65

Che strana capacità ha l'uomo di dimenticare le cose più meravigliose, di abituarsi al mistero! Ricordiamo ancora una volta, in questa Quaresima, che il cristiano non può essere superficiale. Pienamente inserito nel suo lavoro ordinario, in mezzo agli altri uomini — a cui è uguale in tutto — attivo, impegnato, in tensione, il cristiano deve, nello stesso tempo, essere pienamente in Dio, perché ne è figlio.

La filiazione divina è una verità lieta, un mistero di consolazione. Riempie tutta la nostra vita spirituale perché ci insegna a trattare, conoscere, amare il nostro Padre del Cielo, e colma di speranza la nostra lotta interiore, dandoci la semplicità fiduciosa propria dei figli più piccoli. Più ancora: dal momento che siamo figli di Dio, questa realtà ci porta anche a contemplare con amore e ammirazione tutte le cose che sono uscite dalle mani di Dio, Padre e Creatore. E in tal modo siamo contemplativi in mezzo al mondo, amando il mondo.

Nella Quaresima, la liturgia ha presenti le conseguenze del peccato di Adamo nella vita dell'uomo. Adamo non volle essere un buon figlio di Dio e si ribellò. Ma già risuona incessante l'eco del felix culpa — felice colpa — che la Chiesa intera, piena di gioia, canterà nella veglia di Pasqua (preconio pasquale).

Dio Padre, giunta la pienezza dei tempi, inviò al mondo il suo Figlio Unigenito perché ristabilisse la pace; perché, redenti dal peccato, adoptionem filiorum reciperemus (Gal 4, 5), fossimo costituiti figli di Dio, liberati dal giogo della schiavitù, resi capaci di partecipare all'intimità della Trinità divina. E così è stata data all'uomo nuovo, al nuovo innesto dei figli di Dio (cfr Rm 6, 4-5), la possibilità di riscattare la creazione intera dal disordine, restaurando tutte le cose in Cristo (cfr Ef 1, 5-10), in Colui che le ha riconciliate con Dio (cfr Col 1, 20).

Tempo di penitenza, quindi. Ma la penitenza, lo abbiamo già visto, non è un compito negativo. La Quaresima va vissuta in quello spirito di filiazione che Cristo ci ha comunicato e che palpita nella nostra anima (cfr Gal 4, 6). Il Signore ci chiama ad avvicinarci a Lui con il desiderio di essere come Lui: Fatevi imitatori di Dio, quali figli suoi carissimi (Ef 5, 1), collaborando umilmente ma con fervore al divino proposito di unire ciò che è diviso, di salvare ciò che è perduto, di ordinare ciò che il peccato dell'uomo ha sconvolto, di ricondurre al suo fine ciò che se ne è allontanato, di ristabilire la divina concordia di tutto il creato.

Questo punto in altre lingue