Perché vedranno Dio

Sapete perfettamente, perché l'avete udito e meditato con frequenza, che Gesù Cristo è il nostro modello, il modello di tutti i cristiani. L'avete insegnato anche a tante anime, in un apostolato — rapporto umano con senso divino — che è parte del vostro io; e l'avete ricordato, quando era necessario, servendovi di un mezzo meraviglioso, la correzione fraterna, perché chi vi ascoltava confrontasse il suo comportamento con quello del nostro Fratello primogenito, il Figlio di Maria, Madre di Dio e Madre nostra.

Gesù è il modello. Lo ha detto Lui stesso: Discite a me (Mt 11, 29), imparate da me. E oggi desidero parlarvi di una virtù che, senza essere l'unica né la prima, indubbiamente agisce nella vita cristiana come il sale che preserva dalla corruzione, e costituisce la pietra di paragone dell'anima apostolica: la virtù della santa purezza.

Certamente la carità teologale è la virtù più elevata; la castità tuttavia è il mezzo imprescindibile, una condizione sine qua non per stabilire un dialogo intimo con Dio; e quando non la si difende, quando non si lotta, si finisce col diventare ciechi; non si vede più nulla perché l'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio (1 Cor 2, 14).

Noi vogliamo guardare con occhi limpidi, animati dalla predicazione del Maestro: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8). La Chiesa ha presentato sempre queste parole come un invito alla castità. Hanno il cuore puro — scrive san Giovanni Crisostomo — coloro che non si sentono colpevoli di nessun male, o quelli che vivono nella castità. Nessuna virtù più di questa è necessaria per vedere Dio (SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matthaeum homiliae, 15, 4 [PG 57, 227]).

Gesù, nostro Signore, lungo la sua vita terrena, è stato coperto di ingiurie, lo hanno maltrattato in tutti i modi possibili. Vi ricordate? Vanno dicendo che si comporta come un ribelle e affermano che è un indemoniato (cfr Mt 11, 18). Un'altra volta interpretano male le manifestazioni del suo Amore infinito e lo tacciano di amico dei peccatori (cfr Mt 9, 11).

Più tardi, a Lui, che è la penitenza e la temperanza in persona, rinfacciano di frequentare i banchetti dei ricchi (cfr Lc 19, 7). Inoltre lo chiamano con disprezzo fabri filius (Mt 13, 55), figlio dell'artigiano, del falegname, come se fosse un'ingiuria. Permette che lo chiamino mangione e beone… Lascia che lo accusino di tutto, eccetto che non sia casto. Su questo argomento ha chiuso loro la bocca, perché vuole che noi conserviamo il suo esempio senza ombre: un meraviglioso esempio di purezza, di candore, di luce, di amore capace di bruciare tutto il mondo per purificarlo.

A me piace far riferimento alla santa purezza contemplando il comportamento del Signore. Egli mise manifestamente una grande delicatezza nel vivere questa virtù. Osservate ciò che riferisce san Giovanni quando Gesù, fatigatus ex itinere, sedebat sic sopra fontem (Gv 4, 6), stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo.

Aprite gli occhi dell'anima e rivivete con calma la scena: Gesù Cristo, perfectus Deus, perfectus homo (Simbolo Quicumque), è affaticato dal cammino e dal lavoro apostolico, come forse è successo anche a voi, qualche volta, fino a sentirvi esausti, da non poterne più. È commovente vedere il Maestro così provato. Inoltre ha fame: i discepoli sono andati al vicino paese per cercare qualcosa da mangiare. E ha sete.

Ma più che la fatica del corpo, lo consuma la sete delle anime. Perciò, quando arriva la samaritana, una donna peccatrice, il cuore sacerdotale di Cristo si prodiga, infaticabile, per recuperare la pecora smarrita; dimentica la fatica, la fame, la sete.

Il Signore era impegnato in quella grande opera di carità, quando tornarono gli apostoli dalla città e mirabantur quia cum muliere loquebatur (Gv 4, 27), si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Quanta delicatezza! Perché amava tanto la virtù incantevole della santa purezza, che ci aiuta ad esser più forti, più generosi, più fecondi, più capaci di lavorare per Dio, più capaci di cose grandi!

Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione; che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio (1 Ts 4, 3-5). Apparteniamo totalmente a Dio, anima e corpo, carne e ossa, sensi e facoltà. Diciamogli con fiducia: Gesù, custodisci il nostro cuore, perché sia un cuore grande, forte e tenero, affettuoso e delicato, traboccante di carità per Te, per servire tutte le anime.

Il nostro corpo è santo; tempio di Dio, lo definisce san Paolo. L'esclamazione dell'Apostolo mi riporta alla memoria la chiamata universale alla santità che il Maestro rivolge agli uomini: Estote vos perfecti sicut et Pater vester caelestis perfectus est (Mt 5, 48), siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste. A tutti, senza discriminazioni di alcun genere, il Signore chiede di corrispondere alla grazia; da ciascuno in armonia con la sua situazione personale, esige la pratica delle virtù dei figli di Dio.

Perciò, ricordandovi che il cristiano deve osservare una castità perfetta, mi rivolgo a tutti: ai celibi, che devono vivere una continenza assoluta; e agli sposati, che vivono castamente compiendo gli obblighi del loro stato.

Quando si ha lo spirito di Dio, la castità non è un peso molesto e umiliante. È un'affermazione lieta: l'amore, il dominio, la vittoria su di sé non vengono dalla carne, né dall'istinto; procedono dalla volontà, soprattutto se è unita alla Volontà del Signore. Per essere casti — e non semplicemente continenti od onesti —, dobbiamo sottomettere le passioni alla ragione, per un motivo elevato, per un impulso dell'Amore.

Paragono questa virtù alle ali: essa ci permette di trasmettere i comandamenti, la dottrina divina, in tutti gli ambienti della terra, senza timore di venire infangati. Le ali, anche quelle dei maestosi volatili che giungono fin sopra le nubi, sono pesanti, e molto. Ma senza ali non si potrebbe volare. Fissatevelo bene in mente, decisi a non cedere se avvertite il pungolo della tentazione che s'insinua presentando la purezza come un peso insopportabile: coraggio, più su! Verso il sole, fino a raggiungere l'Amore.

Mi ha fatto sempre soffrire l'atteggiamento di alcuni — tanti — che scelgono l'impurità come schema costante delle loro ammonizioni; ho verificato in molte anime che ottengono il risultato contrario a quello sperato, perché si tratta di materia più appiccicosa della pece e deforma le coscienze con complessi o timori, come se la limpidezza dell'anima fosse una meta poco meno che irraggiungibile. Noi, al contrario, dobbiamo parlare della santa purezza con ragionamenti positivi e nitidi, con parole modeste e chiare. Parlare di questo tema significa parlare dell'Amore. Vi ho appena detto che mi aiuta in ciò il ricorso all'Umanità santissima del Signore, all'ineffabile meraviglia di Dio che si umilia fino a farsi uomo, e che non considera una menomazione l'aver preso un corpo come il nostro, con tutti i suoi limiti e le sue debolezze, eccetto il peccato, e tutto ciò perché ci ama fino alla follia. Il suo annichilimento non lo abbassa; invece eleva noi e ci deifica nel corpo e nell'anima. Rispondere di sì all'Amore, con affetto schietto, ardente e ordinato: questa è la virtù della castità.

Dobbiamo gridare al mondo intero, con la bocca e con la testimonianza della nostra condotta: non avveleniamo il cuore, come fossimo povere bestie, dominate dagli istinti più bassi. Così si esprime uno scrittore cristiano: Guardate che non è piccolo il cuore umano, perché abbraccia molte cose. Misurate la sua grandezza non dalle dimensioni fisiche, ma dal potere del suo pensiero, capace di raggiungere la conoscenza di tante verità. Nel cuore è possibile preparare il cammino del Signore, tracciare un sentiero retto, perché passi di lì il Verbo e la Sapienza di Dio. Con una condotta onesta, con opere irreprensibili, preparate il cammino del Signore, appianate il sentiero, perché il Verbo di Dio cammini in voi senza inciampo e vi dia la conoscenza dei suoi misteri e della sua verità (ORIGENE, In Lucam homiliae, 21 [PG 13, 1856]).

La Sacra Scrittura ci dice che l'opera grandiosa della santificazione, il compito segreto e magnifico del Paraclito, si attua nell'anima e nel corpo. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? — esclama l'Apostolo —. Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati acquistati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Cor 6, 15, 19-20).

Alcuni, quando sentono parlare di castità, sorridono. È un riso — una smorfia — senza allegria, smorto, di gente con mentalità deformata. Dicono: «Quasi nessuno crede più a queste cose!». Ai ragazzi che mi accompagnavano nei quartieri e negli ospedali della periferia di Madrid — sono passati, ormai, tanti e tanti anni — solevo dire: pensate che c'è un regno minerale; viene poi il regno vegetale, più perfetto, perché all'esistenza si è aggiunta la vita; e poi il regno animale, formato da esseri dotati, quasi sempre, di sensibilità e movimento.

Spiegavo, forse in modo poco accademico, ma espressivo, che dovremmo istituire un altro regno, quello 'ominale', degli esseri umani, perché la creatura razionale possiede una mirabile intelligenza, scintilla della sapienza divina, che le permette di ragionare per conto suo; e possiede quella stupenda libertà per mezzo della quale può accettare o respingere una cosa, a suo volere.

In questo regno degli uomini — spiegavo con l'esperienza che mi veniva da un abbondante lavoro di sacerdote —, per una persona normale il problema del sesso occupa il quarto o quinto posto. Prima ci sono le aspirazioni della vita spirituale propria di ciascuno; subito dopo, vengono molte questioni che interessano ogni uomo e ogni donna normale: il proprio padre, la madre, il focolare, i figli; poi, a suo tempo, la professione; infine, al quarto o quinto posto, appare l'impulso sessuale.

Perciò, quando ho conosciuto persone che facevano del sesso l'argomento centrale della loro conversazione, dei loro interessi, ho sempre pensato che fossero anormali, poveri sventurati, forse malati. E aggiungevo — suscitando anche un po' di ilarità tra i ragazzi — che quegli infelici mi facevano tanta pena, come me ne farebbe un bambino deforme con la testa grande, grande, di un metro di circonferenza. Sono individui infelici, a cui non deve mancare — assieme alla nostra preghiera — una fraterna compassione, perché desideriamo che guariscano dalla loro triste infermità; tanto più che, ovviamente, non saranno mai né più uomini né più donne di chi non è ossessionato dal sesso.

Tutti abbiamo passioni; tutti ci imbattiamo nelle stesse difficoltà, a qualunque età, e perciò dobbiamo lottare. Ricordatevi di quanto scriveva san Paolo: Datus est mihi stimulus carnis meae angelus Satanae, qui me colaphizet (2 Cor 12, 7), mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di Satana, incaricato di schiaffeggiarmi; lo stimolo della carne si ribella, come un angelo di Satana che lo schiaffeggia, perché altrimenti egli andrebbe in superbia.

Non si può vivere una vita limpida senza l'aiuto divino. Dio vuole che siamo umili e chiediamo il suo aiuto. Devi supplicare con fiducia la Vergine, ora, nella solitudine piena di compagnia del tuo cuore, senza suono di parole: «Madre mia, questo povero cuore si ribella scioccamente… Se tu non mi proteggi…». Lei ti aiuterà a conservarlo puro e a percorrere il cammino che Dio ha preparato per te.

Figli miei, ci vuole umiltà, umiltà. Impariamo sul serio a essere umili. Per custodire l'Amore è necessario essere prudenti, vigilare con cura e non lasciarsi dominare dal timore. Tra gli autori classici di spiritualità, ve ne sono molti che paragonano il demonio a un cane arrabbiato, tenuto alla catena: se non ci avviciniamo, non ci morderà, anche se ringhia di continuo. Se coltivate nelle vostre anime l'umiltà, sicuramente eviterete le occasioni, reagirete col coraggio di fuggire; e cercherete ogni giorno l'aiuto del Cielo, per avanzare con garbo su un sentiero da innamorati.

Chi si è lasciato corrompere dalla concupiscenza della carne, spiritualmente è incapace di procedere, è incapace di un'opera buona, è uno storpio buttato là come uno straccio. Non avete mai visto quei malati di paralisi progressiva, incapaci di tutto, che non possono stare in piedi? A volte non sono neppure in grado di muovere la testa. La stessa cosa avviene in campo soprannaturale a chi non è umile e si è dato pavidamente alla lussuria. Non vede, non sente, non capisce nulla. È paralitico e come demente. Ciascuno di noi deve invocare il Signore e sua Madre, e chiedere che ci concedano l'umiltà e la decisione di ricorrere con devozione al divino rimedio della Confessione. Non permettete che nella vostra anima si annidi un focolaio di putrefazione, per piccolo che sia. Parlatene. Quando l'acqua scorre, è limpida; quando ristagna, forma una pozzanghera piena di porcheria ripugnante e da acqua potabile diviene una brodaglia immonda.

Voi tutti sapete bene, come me, che la castità è possibile ed è fonte di gioia; vi è noto anche che esige, di quando in quando, un po' di lotta. Ascoltiamo ancora san Paolo: Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? (Rm 7, 22-24). Tu grida più forte, se è necessario: ma non esageriamo: Sufficit tibi gratia mea (2 Cor 12, 9), ti basta la mia grazia, ci risponde il Signore.

Ho notato, una volta, come splendevano gli occhi di un atleta di fronte agli ostacoli che doveva affrontare. E che vittoria! Guardate come domina le difficoltà! Così ci contempla Dio nostro Signore, che ama la nostra lotta. D'altronde saremo sempre vincitori, perché non ci nega mai l'onnipotenza della sua grazia. Non importa allora che ci sia da combattere, perché Lui non ci abbandona.

È lotta, non rinuncia; rispondiamo al nemico con un'affermazione lieta, con una donazione libera e allegra. Il tuo comportamento non deve limitarsi a evitare le cadute, l'occasione. Non deve ridursi in alcun modo a una negazione fredda e matematica. Ti sei convinto che la castità è una virtù e che, come tale, deve crescere e perfezionarsi? Non basta, ripeto, essere continenti ciascuno secondo il suo stato: dobbiamo vivere castamente, con virtù eroica. Tale atteggiamento richiede un atto positivo, con cui accettiamo di buon grado la richiesta divina: Praebe, fili mi, cor tuum mihi et oculi tui vias meas custodiant (Pro 23, 26), figlio mio, dammi il tuo cuore, e piacciano ai tuoi occhi le mie vie.

Ti chiedo ora: come affronti questa lotta? Sai bene che se sostieni la lotta dall'inizio, sei già vittorioso. Allontanati immediatamente dal pericolo, appena avverti i primi segni della passione, e anche prima. Parla subito con chi ti dirige; meglio, parla prima, se è possibile, perché se apri il cuore spalancandolo bene, non sarai sconfitto. Un atto dopo l'altro formano un'abitudine, un'inclinazione, un'idoneità. Perciò bisogna lottare per ottenere l'abitudine della virtù, l'abitudine della mortificazione, per non respingere l'Amore degli Amori.

Meditiamo il monito di san Paolo a Timoteo: Te ipsum castum custodi (1 Tm 5, 22), conservati puro!, per essere anche noi sempre vigilanti, decisi a custodire il tesoro che Dio ci ha affidato. Nel corso della mia vita, quante persone ho sentito esclamare: «Se avessi troncato all'inizio!». E lo dicevano piene di afflizione e di vergogna.

Devo ricordarvi che non troverete felicità al di fuori dei vostri obblighi cristiani. Se li abbandonate, vi rimarrà un rimorso tremendo, e sarete degli sventurati. Perfino le cose che più facilmente portano un po' di felicità, possono diventare amare come il fiele, aspre come l'aceto, ripugnanti come un veleno.

Voi e io, insieme, confidiamo a Gesù: «Signore, io mi propongo di lottare e so che Tu non perdi battaglie; capisco che se qualche volta rimango sconfitto è perché mi sono allontanato da te. Prendimi per mano e non fidarti di me, non lasciarmi».

Forse penserete: «Padre, ma io sono tanto felice; io amo Gesù Cristo; anche se sono fatto d'argilla desidero giungere alla santità, con l'aiuto di Dio e della sua santissima Madre». Non ne dubito; voglio solo prevenirti con queste esortazioni per il caso in cui sorgessero difficoltà.

Inoltre devo ripeterti che l'esistenza del cristiano — la tua e la mia — è Amore. Il nostro cuore è nato per amare, e quando non gli viene dato un affetto puro, limpido e nobile, si vendica e si riempie di miseria. Il vero amore di Dio — e quindi una vita pulita — è ugualmente lontano dalla sensualità e dall'insensibilità, dal sentimentalismo come dall'assenza o dalla durezza di cuore.

È una pena non aver cuore. Sono infelici coloro che non hanno mai appreso ad amare con tenerezza. Noi cristiani siamo innamorati dell'Amore: il Signore non ci vuole freddi, rigidi, come materia insensibile. Ci vuole impregnati del suo affetto. Chi rinuncia per Dio a un amore umano non è uno scapolone, come certe persone tristi, infelici e avvilite, che hanno disprezzato la generosità di amare limpidamente.

Per mantenere vivo il contatto col mio Signore, come vi ho spiegato spesso, mi sono state utili — non ho difficoltà a confidarlo — anche le canzoni popolari, che parlano quasi sempre d'amore: mi piacciono davvero. Io e alcuni di voi siamo stati scelti dal Signore per essere totalmente suoi; e noi interpretiamo in senso divino l'amore nobile delle canzoni degli uomini. Lo ha fatto lo Spirito Santo nel Cantico dei Cantici; lo hanno fatto i grandi mistici di ogni tempo.

Ricordate, per esempio, questi versi della Santa di Avila: Se vuoi che io riposi, / voglio per amore riposare; / se mi comandi di lavorare, / voglio morir lavorando. / Di', Dolce Amore, di': / che vuoi fare di me? (SANTA TERESA DI GESÙ, Vuestra soy, para Vos nací. Poesías, 5, 9). Oppure quella canzone di san Giovanni della Croce, che inizia in modo incantevole: Un pastorello solitario è addolorato, / privo di piacere e contentezza, / il pensiero va alla sua pastora / e il petto è ferito d'amore (SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Otras canciones a lo divino de Cristo y el alma. Poesías, 10).

L'amore umano, quando è pulito, produce in me un immenso rispetto, una indicibile venerazione. Come non stimare l'amore santo, nobile dei nostri genitori, ai quali dobbiamo gran parte della nostra amicizia con Dio? Io benedico questo amore con le due mani, e quando mi domandano perché dico "con le due mani", la mia risposta immediata è: «Perché non ne ho quattro!».

Sia benedetto l'amore umano. Però a me il Signore ha chiesto di più. Lo afferma la teologia cattolica che darsi a Gesù per amore del Regno dei cieli e, attraverso Gesù, a tutti gli uomini, è qualcosa di più sublime dell'amore matrimoniale, anche se il matrimonio è un sacramento e sacramentum magnum (Ef 5, 32).

In ogni caso, ciascuno dal suo posto, secondo la vocazione che Dio gli ha impresso nell'anima — celibe, sposato, vedovo, sacerdote —, deve sforzarsi di vivere delicatamente la castità, che è virtù per tutti e che da tutti esige lotta, delicatezza, zelo, fortezza e quella finezza che si acquista solo quando ci mettiamo accanto al Cuore innamorato di Cristo sulla Croce. Non preoccupatevi se qualche volta sentite la tentazione tendervi insidie. Una cosa è sentire, un'altra acconsentire. La tentazione può venire facilmente respinta, con l'aiuto di Dio. Quello che non conviene mai è dialogare con essa.

Vediamo ora quali mezzi abbiamo noi cristiani per vincere nella lotta per la custodia della castità: non come angeli, ma come donne e uomini sani, forti, normali! Venero di tutto cuore gli angeli, mi sento unito all'esercito di Dio da una gran devozione; ma non mi piace il paragone con loro, perché gli angeli hanno una natura diversa dalla nostra e un simile confronto sarebbe un disordine. In molti ambienti è divenuto comune un clima di sensualità che, unito alla confusione dottrinale, spinge tanti a giustificare ogni aberrazione o, almeno, a tollerare con indifferenza costumi licenziosi di ogni tipo.

Dobbiamo essere quanto più è possibile mondi nel corpo, ma senza temerlo, perché il sesso è qualcosa di santo e di nobile — ci fa partecipare al potere creatore di Dio — ed è ordinato al matrimonio. Così voi, mondi e liberi da timori, con la vostra condotta testimonierete come la santa purezza sia possibile e bella.

In primo luogo, ci impegneremo ad affinare la nostra coscienza, quanto occorre per aver la sicurezza di aver acquisito una buona formazione, distinguendo bene tra la coscienza delicata — che è un'autentica grazia di Dio — e la coscienza scrupolosa, che è cosa ben diversa.

Difendete accuratamente la castità e le altre virtù che l'accompagnano — la modestia e il pudore —, che ne sono la salvaguardia. Non trascurate con leggerezza norme che sono tanto efficaci per mantenersi degni dello sguardo di Dio: la custodia attenta dei sensi e del cuore; il coraggio — il coraggio di essere "codardi" — per fuggire le occasioni; la pratica dei sacramenti, in modo speciale la Confessione; la piena sincerità nella direzione spirituale personale; il dolore, la contrizione, la riparazione dopo le cadute. E tutto ciò pervaso da una tenera devozione a nostra Madre, perché ci ottenga da Dio il dono di una vita santa e pulita.

Se per disgrazia si cade, bisogna rialzarsi subito. Con l'aiuto di Dio, che non mancherà se si adoperano i mezzi, si deve arrivare quanto prima al pentimento, alla sincerità umile, alla riparazione, perché la momentanea sconfitta si trasformi in una grande vittoria di Gesù.

Abituatevi a sostenere la lotta in punti lontani dalle mura principali della cittadella. Non si possono fare equilibrismi al limite col male: dobbiamo evitare con decisione il volontario in causa, dobbiamo respingere anche la più piccola mancanza d'amore; e dobbiamo alimentare l'ansia di un apostolato cristiano, continuo e fecondo, che ha nella santa purezza il suo sostegno e anche uno dei suoi frutti più caratteristici. Infine, occorre impiegare il tempo in un lavoro intenso e responsabile, cercando sempre la presenza di Dio, perché non possiamo mai dimenticare che siamo stati riscattati a gran prezzo e che siamo templi dello Spirito Santo.

Che altri consigli posso darvi? Quelli che sempre hanno aiutato i cristiani che volevano seguire davvero Cristo, e che già vennero applicati dai primi che accolsero l'insegnamento di Gesù: il rapporto assiduo col Signore nell'Eucaristia, l'invocazione filiale alla Beatissima Vergine, l'umiltà, la temperanza, la mortificazione dei sensi — perché non conviene guardare ciò che non è lecito desiderare, ammoniva san Gregorio Magno (SAN GREGORIO MAGNO, Moralia, 21, 2, 4 [PL 76, 190]) — e la penitenza.

Mi direte che ciò riassume tutta la vita cristiana. Certamente non si può separare la purezza, che è amore, dall'essenza della nostra fede, che è carità, rinnovato innamorarsi di Dio che ci ha creati, che ci ha redenti e che ci prende continuamente per mano, anche se in molti casi non ce ne accorgiamo. Non può abbandonarci. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai (Is 49, 14-15). Non vi infondono una gioia immensa queste parole?

Sono solito affermare che ci sono tre cose che riempiono di contentezza sulla terra e che danno la felicità eterna del cielo; esse esigono una fedeltà ferma, delicata, lieta e indiscussa: la fede, la vocazione che ciascuno ha ricevuto, e la purezza. Chi rimane impigliato nei rovi del cammino — la sensualità, la superbia… —, vi rimarrà per sua volontà e, se non rettifica, sarà un infelice che ha voltato le spalle all'Amore di Cristo.

Torno a dire che tutti abbiamo miserie. Ma le nostre miserie non devono mai allontanarci dall'Amore di Dio, anzi, ci faranno trovare rifugio nell'Amore, ci introdurranno in seno alla bontà divina, come i guerrieri antichi si introducevano nella loro armatura. Quel grido: Ecce ego, quia vocasti me (1 Sam 3, 6 e 8) — mi hai chiamato, eccomi! —, è la nostra difesa. Non dobbiamo allontanarci da Dio quando scopriamo le nostre fragilità; possiamo combattere le nostre miserie, proprio perché Dio confida in noi.

Come potremo superare tali meschinità? Torno ad insistere perché il punto è di capitale importanza: con l'umiltà e la sincerità nella direzione spirituale e nel sacramento della Penitenza. Andate con cuore aperto da chi ha il compito di orientare la vostra anima; non chiudetelo, perché se vi entra il demonio muto, poi è difficile scacciarlo.

Perdonate la mia insistenza, ma ritengo imprescindibile che si incida a fuoco nella vostra intelligenza che l'umiltà e — sua conseguenza immediata — la sincerità uniscono fra loro tutti gli altri mezzi e sono fondamento di efficacia per la vittoria. Se il demonio muto entra in un'anima, manda tutto in rovina; invece, se lo si getta fuori immediatamente, tutto riesce bene, la vita procede rettamente. Cerchiamo allora di essere sempre 'brutalmente' sinceri, senza essere imprudenti o maleducati.

Voglio che sia chiara una cosa: il cuore e la carne non mi preoccupano tanto quanto mi preoccupa la superbia. Siate umili. Quando pensate che la ragione sia tutta dalla vostra parte, significa che non ne avete nemmeno un briciolo. Andate alla direzione spirituale con l'anima aperta; non chiudetela, perché — ripeto — vi entrerebbe il demonio muto, che è difficile poi da sloggiare.

Ricordatevi di quel povero indemoniato che i discepoli non riuscirono a liberare. Solo il Signore ottenne la sua liberazione, con orazione e digiuno. In quell'occasione il Maestro operò tre miracoli: il primo, ridare l'udito, perché quando siamo dominati dal demonio muto l'anima rifiuta di ascoltare; il secondo, ridare la parola; e il terzo, cacciare il demonio.

Dite per primo ciò che non vorreste che si sapesse. Abbasso il demonio muto! Un piccolo problema, a forza di rigirarlo, diventa una valanga, come succede con la neve, e ne rimanete imprigionati. Perché? Aprite l'anima! Vi garantisco la felicità, cioè la fedeltà al cammino cristiano, se siete sinceri. Chiarezza e semplicità sono disposizioni assolutamente necessarie; dobbiamo aprire l'anima, spalancarla ben bene, perché vi entrino il sole di Dio e il calore dell'Amore.

Ad allontanare da una totale sincerità non è sempre un motivo torbido; a volte basta un errore di coscienza. Alcune persone hanno formato — deformato — la loro coscienza al punto che il mutismo, la mancanza di semplicità, sembra loro una cosa retta: pensano che sia bene tacere. Succede anche ad anime che hanno ricevuto una buona preparazione, che conoscono le cose di Dio; forse proprio per questo trovano motivi per convincersi che conviene tacere. Ma si ingannano. La sincerità è sempre necessaria; non valgono scuse, anche se sembrano buone.

Terminiamo questo momento di conversazione, in cui tu e io abbiamo rivolto la nostra orazione al Padre, chiedendogli di concederci la grazia di vivere la felice affermazione della virtù cristiana della castità.

Gliela chiediamo per intercessione della Madonna, che è la purezza immacolata. Andiamo da Lei — tota pulchra — seguendo il consiglio che davo già molti anni fa a coloro che si sentivano incerti nella lotta quotidiana per esser umili, puri, sinceri, allegri, generosi: Sembra che tutti i peccati della tua vita si siano alzati in piedi. Non perderti d'animo. Invoca piuttosto tua Madre Santa Maria, con fede e abbandono di bimbo. Ella porterà il riposo alla tua anima (SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Considerazioni spirituali, Cuenca 1934, p. 53].

Riferimenti alla Sacra Scrittura
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