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Che importa inciampare, se nel dolore della caduta ritroviamo l'energia che ci raddrizza di nuovo e ci spinge a proseguire con slancio rinnovato? Non dimenticate che santo non è chi non cade, ma chi si rialza sempre, con umiltà, con santa ostinazione. Se nel libro dei Proverbi si legge che il giusto cade sette volte al giorno (cfr Pro 24, 16), tu e io — povere creature come siamo — non dobbiamo né meravigliarci né scoraggiarci di fronte alle nostre miserie personali, ai nostri inciampi, perché potremo sempre proseguire se cerchiamo la forza in Colui che ci ha promesso: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò (Mt 11, 28). Grazie, Signore, quia tu es, Deus, fortitudo mea (Sal 42, 2), perché sei sempre stato Tu, e soltanto Tu, Dio mio, la mia fortezza, il mio rifugio, il mio sostegno.

Se davvero vuoi progredire nella vita interiore, sii umile. Ricorri con costanza, con fiducia, all'aiuto del Signore e della sua Madre benedetta, che è anche tua Madre. Con serenità, tranquillamente, per quanto possa farti male la ferita ancora non rimarginata del tuo ultimo scivolone, abbraccia di nuovo la croce e ripeti: «Signore, con il tuo aiuto, lotterò per non fermarmi, risponderò fedelmente ai tuoi inviti, senza paura dei ripidi pendii, né dell'apparente monotonia del lavoro abituale, né dei cardi e dei rovi del sentiero. Sono certo che la tua misericordia mi assiste, e che al termine del cammino troverò la felicità eterna, la gioia e l'amore per l'infinità dei secoli».

Poi, sempre in quel sogno, lo scrittore scopriva un terzo itinerario: angusto, anch'esso costellato di asperità e di dure salite come il secondo. Era percorso da alcune persone che procedevano fra mille sofferenze, ma con aria solenne e maestosa. Eppure, finivano nello stesso orribile precipizio al quale conduceva il primo sentiero. È il cammino degli ipocriti, di coloro che sono privi di rettitudine di intenzione, che sono mossi da un falso zelo, e pervertono le opere divine mescolandole con egoismi temporali. È stolto intraprendere un'impresa difficile per essere ammirati; osservare i comandamenti di Dio con molto sforzo, ma aspirare a una ricompensa terrena. Chi si ripromette benefici umani dall'esercizio delle virtù è come chi svende un oggetto prezioso per pochi spiccioli: poteva conquistare il Cielo, e invece si accontenta di un'effimera lode… Per questo si dice che le speranze degli ipocriti sono come una ragnatela: tanta fatica per tesserla, e alla fine il vento della morte se la prende in un soffio (SAN GREGORIO MAGNO, Moralia, 2, 8, 43-44 [PL 75, 844-845]).

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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