Elenco di punti

Ci sono 6 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Tempo → buon uso del tempo.

Perché è da innamorati aver cura dei particolari, anche nelle azioni apparentemente senza importanza.

Ma seguiamo il filo della parabola. Che cosa fanno lo vergini stolte? Solo da quel momento si impegnano a prepararsi per attendere lo sposo: vanno a comperare olio. Si sono però decise tardi e, mentre andavano, arrivò lo sposo, e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici. (Mt 25, 10-11). Non sono rimaste inattive: qualche tentativo l'hanno pur fatto… Ma dovettero udire la voce che rispondeva loro con durezza: Non vi conosco (Mt 25, 12).

Non seppero o non vollero prepararsi con la dovuta prontezza, e si dimenticarono di prendere la ragionevole precauzione di comperare l'olio a tempo debito. Mancò loro la generosità di compiere interamente quel poco che era stato loro affidato. In realtà ebbero a disposizione molte ore, ma le sprecarono.

Pensiamo coraggiosamente alla nostra vita. Perché a volte non troviamo quei pochi minuti per portare a termine con amore il lavoro che ci aspetta e che è lo strumento della nostra santificazione? Perché trascuriamo i doveri famigliari? Perché si insinua la precipitazione al momento di pregare, di assistere al santo Sacrificio della Messa? Perché ci manca serenità e calma nel compiere i doveri del nostro stato, e ci intratteniamo senza alcuna fretta dietro ai nostri capricci personali? Mi direte: sono piccolezze. Sì, è vero: ma queste piccolezze sono l'olio, il nostro olio, che tiene viva la fiamma e accesa la luce.

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna (Mt 20, 1).

Conoscete bene il racconto; quell'uomo ritorna in piazza in diverse occasioni per assumere degli operai; alcuni vennero chiamati allo spuntare del giorno; altri quando già calava la sera.

Tutti ricevono un denaro: il salario che ti avevo promesso, cioè la mia immagine e somiglianza. Sul denaro è incisa l'immagine del Re (SAN GEROLAMO, Commentariorum in Matthaeum libri, 3, 20 [PL 26, 147]). È questa la misericordia di Dio, che chiama ciascuno secondo le sue circostanze personali, perché vuole che tutti gli uomini siano salvati (1 Tm 2, 4).

Noi però siamo nati cristiani, siamo stati educati nella fede, abbiamo ricevuto, in modo evidente, l'elezione del Signore. Questa è la realtà. E dunque, quando vi sentite invitati a corrispondere, sia pure all'ultima ora, potrete più a lungo rimanere nella pubblica piazza a prendere il sole, come tutti quegli operai, ai quali avanzava il tempo?

Non ci deve avanzare nemmeno un secondo di tempo: non sto esagerando. Lavoro ce n'è; il mondo è grande e si contano a milioni le anime che ancora non hanno ascoltato con chiarezza la dottrina di Cristo. Mi rivolgo a ciascuno di voi. Se ti avanza tempo, rifletti un momento: è quasi certo che sei caduto nella tiepidezza, o che, soprannaturalmente parlando, sei un paralitico. Immobile, inerte, sterile, non sviluppi tutto il bene che dovresti comunicare a coloro che ti stanno accanto, nel tuo ambiente, nel tuo lavoro, nella tua famiglia.

Gesù aveva lavorato molto il giorno prima e, quando intraprese il cammino, ebbe fame. Spinto da questo bisogno, si dirige verso quel fico che, là discosto, presenta uno splendido fogliame. San Marco informa che non era quella la stagione dei fichi (Mc 11, 13); ma il Signore si avvicina ugualmente, sapendo benissimo che non ne avrebbe trovati. Tuttavia, costatando la sterilità dell'albero, pur nell'apparente fecondità segnalata dall'abbondanza di foglie, ordina: Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti! (Mc 11, 14).

È duro, certamente! Mai più da te nasca frutto! Come saranno rimasti stupefatti i discepoli, tanto più sapendo che era la sapienza di Dio a parlare! Gesù maledice l'albero perché ha trovato soltanto l'apparenza della fecondità, il fogliame. Impariamo così che non ci sono scuse per l'inefficacia. Si sente dire: non ho la preparazione sufficiente… Non ci sono scuse! Oppure: ma… la malattia, ma… non ho grandi capacità, ma… le circostanze non sono favorevoli, ma… l'ambiente… Nemmeno queste scuse hanno valore. Guai a chi si adorna del fogliame di un falso apostolato, a chi ostenta la frondosità di una vita apparentemente feconda, senza sinceri propositi di produrre frutto! Chi si muove, chi organizza, chi inventa soluzioni sempre nuove, sembra utilizzare bene il tempo… Ma è improduttivo. Nessuno si alimenterà delle sue opere, perché sono senza sostanza soprannaturale.

Chiediamo al Signore che faccia di noi anime disposte a lavorare con eroismo fecondo. Perché sono molti sulla terra coloro che, alle creature che li avvicinano, offrono soltanto foglie: grandi, lustre e splendenti. Fogliame, solo fogliame, e nient'altro. E le anime ci guardano con la speranza di saziare la loro fame, che è fame di Dio. Non possiamo dimenticare che abbiamo a disposizione tutti i mezzi: la dottrina sufficiente e la grazia del Signore, nonostante le nostre miserie.

Lottate contro l'eccessiva comprensione che ciascuno prova verso di sé: siate esigenti con voi stessi! Talvolta pensiamo troppo alla salute; al riposo, che peraltro non deve mancare, perché è necessario per ritornare al lavoro con rinnovate energie. Ma il riposo — come ho scritto tanto tempo fa — non consiste nel non far nulla: consiste nel distrarci con attività che richiedono meno sforzo.

Altre volte, con falsi pretesti, ce la prendiamo troppo comoda, dimentichiamo la benedetta responsabilità che pesa sulle nostre spalle, ci accontentiamo di salvare la faccia, ci lasciamo trascinare da 'ragioni senza ragione' per restare con le mani in mano, mentre Satana e i suoi complici non vanno mai in ferie. Ascolta con attenzione, e meditalo, ciò che san Paolo scriveva ai cristiani che svolgevano mansioni servili: li esortava a obbedire ai loro padroni, non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore, prestando servizio di buona voglia come al Signore, e non come a uomini (Ef 6, 6-7). Ottimo consiglio, che tu e io dobbiamo seguire!

Chiediamo luce a Gesù Cristo nostro Signore, e preghiamolo di aiutarci a scoprire, in ogni momento, il significato divino che trasforma la nostra vocazione professionale nel cardine sul quale poggia e ruota la nostra chiamata alla santità. Nel Vangelo potete leggere che Gesù era conosciuto come faber, filius Mariae (Mc 6, 3), l'artigiano, il figlio di Maria: ebbene, anche noi, con santo orgoglio, dobbiamo dimostrare coi fatti che siamo lavoratori, uomini e donne che lavorano!

Dato che ci dobbiamo comportare sempre come inviati di Dio, dobbiamo ricordare molto bene che non lo serviamo con lealtà quando trascuriamo il nostro lavoro; quando non condividiamo con gli altri l'impegno e l'abnegazione nel compiere i doveri professionali; quando diamo motivo di essere giudicati scansafatiche, leggeri, superficiali, disordinati, pigri, inutili… Perché chi trascura questo genere di doveri, solo in apparenza meno importanti, difficilmente riuscirà vittorioso nei doveri della vita interiore, che certamente sono più difficili. Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto (Lc 16, 10).

Vi ripeto spesso che, in questi momenti di conversazione con Gesù, che ci vede e che ci ascolta dal Tabernacolo, non possiamo cadere in un'orazione impersonale; e aggiungo che, per meditare in modo da istaurare immediatamente un dialogo con il Signore — non occorre il suono delle parole —, dobbiamo uscire dall'anonimato, metterci alla sua presenza così come siamo, senza imboscarci nella folla che riempie la chiesa, né disperderci in una sequela di parole vuote, che non sgorga dal cuore, ma, tutt'al più, da abitudini spoglie di contenuto.

Adesso preciso che anche il tuo lavoro deve essere orazione personale, deve trasformarsi in una splendida conversazione con il nostro Padre celeste. Se cerchi la santificazione nella tua attività professionale, e per mezzo della tua attività professionale, dovrai necessariamente sforzarti di fare in modo che essa diventi preghiera personale, non anonima. Pertanto questi tuoi sforzi non possono cadere nell'oscurità amorfa di un compito abitudinario, impersonale, perché in quel preciso momento verrebbe meno l'attrattiva divina che anima le tue attività quotidiane.

Mi affiorano alla memoria i viaggi sui campi di battaglia durante la guerra civile spagnola. Senza disporre di alcun mezzo umano, accorrevo ovunque qualcuno avesse bisogno del mio lavoro sacerdotale. In quelle circostanze così eccezionali, che forse fornivano a qualcuno un pretesto per giustificare omissioni e trascuratezze, non mi limitavo a suggerire consigli semplicemente ascetici. Ero mosso dalla stessa preoccupazione che sento oggi, e che mi sforzo di far risvegliare dal Signore in ciascuno di voi: mi interessavo del bene delle anime di quei giovani, e anche della loro gioia qui sulla terra; li incoraggiavo a far buon uso del tempo impiegandolo in occupazioni utili; la guerra non doveva costituire una specie di parentesi chiusa nella loro vita. Li esortavo a non lasciarsi andare, a fare tutto il possibile per non trasformare la trincea o la garitta in una specie di sala di attesa delle stazioni ferroviarie di allora, dove si ammazzava il tempo in attesa di treni che sembrava non giungessero mai.

Concretamente, suggerivo di occuparsi in qualche attività profittevole — studiare, imparare le lingue, per esempio — compatibile con il servizio militare, raccomandavo di non smettere mai di essere uomini di Dio e di fare in modo che tutto il loro comportamento fosse operatio Dei, lavoro di Dio. Ed era commovente costatare che quei ragazzi, in situazioni niente affatto facili, rispondevano splendidamente: si notava la solidità della loro tempra interiore.

Possumus! (Mt 20, 22), possiamo vincere anche questa battaglia, con l'aiuto del Signore. Siate convinti che non è difficile trasformare il lavoro in un dialogo di preghiera. Non appena lo si è offerto e si è messo mano all'opera, Dio è già in ascolto, già infonde coraggio. Abbiamo raggiunto lo stile delle anime contemplative, in mezzo al lavoro quotidiano! Perché ci pervade la certezza che Egli ci vede, mentre ci richiede continui superamenti: quel piccolo sacrificio, quel sorriso a un importuno, il cominciare dall'occupazione meno piacevole ma più urgente, la cura dei dettagli di ordine, la perseveranza nel compimento del dovere quando sarebbe così facile interromperlo, il non rimandare a domani ciò che dobbiamo concludere oggi…, tutto per far piacere a Lui, a Dio nostro Padre! E magari, sul tavolo di lavoro o in un posto opportuno, che non richiama l'attenzione ma che a te serve da svegliarino dello spirito contemplativo, collochi il crocifisso, che per la tua anima e per la tua mente è il manuale da cui apprendi le lezioni di servizio.

Se ti decidi — senza singolarità, senza abbandonare il mondo, nel bel mezzo delle tue occupazioni abituali — ad avviarti per questi cammini contemplativi, ti sentirai immediatamente amico del Maestro, con il divino incarico di aprire i sentieri divini della terra a tutta l'umanità. Sì: con il tuo concreto lavoro contribuirai ad estendere il regno di Cristo in tutti i continenti. Una dopo l'altra si succederanno le ore di lavoro offerte per le nazioni lontane che si aprono alla fede, per i popoli orientali ai quali è barbaramente impedito di professare liberamente la religione, per i paesi di antica tradizione cristiana in cui sembra che la luce del Vangelo si sia offuscata e che le anime si dibattano nelle tenebre dell'ignoranza… In questo modo, che grande valore assume un'ora di lavoro, perseverare con impegno costante ancora per un po', qualche minuto ancora, per terminare tutto bene! Stai trasformando, in modo semplice e pratico, la contemplazione in apostolato, come un'imperiosa necessità del cuore che batte all'unisono con il dolcissimo e misericordioso Cuore di Gesù, Signore nostro.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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