239

Dirigiamo il nostro sguardo a Gesù Cristo, il nostro modello, lo specchio nel quale dobbiamo rifletterci. Come si comporta, anche esteriormente, nelle grandi occasioni? Che ci dice di Lui il santo Vangelo? Mi commuovo dinanzi all'atteggiamento abituale di Gesù che ricorre al Padre prima dei grandi miracoli, e dinanzi all'esempio che ci dà prima di iniziare la vita pubblica, quando si ritira per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto per pregare (cfr Mt 4, 2).

È molto importante — perdonatemi se insisto — osservare il comportamento del Messia, perché Egli è venuto a mostrarci la via che conduce al Padre. Assieme a Lui scopriremo come è possibile dare rilievo soprannaturale alle attività in apparenza più insignificanti; impareremo a vivere ogni istante con vibrazione d'eternità e comprenderemo con crescente profondità che la creatura ha bisogno di momenti di colloquio intimo con Dio, per stargli vicino, per invocarlo, per lodarlo, per prorompere in rendimento di grazie, per ascoltarlo o, semplicemente, per stare con Lui.

Già da molti anni, nel considerare il modo di agire del Signore, sono giunto alla conclusione che l'apostolato, quale che sia, è il traboccare della vita interiore. Mi sembra pertanto così naturale, e così soprannaturale, quel punto del Vangelo che narra come Gesù decise di scegliere definitivamente i primi dodici. San Luca racconta che prima trascorse tutta la notte in orazione (Lc 6, 12). Osservatelo anche a Betania, quando si accinge a risuscitare Lazzaro, dopo aver pianto per l'amico; alza gli occhi al cielo ed esclama: Ti ringrazio, Padre, di avermi ascoltato (Gv 11, 41). Il suo insegnamento preciso è stato questo: se vogliamo aiutare gli altri, se desideriamo veramente spingerli a scoprire il senso autentico del loro destino sulla terra, è necessario porre come fondamento la preghiera.

Questo punto in altre lingue