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Desiderio di adorazione, ansia di riparazione in soave quiete e nella sofferenza. Diventerà vita della vostra vita l'affermazione di Gesù: Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me (Mt 10, 38). E il Signore si dimostra sempre più esigente, ci chiede riparazione e penitenza, fino a spingerci a sperimentare il fervido anelito di voler vivere per Iddio, inchiodati sulla Croce insieme a Cristo (cfr Gal 2, 19). Ma questo tesoro lo portiamo in vasi d'argilla, fragili e caduchi, affinché si riconosca che la straordinaria sua forza è di Dio e non viene da noi (2 Cor 4, 7).

In tutto siamo tribolati, senza però essere ridotti agli estremi; angustiati senza essere disperati o privi di risorse; perseguitati ma non abbandonati; abbattuti ma non perduti; sempre portiamo con noi rappresentata nel nostro corpo la morte di Gesù (2 Cor 4, 8-10).

Immaginiamo perfino che il Signore non ci ascolti, che ci stiamo ingannando, che si oda soltanto il monologo della nostra voce. Ci troviamo come senza appoggio sulla terra e abbandonati dal Cielo. Però il nostro orrore al peccato, anche veniale, è vero e concreto. Con l'ostinazione della cananea, ci prostriamo umilmente come lei, che lo adorò implorando: Signore, aiutami (Mt 15, 25). Allora scomparirà la tenebra, vinta dalla luce dell'Amore.

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