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Devo ricordarvi che non troverete felicità al di fuori dei vostri obblighi cristiani. Se li abbandonate, vi rimarrà un rimorso tremendo, e sarete degli sventurati. Perfino le cose che più facilmente portano un po' di felicità, possono diventare amare come il fiele, aspre come l'aceto, ripugnanti come un veleno.

Voi e io, insieme, confidiamo a Gesù: «Signore, io mi propongo di lottare e so che Tu non perdi battaglie; capisco che se qualche volta rimango sconfitto è perché mi sono allontanato da te. Prendimi per mano e non fidarti di me, non lasciarmi».

Forse penserete: «Padre, ma io sono tanto felice; io amo Gesù Cristo; anche se sono fatto d'argilla desidero giungere alla santità, con l'aiuto di Dio e della sua santissima Madre». Non ne dubito; voglio solo prevenirti con queste esortazioni per il caso in cui sorgessero difficoltà.

Inoltre devo ripeterti che l'esistenza del cristiano — la tua e la mia — è Amore. Il nostro cuore è nato per amare, e quando non gli viene dato un affetto puro, limpido e nobile, si vendica e si riempie di miseria. Il vero amore di Dio — e quindi una vita pulita — è ugualmente lontano dalla sensualità e dall'insensibilità, dal sentimentalismo come dall'assenza o dalla durezza di cuore.

È una pena non aver cuore. Sono infelici coloro che non hanno mai appreso ad amare con tenerezza. Noi cristiani siamo innamorati dell'Amore: il Signore non ci vuole freddi, rigidi, come materia insensibile. Ci vuole impregnati del suo affetto. Chi rinuncia per Dio a un amore umano non è uno scapolone, come certe persone tristi, infelici e avvilite, che hanno disprezzato la generosità di amare limpidamente.

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