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Tutto questo per qualcuno risulterà famigliare, per altri una novità, per tutti arduo. Comunque, finché ne avrò la forza, non cesserò di predicare la necessità primaria di essere anime d'orazione: sempre, in qualunque occasione e nelle circostanze più diverse, perché Dio non ci abbandona mai. Non è da cristiani pensare all'amicizia divina come a una risorsa per casi estremi. Potrà mai sembrarci giusto ignorare o disprezzare le persone che amiamo? Certamente no. A coloro che amiamo si rivolgono costantemente le nostre parole, i desideri, i pensieri: c'è come una loro continua presenza. Lo stesso deve essere per Iddio.

Cercando il Signore in questo modo, la nostra giornata si trasforma tutta intera in un'intima e fiduciosa conversazione. È quanto ho affermato e scritto tante volte, né mi importa ripeterlo, perché il Signore ci fa vedere — con il suo esempio — che questa è la condotta da seguire: orazione costante, dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina. Quando tutto riesce facile gli diciamo: «Grazie, mio Dio!». E quando giunge il momento difficile: «Signore, non mi abbandonare!». E questo nostro Dio, mite e umile di cuore (Mt 11, 29), non dimenticherà le nostre suppliche, non rimarrà indifferente, Lui che ha affermato: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (Lc 11, 9).

Vedendo dunque Dio dietro ogni evento, cerchiamo di non perdere mai di vista il nostro fine soprannaturale, sia di fronte a cose gradevoli che sgradevoli, sia di fronte alla consolazione che allo sconforto per la morte di una persona cara. Prima di tutto, la conversazione con Dio Padre, la ricerca del Signore nel centro della nostra anima. Non è cosa piccola, o di poca importanza: è la manifestazione chiara della vita interiore costante, dell'autentico dialogo d'amore. È un esercizio che non provocherà alcuna deformazione psicologica, giacché, per un cristiano, deve essere del tutto naturale, come il battito del cuore.

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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