuna —, di partecipare o di non partecipare a una determinata manifestazione, è cosa che deciderà ciascun socio. E di fatto, si vede ovunque che i soci non agiscono in blocco, ma secondo un logico pluralismo.

Questi stessi criteri spiegano il fatto che tanti spagnoli soci dell'Opus Dei siano favorevoli al progetto di legge sulla libertà religiosa nel loro paese, così come è stato presentato recentemente. Si tratta ovviamente di una scelta personale, come altrettanto personale è l'opinione di coloro che criticano questo progetto. Ma tutti hanno imparato dallo spirito dell'Opera ad amare la libertà e a comprendere gli uomini di tutte le credenze. L'Opus Dei è la prima istituzione cattolica che, fin dal 1950, con l'autorizzazione della Santa Sede, ammette come cooperatori i non cattolici e i non cristiani, senza alcuna discriminazione, con amore per tutti

Qual è la posizione dell'Opus Dei rispetto alla dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa, e soprattutto rispetto alla sua applicazione in Spagna, dove il "progetto Castiella" naviga ancora in alto mare? E che cosa ci può dire riguardo all'accusa di "integrismo" che è stata rivolta da qualche parte all'Opus Dei?

Integrismo? L'Opus Dei non è di destra, né di sinistra, né di centro. Io, come sacerdote, mi sforzo di essere di Cristo, che sulla croce ha aperto entrambe le braccia, e non uno solo; io da ogni gruppo prendo con libertà ciò che mi convince e che mi aiuta ad avere il cuore e le braccia aperti, per accogliere tutti gli uomini. Quanto ai soci ognuno è pienamente libero di impegnarsi nella direzione che preferisce, beninteso restando nei limiti della fede cristiana.

Rispetto alla libertà religiosa, l'Opus Dei, da quando è stato fondata, non ha mai fatto discriminazioni: lavora con tutti e convive con tutti, perché in ogni persona vede un'anima da rispettare e amare. E queste non sono solo parole: la nostra Opera è la prima organizzazione cattolica che, con l'autorizzazione della Santa Sede, ammette come cooperatori gli acattolici, anche non cristiani.

Ho sempre difeso la libertà delle coscienze. Io non comprendo la violenza: non mi pare il mezzo idoneo né per convincere né per vincere; l'errore si supera con la preghiera, con la grazia di Dio, con lo studio; mai con la forza, sempre con la carità. Lei capirà che, se è questo lo spirito che ha animato fin dal primo momento la nostra Opera, gli insegnamenti promulgati dal Concilio su questo tema non possono che riempirmi di gioia.

Per quanto riguarda il progetto cui lei accennava, non spetta a me risolvere la questione: essa è di competenza della Gerarchia ecclesiastica in Spagna e dei cattolici di quel Paese: sono loro che devono applicare alle proprie circostanze particolari lo spirito del Concilio.