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Siamo già entrati nelle vie dell'orazione. Come proseguire? Avete notato che certuni — uomini e donne — quando parlano sembrano parlare con se stessi, ascoltandosi con compiacimento? È una verbosità quasi incessante, un monologo che insiste senza posa sui problemi che li preoccupano; essi però non ricercano i mezzi per risolverli, perché li muove forse unicamente il morboso desiderio di essere compatiti o ammirati. Si direbbe che non chiedono altro.

Quando veramente vogliamo aprire il cuore, se siamo sinceri e semplici, cerchiamo il consiglio delle persone che ci amano, che ci comprendono: ci si rivolge al padre, alla madre, allo sposo, alla sposa, al fratello, all'amico. Questo è già dialogo, pur se spesso si desideri, più che ascoltare, aprirsi, raccontare quello che ci succede. Dobbiamo incominciare a comportarci così con il Signore, con la sicurezza che Egli ci ascolta e ci risponde; gli presteremo attenzione e apriremo la nostra coscienza a un colloquio umile, nel quale gli riferiremo, pieni di fiducia, tutto quello che palpita nella nostra mente e nel nostro cuore: gioie e tristezze, speranze, dolori, vittorie e sconfitte, e anche i particolari più insignificanti della nostra giornata. Perché avremo la consapevolezza che tutto quello che ci riguarda interessa il Padre nostro dei Cieli.

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