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Nella parabola del convito nuziale, il padre di famiglia, dopo essersi accorto che alcuni degli invitati hanno addotto scuse pretestuose, ordina al servo: Esci per le strade e lungo le siepi e spingi a entrare — compelle intrare — tutti coloro che incontri (Lc 14, 23). È forse coazione, questa? È violenza contro la legittima libertà della coscienza individuale?

Se meditiamo il Vangelo e riflettiamo sugli insegnamenti di Gesù, non confonderemo questi ordini con la costrizione. Osservate come Cristo preferisce sempre suggerire: Se vuoi essere perfetto… se qualcuno vuoi venire dietro a me… Il compelle intrare non comporta violenza fisica o morale: esprime lo slancio dell'esempio cristiano, che sprigiona la forza di Dio: Ecco come esercita la sua attrattiva il Padre: attrae col suo insegnamento, senza costringere nessuno. Ecco come attrae (SANT'AGOSTINO, In Ioannis Evangelium tractatus, 26, 7 [PL 35, 1610]).

Quando si respira questo clima di libertà, si capisce chiaramente che compiere il male non è liberazione, ma schiavitù. Colui che pecca contro Dio conserva il libero arbitrio quanto alla libertà dalla coazione, ma lo ha perso quanto alla libertà dalla colpa (SAN TOMMASO D'AQUINO, Questiones disputatae. De malo, q. VI, ad. 23). Potrà dire di essersi comportato a suo gusto, ma non potrà far sentire la voce della vera libertà; perché si è reso schiavo di ciò che ha scelto, ed ha scelto il peggio, l'assenza di Dio, e lì non vi è libertà.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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