234

Peccherebbe di ingenuità chi pensasse che le esigenze della carità cristiana siano facili da compiere. Ben diverso è il panorama che ci si presenta se consideriamo il comportamento abituale della società e, purtroppo, se guardiamo anche all'interno della Chiesa. Se l'amore non costringesse a tacere, tutti potrebbero fare lunghi elenchi di divisioni, di conflitti, di ingiustizie, di mormorazioni, di insidie. Dobbiamo ammetterlo con semplicità, per cercare di applicare il rimedio opportuno, che deve tradursi nello sforzo personale di non ferire, di non trattar male, di correggere senza stroncare.

Non sono cose nuove. Pochi anni dopo l'Ascensione di Cristo in Cielo, quando quasi tutti gli Apostoli percorrevano ancora le vie del mondo e dappertutto regnava uno splendido fervore di fede e di speranza, già allora molti incominciavano a deviare, a non vivere la carità del Maestro.

Dal momento che c'è tra voi invidia e discordia — scrive san Paolo ai Corinzi — non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana? Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini (1 Cor 3, 3-4) che non capiscono che Cristo è venuto per superare tutte queste divisioni? Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso (1 Cor 3, 4-5).

L'Apostolo non respinge la diversità: ciascuno ha ricevuto da Dio il suo proprio dono, chi in un modo, chi nell'altro (cfr 1 Cor 7, 7). Ma queste differenze devono essere poste al servizio del bene della Chiesa. In questo istante mi sento spinto a chiedere al Signore — unitevi, se volete, a questa mia preghiera — di non permettere che nella sua Chiesa la mancanza d'amore sparga zizzania nelle anime. La carità è il sale dell'apostolato dei cristiani: se diventa insipido, come potremo presentarci al cospetto del mondo e spiegare, a testa alta, che qui c'è Cristo?

Riferimenti alla Sacra Scrittura
Questo punto in altre lingue