Elenco di punti

Ci sono 3 punti in «Amici di Dio» il cui argomento è Malattia → e la Croce.

Se vi richiamo queste forti verità, è per invitarvi ad esaminare attentamente i moventi del vostro comportamento, per rettificare ciò che deve essere rettificato, indirizzando tutto al servizio di Dio e degli uomini vostri fratelli. Badate che il Signore ci è passato accanto, ci ha guardato con affetto e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Gesù Cristo fin dall'eternità (2 Tm 1-9).

Purificate l'intenzione, svolgendo tutte le vostre occupazioni per amore verso Dio, abbracciando con gioia la croce di ogni giorno. L'ho ripetuto mille volte, perché ritengo che queste idee devono restare scolpite nel cuore dei cristiani: quando non ci limitiamo a tollerare e, invece, amiamo le contrarietà, il dolore fisico o morale, e lo offriamo a Dio in riparazione per i nostri peccati personali e per i peccati di tutti gli uomini, vi assicuro che allora la pena non opprime.

In questo caso non si porta una croce qualsiasi, si scopre la Croce di Cristo, con la consolazione di costatare che è il Redentore ad offrirsi di portarne il peso. Noi collaboriamo come Simone di Cirene che, mentre rientrava dal lavoro dei campi pensando al meritato riposo, si trovò costretto a porgere la spalla per aiutare Gesù (cfr Mc 15, 21). Essere il volontario Cireneo di Cristo, accompagnare così da vicino la sua dolente Umanità, ridotta a un cencio, per un'anima innamorata non è una disgrazia, comporta la certezza che Dio è vicino, e ci benedice con la sua chiamata.

Molto spesso parecchia gente mi ha commentato con stupore l'allegria che, grazie a Dio, i miei figli nell'Opus Dei hanno e diffondono. Dinanzi a questa evidenza, do sempre la stessa spiegazione, perché non ne conosco un'altra: il fondamento della loro felicità consiste nel non aver paura né della vita né della morte, nel non abbattersi nelle afflizioni, nello sforzo quotidiano di vivere con spirito di sacrificio, sempre disposti — nonostante la miseria e la debolezza personali — a non concedere nulla a se stessi, per rendere più agevole e gradevole agli altri il vivere da cristiani.

Se non lotti, non dirmi che cerchi di identificarti sempre più con Cristo, di conoscerlo, di amarlo. Quando intraprendiamo il 'cammino regale' di seguire Cristo, di comportarci come figli di Dio, non ci rimane occulto ciò che ci attende: la Santa Croce, che dobbiamo contemplare come il punto centrale sul quale poggia la nostra speranza di unirci al Signore.

Ti dico subito che questo programma non è un'impresa comoda; che vivere nel modo indicato dal Signore richiede sforzo. Vi leggo le parole dell'Apostolo, quando enumera le sue peripezie e le sue sofferenze per compiere la volontà di Gesù: Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nelle città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese (2 Cor 11, 24-28).

Mi piace, in questi colloqui con il Signore, rimanere aderente alla realtà nella quale ci troviamo, senza inventare teorie, né sognare grandi rinunce o eroismi che abitualmente non hanno luogo. L'importante è fare buon uso del tempo, che ci sfugge dalle mani e che, per chi ha criterio cristiano, vale più dell'oro, perché rappresenta un anticipo della gloria che Dio ci concederà.

Certamente, nel corso della nostra giornata, non ci imbatteremo in tante e tali contrarietà come quelle della vita di Saulo. Vi scopriremo, invece, la bassezza del nostro egoismo, le unghiate della sensualità, gli schiaffi di un orgoglio inutile e ridicolo, e molte altre mancanze: tante, tante debolezze. Scoraggiarsi? No. Con san Paolo ripetiamo al Signore: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte (2 Cor 12, 10).

Mettetevi con frequenza tra i personaggi del Nuovo Testamento. Assaporate le scene commoventi in cui il Maestro opera con gesti divini e umani, o riferisce con espressioni divine e umane la storia sublime del perdono, il suo Amore ininterrotto per i suoi figli. Questa replica del Cielo si rinnova anche ora, nella perenne attualità del Vangelo: si avverte, si nota, si tocca con le mani la protezione divina. Ed è una difesa che cresce di vigore quando andiamo avanti nonostante gli inciampi, quando cominciamo e ricominciamo, perché tale è la vita interiore, quando la si vive con la speranza in Dio.

Se manca lo slancio di superare gli ostacoli interni ed esterni, non otterremo il premio. Non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole (2 Tm 2, 5), e non sarebbe autentico il combattimento se mancasse l'avversario con cui lottare. Pertanto, se non c'è avversario non c'è corona, perché non ci può esser vincitore là dove non c'è vinto (SAN GREGORIO NISSENO, De perfecta christiani forma [PG 46, 286]).

Lungi dallo scoraggiarci, le contrarietà devono essere uno stimolo per crescere come cristiani: in questa lotta ci santifichiamo, e il nostro lavoro apostolico acquista maggiore efficacia. Meditando quei momenti in cui Gesù — nell'Orto degli ulivi e, più tardi, nell'abbandono e nell'ignominia della Croce — accetta e ama la Volontà del Padre, mentre patisce il peso immane della Passione, dobbiamo persuaderci che per imitare Cristo, per essere buoni discepoli suoi, occorre abbracciare il suo consiglio: Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt 16, 24). Perciò mi piace chiedere a Gesù, per me: «Signore, non un giorno senza croce!». Così, con la grazia divina, si rafforzerà il nostro carattere, e serviremo di appoggio al nostro Dio, al di sopra delle nostre miserie personali.

Cercate di capire: se piantando un chiodo nella parete non incontraste resistenza, che cosa potreste appendervi? Se non ci irrobustiamo, con l'aiuto divino, per mezzo del sacrificio, non potremo divenire strumenti del Signore. Se invece, per amor di Dio, ci decidiamo a trarre profitto con allegria dalle contrarietà, non ci costerà fatica, nelle situazioni difficili e sgradevoli, nelle occasioni dure e disagevoli, esclamare, come gli Apostoli Giacomo e Giovanni: Possiamo! (Mc 10, 38).