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Con gratitudine, perché intuiamo la felicità alla quale siamo chiamati, abbiamo imparato che tutte le creature sono state tratte dal nulla da Dio e per Iddio: tanto le creature razionali, cioè noi uomini, anche se così spesso perdiamo la ragione, quanto le creature irrazionali, quelle che vagano sulla superficie della terra, o abitano nelle viscere del mondo, o spaziano nell'azzurro del cielo, capaci perfino di guardare fisso il sole. Ma, in mezzo a questa meravigliosa varietà, soltanto noi uomini — sugli angeli va fatto un discorso a parte — ci uniamo al Creatore attraverso l'esercizio della nostra libertà: possiamo rendere o negare a Dio la gloria che gli compete in quanto Autore di tutto ciò che esiste.

Questa possibilità tratteggia il chiaroscuro della libertà dell'uomo. Il Signore ci invita, ci spinge — perché ci ama teneramente — a scegliere il bene. Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore Dio tuo, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva… Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza (Dt 30, 15-16, 19).

Vuoi considerare — anch'io mi sto esaminando — se mantieni immutabile e ferma la tua scelta per la vita? Se rispondi liberamente di sì alla voce di Dio, amabilissima, che ti stimola alla santità? Rivolgiamo lo sguardo a Gesù, mentre parlava alla folla nelle città e nelle campagne di Palestina. Non vuole imporsi. Se vuoi essere perfetto… (Mt 19, 21), dice al giovane ricco. Quel ragazzo respinse l'invito e, dice il Vangelo, abiit tristis (Mt 19, 22), se ne andò triste. Aveva perso la gioia, perché aveva rifiutato di dare a Dio la sua libertà.

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